La scimmia non ucciderà mai la scimmia!

locandina_pianeta_delle_scimmie.jpgLA SCIMMIA NON UCCIDERA' MAI LA SCIMMIA!
"Le colonne sonore de Il Pianeta delle Scimmie"

Nel mondo del cinema di fantascienza Il Pianeta delle Scimmie rappresenta sicuramente una pietra miliare nell’evoluzione cinematografica del suo genere.
Ispirato al romanzo dell’autore francese Pierre Boule “La Planète Des Sings”, la pellicola, ed i sequel ad essa collegati, venne girata in un periodo storico reduce da ben due guerre e da numerosi esperimenti nucleari, nel pieno della guerra fredda. Tale collocazione temporale è uno dei principali elementi che caratterizzano lo sviluppo della trama stessa, la quale, prendendo spunto dal romanzo da cui trae il nome, si evolve in una serie di situazioni atte a denunciare la società e l’abuso della tecnologia per fini bellici, cercando di fornire un avvertimento, o se vogliamo una morale, atta ad aprire gli occhi su quelli che sarebbero potuti essere gli eventuali effetti collaterali di una corsa all’armamento apparentemente senza tregua.
Il regista Franklin J. Schaffner, affiancato da un cast di tutto rispetto composto da Charlton Heston, Kim Hunter, Roddy McDowell e Maurice Ewans, dirige un film dai toni asciutti, dai tratti marcati e spigolosi, in cui la quasi totale assenza del verde, in favore di forme più marroni e grigie, provoca, punta il dito e punzecchia la società fornendo più di uno spunto di riflessione sulla denuncia che effettua attraverso un film che ha fatto storia nel mondo del cinema e della fantascienza, grazie a tecniche registiche ed effetti speciali all’avanguardia per il periodo nel quale venne prodotto.
Anche Jerry Goldsmith, all’epoca già fregiato di nomination all’oscar per partiture del calibro di Quelli della San Pablo (The Sand Pebbles), sfrutta il messaggio e i toni della pellicola per dare vita a quella che è forse una delle colonne sonore più importanti nella sua carriera.
Il successo ottenuto dalla pellicola spinse i produttori a finanziare quattro ulteriori episodi, generando così una vera e propria saga che, malgrado i cambi di regia e del cast, chiude egregiamente il cerchio di un’avventura sì ispirata al celebre romanzo di Boule, ma fondamentalmente sviluppata su tematiche ben differenti dall’idea originale.
intervista_jerry_goldsmith.jpgOltre all’alternarsi d’interpreti e registi differenti nel corso dei quattro film, anche i musicisti che si occuparono delle colonne sonore cambiarono di volta in volta, vedendo nel totale Jerry Goldsmith alle prese con Il Pianeta delle Scimmie e Fuga dal Pianeta delle Scimmie, primo e terzo capitolo della serie, Leonard Rosenman con L’altra Faccia del Pianeta delle Scimmie e Anno 2670 Ultimo Atto, secondo e quinto episodio, e Tom Scott con 1999 Conquista della Terra, quarto capitolo della saga.
L’alternarsi degli artisti alle prese con le musiche della serie genera più visioni di una stessa ambientazione e storia, fortemente legata ad un filo conduttore comune, le quali però risultano nell’insieme tanto differenti quanto accumunate da elementi caratterizzanti disuguali nello stile ma molto vicini nell’approccio e nella scelta strumentale.
Indubbiamente la prima partitura, ad opera del Maestro Goldsmith, rappresentò l’incipit, l’avvio di questa avventura musicale, fornendo ai musicisti che l’hanno seguito un punto di riferimento tanto forte quanto carico di elementi d’ispirazione, ma fondamentalmente nessuno si discostò dal proprio stile personale, e considerato il metodo d’approccio tipico di quegli artisti, Rosenman in particolare, non stupisce se il risultato finale risulta essere paragonabile ad un’opera interpretata sì da artisti diversi, ma con grossi anelli che ne tengono saldamente unite le parti.
Basti pensare allo sviluppo delle sonorità alternative che Goldsmith introdusse nella sua prima, grande partitura: elementi alternativi, strumenti non convenzionali come barattoli, lastre in metallo e materiali atti a ricreare sonorità stranianti e dal sapore post-nucleare; elementi d’orchestra suonati in modo assai singolare, come i fiati privati del bocchino, ed una costruzione ritmica che, nei momenti di maggior tensione, esprime una vena molto progressiva, atta a guardare verso il futuro di questo artista e del genere musicale che rappresenta. Questo stesso meccanismo, seppur con metodologie differenti, viene continuato dal Maestro Rosenman, che per il suo Beneath the Planet of the Apes si discosta si da Goldsmith quanto all’utilizzo di strumentazione non convenzionale, sfruttando al massimo l’orchestra classica, ma si cimenta anche nello sviluppo di timbriche dissonanti o atonali, caratterizzate da lunghe note tenute e stridule, e nell’impiego di strumentazione sintetica, che guarda molto ai fatti narrati nel secondo capitolo della saga, mantenendo sì un filo conduttore con l’opera del precedente artista senza privarsi però di un tocco stilistico tale da rappresentare sulla pellicola ciò che di nuovo questa forniva.
Ed è proprio questa la peculiarità che contraddistingue le cinque partiture, una capacità di mantenere costante il legame riuscendo ad esprimere al meglio quanto accadeva nei film generando di volta in volta sonorità molto interessanti, capaci di sottolineare tanto i nuovi elementi presenti nella trama quanto quelli ricorrenti che rendevano il tutto una storia unica e consecutiva.
Entrando nello specifico delle singole OST si può dire che Il Pianeta delle Scimmie, del 1968, rappresenta forse l’elemento più importante della saga quanto ad idea originale.
Goldsmith riesce a creare atmosfere angoscianti, snervanti e appuntite grazie alla sua visione molto ampia della musica applicata, e costruendo motivi e temi che, nella loro natura progressiva, comunicano una identità ben definita, che si tratti del tema principale del film, un movimento per archi e percussioni molto graffiante, o del brano che commenta la grande caccia, forse una delle pagine più interessanti ed importanti dell’intera colonna sonora, grazie ad un utilizzo degli strumenti ed una ricerca timbrica incredibile, che attraverso le nuove sonorità generate dagli elementi alternativi, uniti all’orchestra, e costruiti su delle ritmiche che sono uno stadio primordiale di quello che diventerà negli anni '70 l’elemento base dell’action moderno.
Goldsmith da molta importanza alla sezione d’ottoni, che da sempre rappresentano al meglio tanto l’eroismo quanto il vigore nella musica, e al tempo stesso conferisce alle sezioni d’archi quelle situazioni musicali idonee a rendere l’atmosfera straniante, psicologicamente intrecciata, unite spesso a presenze di pianoforte che talvolta fungono da elemento ritmico, suonato alle ottave più basse, altre volte da cesellamento timbrico, grazie ad una ricerca delle sfumature più acute.
intervista_leonard_roseman.jpgLeonard Rosenman sviluppa invece un approccio più muscoloso rispetto al suo predecessore, in cui le sonorità caratterizzate dalle lunghe note tenute, le quali generano quasi un mal di testa intenzionale, si fondono con una costruzione più potente, radicalmente legata all’aspetto più guerrafondaio dei personaggi caratterizzanti del secondo film. Essendo presenti nella pellicola elementi che puntano al controllo telepatico, l’artista sviluppa sonorità sintetiche che richiamano il classico stereotipo degli apparecchi elettrici, generando timbriche spesso pungenti, quasi fastidiose, che puntano alla rappresentazione di ciò che avviene ai protagonisti nella pellicola, alle prese con la civiltà dei mutanti, i quali controllano telepaticamente i propri nemici.
Altro elemento molto interessante risiede nella componente corale; mentre Goldsmith nel suo Il Pianeta delle Scimmie sfrutta più che altro voci e corni per rappresentare la natura selvaggia e primitiva della società, Rosenman canzona l’adorazione della bomba nucleare da parte dei nuovi personaggi attraverso la scrittura di pagine interpretate da un corpo corale che esprime quasi un’aberrazione mentale, una sorta di provocazione che prende fondamentalmente spunto dai canti dei fedeli durante l’adorazione dei rispettivi dei. L’interpretazione risulta essere snervante, angosciante, e molto inquietante, comunicando al meglio l’assurdità dei fatti e delle azioni dei personaggi all’interno della pellicola.
Nei passaggi legati invece ai personaggi che ritornano dal primo film l’artista sviluppa un approccio sì più muscoloso rispetto alla precedente partitura, ma sostanzialmente ricalca quegli stilemi e quelle scelte strumentali che già Goldsmith, con uno stile differente, aveva proposto. Grazie ad esperienze come quelle maturate in Fantastic Voyage, Rosenman sviluppa sonorità minimaliste, essenziali, riproponendo il suo stile personale in una scrittura che comunque si collega più che bene a quella eseguita dal suo collega in precedenza.
Molto interessante poi è il terzo episodio, Escape From the Planet of the Apes. La bacchetta torna nelle mani di Jerry Goldsmith il quale, senza tralasciare la sua grande vena sperimentatrice e la sua cura timbrica, si adegua a due elementi fondamentali: l’ambientazione e il periodo nel quale viene prodotta la pellicola. A differenza dei capitoli precedenti infatti, Fuga dal Pianeta delle Scimmie si svolge sulla terra, e precisamente negli Stati Uniti degli anni ’70, i giorni nostri di quel periodo. Questa collocazione spazio-temporale ispira l’artista nello sviluppo di sonorità tipiche di quel momento, vale a dire musica molto ritmata, quasi ballabile, largo utilizzo di batteria e di basso elettrico, ed uno sviluppo di temi più orecchiabile e meno graffiante.
Ma l’atmosfera e la collocazione spaziale non è l’unico elemento che ispira il Maestro; il film porta una novità con sé nella saga, ovvero una vena che tende molto di più al thriller, al poliziesco, al complotto governativo e, perché no, all’action. Il risultato è una scrittura molto più complessa dal punto di vista ritmico, ma al tempo stesso anche più fruibile, perché ricalca le tempistiche della pellicola, che per certi versi risultano essere più veloci rispetto ai due film precedenti.
Lo sviluppo di timbriche che enfatizzano questi elementi divengono elementi ricorrenti nelle successive produzioni di Goldsmith, il quale fa di queste nuove sfumature elemento caratterizzante di capolavori del calibro di Capricorn One.
In alcuni momenti il Maestro cerca di mantenersi legato al filo conduttore base della saga, ricreando atmosfere inquietanti, stranianti o psicologiche, ma gli elementi più importanti risiedono proprio nel nuovo stile col quale l’artista commenta questa specie di fanta-poliziesco con retrogusto thriller.
Il quarto capitolo della saga si presenta meno curato sotto il profilo cinematografico rispetto ai precedenti, sintomo di una serie che sta per chiudersi, o meglio che deve in qualche modo essere conclusa. La trama non è particolarmente forte, e nonostante il risultato sia piuttosto convincente, perde di qualità rispetto ai primi tre capitoli.
L’ambientazione è futuristica, precisamente nel 1999, anno che rappresentava per la società dell’epoca un periodo lontanissimo, e per questo l’intera pellicola viene girata all’interno di un complesso residenziale di nuova costruzione, ancora disabitato, quasi totalmente privo di vegetazione, tinto solo dei toni del grigio del cemento e del metallo, in cui l’unico colore contrastante è il rosso e il verde delle tute che le scimmie-schiave indossano durante le loro mansioni di pulizia e accompagnamento degli umani.
intervista_tom_scott.jpgTom Scott, musicista jazz e direttore d’orchestra, sviluppa sonorità che ricalcano molto il suo stile e il genere che interpreta maggiormente, conferendo particolare importanza alle sezioni dei fiati e, al tempo stesso, alla costruzione ritmica, la quale si dimostra molto più marziale rispetto alle partiture precedenti. In effetti l’elemento ha il suo perché, vista la natura guerrafondaia dei protagonisti, i quali organizzano una rivolta per prendere possesso della terra, dando vita al Pianeta delle Scimmie.
Scott spazia tra costruzioni prettamente ritmiche, ampliando la paletta timbrica tra rullanti, percussioni e strumentazioni etniche, e movimenti legati al jazz che vanno in netto contrasto con l’approccio minimalista e dissonante che va ricreando di volta in volta, fornendo due visioni ben distinte della società umana e di quella dei primati. Si affida poi a strumenti tipici del periodo, ovvero batteria, basso elettrico e tastiere, generando ulteriori sonorità in grado di aumentare maggiormente la coloritura della composizione e fornendo di volta in volta nuovi elementi contrastanti che sottolineano la rivoluzione, sempre più vicina.
Il film che conclude la saga, Battle for the Planet of the Apes, viene affidato di nuovo a Leonard Rosenman, il quale si cimenta in una scrittura dal carattere molto più avventuroso e marziale.
Elemento caratterizzante di questa sua scelta è la location, immersa nella foresta circondata dal verde degli alberi e dalla terra nuda ma feconda. In effetti le sonorità di questa ultima composizione sono molto più calde rispetto alle precedenti, e questo clima viene interrotto solo nei momenti in cui alcuni personaggi si avventurano tra le rovine delle città, dove ancora sopravvive qualche elemento manifesto della tecnologia e della distruzione che provoca.
Rosenman si affida ad una scrittura essenzialmente sinfonica, che guarda più ai suoi lavori degli anni successivi come The Prophecy o The Lord of the Rings piuttosto che ai suoi precedenti, sviluppando una musica tematica che rappresenta molto lo stile anni ‘70 quanto a composizioni d’avventura. L’autore presta grande attenzione alle orchestrazioni, le quali conferiscono enorme vigore alla sezione ritmica e agli ottoni, e il largo utilizzo di timpani piuttosto che di percussioni dona al tutto un tono più imponente e maestoso, sfumatura che segna la differenza con le precedenti, le quali invece si affidavano molto a percussioni e timbriche acute, adeguate ad enfatizzare la mentalità tagliente e spigolosa dei personaggi. Questa scelta è in effetti dettata proprio dal carattere più umano, fraterno, e anche molto paterno di alcuni dei protagonisti, e l’egregio compositore si affida a strumenti dai suoni più corposi e caldi per sottolineare questa grande differenza, la quale rappresenta un cambiamento e il raggiungimento del fine ultimo di tutta la saga: la pace tra l’uomo e la scimmia.
La saga si conclude in un modo forse inaspettato rispetto a com’era partita, a causa di una intenzione forse in alcuni momenti anche fin troppo forzata nel raggiungere la pace tra la società ostile delle scimmie e quella troppo legata alla tecnologia dell’uomo.
Le colonne sonore sviluppate dai tre artisti che si sono cimentati nel commento musicale rispecchiano splendidamente i fatti narrati nei film, e riescono a brillare di luce propria laddove le pellicole talvolta peccano un po’, mantenendosi tanto fedeli al puro commento quanto all’intenzione di scrivere buona musica.
Essendo state composte in un periodo molto ricco di artisti dalle grandi capacità e composizioni che sono entrate nella storia del genere, le colonne sonore della saga de Il Pianeta Delle Scimmie racchiudono molti elementi stilistici dei loro compositori ma anche molte innovazioni che di anno in anno sono divenute elementi standard nella composizione di musica applicata.
Ciò che affascina di più è il modo in cui questi artisti, con grande perizia e capacità di gestire al meglio i classici e i nuovi mezzi a disposizione, siano riusciti a mantenere inalterate le radici della saga, riuscendo però a sviluppare partiture molto personali e assai dissimili tra loro.
L’importanza di questa saga nel mondo del cinema, e di queste partiture in quello della musica da film, non ha lasciato indifferenti le etichette produttrici di dischi, le quali, presto o tardi, hanno conferito a quasi tutte le colonne sonore della serie una edizione più che dignitosa.
Infatti, fatta eccezione per Escape from the Planet of the Apes, per la quale esiste solo una suite di circa 16 minuti inclusa nel disco contenente la prima colonna sonora, tutte sono state stampate da etichette specializzate e arricchite con molte informazioni di grande interesse per gli appassionati.

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Project 3 Records
1992
10 brani – durata: 25’44’’

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Intrada
1992
11 brani – durata: 30’43’’

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Varese Sarabande
1997
18 brani
Planet of the Apes – 17 brani – durata: 51’01’’
Escape from the Planet of the Apes – 1 brano – durata:16’27’’

Il Pianeta delle Scimmie (Planet of the Apes) è stato stampato in ben tre edizioni; la prima, prodotta dalla “Project 3 Records” e “Soundtrack Listeners”, conteneva una selezione musicale di 10 brani, per un totale di circa 25 minuti di musica. L’elemento maggiormente deludente era l’assenza del brano “The Hunt”, il quale rappresentava forse uno dei passaggi più importanti ed affascinanti della soundtrack. L’”Intrada” in seguito editò una edizione di circa 30 minuti contenente la traccia mancante, ma l’edizione definitiva è quella del 1997 della “Varese Sarabande”, che ha prodotto un disco in versione deluxe contenente più di 50 minuti di musica della partitura originale di Jerry Goldsmith, comprensiva di brani di grande interesse come “The Search Continues”, “The Intruders” o “The Revelation”, di un libretto con molte informazioni sulla partitura e, elemento non indifferente, una suite della durata di 16 minuti contenente le musiche di Fuga dal Pianeta delle Scimmie (Escape from the Planet of the Apes).

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Aamos Records
1970
11 brani – Durata: 26’03’’

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Film Score Monthly
2000
32 brani – Durata: 70’49’’

L’Altra Faccia del Pianeta delle Scimmie (Beneath the Planet of the Apes) venne in origine stampato in LP dalla “Aamos Records”. Il disco conteneva le musiche rieseguite e riarrangiate dal compositore Leonard Rosenman, accompagnate dai dialoghi originali del film. Questa edizione non faceva per niente giustizia alla bella partitura composta dal Maestro, e nel 2000 la “Film Score Monthly” stampa una edizione limitata a 3000 copie contenente la colonna sonora originale composta dall’artista, arricchita da alcune bonus track e dalle musiche riarrangiate per LP prodotto dalla “Aamos Records”, per una durata totale di 1 ora e 10 minuti, il tutto accompagnato da un generoso libretto pieno di note, commenti e fotografie sulla OST e sulla produzione, in piena tradizione FSM.

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Film Score Monthly
2001
32 brani – durata: 73’44’’
Conquest of the Planet of the Apes - 14 brani – durata: 38’25’’
Battle for the Planet of the Apes – 17 brani – durata: 34’35’’
Planet of the Apes – The TV Series – 1 brano – durata: 1’13’’

1999 Conquista della Terra (Conquest of the Planet of the Apes) viene stampato per la prima volta nel 2001 dalla “Film Score Monthly” in edizione limitata a 3000 copie. Il disco offre una selezione di circa 38 minuti di musica composta da Tom Scott; nello stesso disco è inclusa anche Anno 2670 Ultimo Atto (Battle for the Planet of the Apes) di Leonard Rosenman, che offre circa 34 minuti di musica selezionata dalla colonna sonora originale. Entrambe le partiture sono accompagnate da un libretto corposo, ricco di informazioni sui due film e sugli scores. Inoltre, a conclusione del disco, è incluso come bonus track un brano contenente il tema de Il Pianeta delle Scimmie – La Serie TV (Planet of the Apes – The TV Series), con le musiche originali composte da Lalo Schifrin.

Il disco edito dalla FSM per Beneath the Planet of the Apes di Leonard Rosenman è ormai esaurito e fuori catalogo, quindi reperibile solo su siti specializzati o da venditori privati; Planet of the Apes della Varese Sarabande e Conquest of the Planet of the Apes / Battle for the Planet of the Apes della FSM invece sono ancora disponibili presso i siti delle case produttrici o specializzati del settore.
Molti fan della serie e di queste colonne sonore sperano in una edizione singola per Escape from the Planet of the Apes, vista la selezione di appena 16 minuti di musica mixata nella suite disponibile nel disco della prima partitura rispetto alla quantità di materiale composto da Jerry Goldsmith per il film. Chissà se un giorno questa ultima lacuna verrà colmata, considerato che anche le musiche per la serie TV composte da Lalo Schifrin sono state recentemente edite dalla Intrada, purtroppo anch’esse in edizione limitata e ormai di difficile reperibilità.


 

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