La musica di Indiana Jones - Prima Parte

La musica dell'avventura: Dossier Indiana Jones
Parte Prima: I predatori dell'Arca perduta

ColonneSonore presenta la prima parte di un approfondito dossier dedicato alle colonne sonore composte da John Williams per la celebre serie dell'archeologo più famoso del mondo.

Harrison Ford nei panni di Indiana Jones

Il ritorno della grande avventura

I serial di Zorro e dell'Uomo Mascherato, i personaggi di Errol Flynn e quelli di Tom Mix. Ma anche Gunga Din, Casablanca, Il tesoro della Sierra Madre, Ombre rosse, Le miniere di Re Salomone, Orizzonte perduto e la serie di James Bond. Senza dimenticare le strisce a fumetti delle riviste pulp anni '50 e i serial a cartoni animati di Chuck Jones. Queste sono solo alcune delle molteplici fonti di ispirazione che hanno portato alla nascita di Indiana Jones da parte di George Lucas e Steven Spielberg nel lontano 1977, quando, come ormai narra la leggenda, sulle spiagge delle Hawaii i due registi concepirono per la prima volta l'idea di una serie di film dedicati alle strabilianti avventure di un archeologo fuori dal comune. L'intenzione primaria dei due filmmaker era quella di riproporre il modello dei serial e dei film di avventura anni '30 e '40 coi quali erano cresciuti, ma aggiornandone forme e stilemi anche grazie alle meraviglie degli effetti speciali moderni. Spielberg e Lucas, con l'aiuto dello sceneggiatore Lawrence Kasdan, stendono una sceneggiatura a prova di bomba, dal ritmo trascinante e con una massiccia dose di ironia, dove si ritrovano tutti gli elementi dei cosiddetti cliffhangers (ossia i serial con il finale sospeso) e dei film avventurosi del passato, come ad esempio l'ambientazione esotica, la presenza di elementi soprannaturali e numerose sequenze d'azione. E' in questa cornice che agisce dunque Indiana Jones, archeologo dalla doppia vita (timido professore universitario da una parte e avventuriero scavezzacollo dall'altra) alla ricerca di manufatti preziosi ai quattro angoli del globo. Un po' Humphrey Bogart, un po' Cary Grant, con un pizzico di Errol Flynn e di James Bond, il personaggio si afferma grazie anche alla ispirata scelta di farlo impersonare da Harrison Ford, all'epoca appena reduce dal successo di Guerre stellari (dove interpretava un personaggio non troppo dissimile, lo smargiasso cowboy spaziale Han Solo). L'attore è capace di dotare il protagonista di una particolare verve, arricchendolo di sfumature ironiche e di un romanticismo molto particolare. Ed è così che nasce I predatori dell'Arca perduta (Raiders of the Lost Ark, 1981), un film destinato ad entrare immediatamente nella storia del cinema.

Il prologo del film

 La trama del film

1936. Dopo essere sopravvissuto ad una fuga rocambolesca nelle giungle del Sud America durante la ricerca di un idolo sacro degli Indios, l'archeologo e professore universitario Indiana Jones (Harrison Ford) viene ingaggiato dai servizi segreti degli Stati Uniti in una corsa contro i Nazisti per ritrovare l'Arca dell'Alleanza, lo scrigno biblico che conterrebbe le Tavole della Legge di Mosé e che sarebbe custode di misteriosi poteri soprannaturali. Il Terzo Reich sta scavando nel deserto egiziano ed è vicino al ritrovamento del reperto. Persuaso dalla possibilità di mettere le mani su una reliquia di inestimabile valore storico, Indiana Jones parte per il Nepal, dove la sua vecchia fiamma Marion Ravenwood (Karen Allen) è in possesso di un medaglione egizio fondamentale per rivelare l'esatta ubicazione dell'Arca. Tallonati da biechi agenti della Gestapo, Indy e Marion si dirigono alla volta del Cairo, luogo dove l'Arca sarebbe sepolta e in cui i Nazisti - con l'aiuto del rivale storico del Dottor Jones, l'archeologo francese Renè Belloq (Paul Freeman) - stanno scavando per ritrovarla. Indy si troverà ad affrontare misteri e pericoli di ogni guisa e genere, fino al punto in cui finalmente riuscirà a ritrovare il prezioso artefatto. Ma i Tedeschi riescono ad intrappolare Indy e Marion e a mettere le mani sull'Arca. Dopo un inseguimento mozzafiato nel deserto in cui Indy riesce temporaneamente a riconquistare l'oggetto, i Nazisti tendono un agguato e l'Arca finisce definitivamente nelle loro mani. In un'isola dell'Egeo, Belloq decide finalmente di aprire l'Arca per scoprirne il contenuto, ma il mistero chiuso lì dentro per millenni è pronto a svelare una inaspettata e terrificante sorpresa...

Lo storico poster di lancio del film

Cinema al cubo

I predatori dell'Arca perduta è un esempio straordinario di cinema d'intrattenimento tanto da diventarne quasi immediatamente un vero e proprio archetipo. Lucas e Spielberg realizzano un film scevro da qualsiasi pretesa intellettuale, con l'unica intenzione di creare una emozionante corsa sull'ottovolante dell'immaginazione cinematografica e di regalare allo spettatore due ore di divertimento mozzafiato. Questa peculiarità è ciò che entusiasma il pubblico, il quale finalmente ritrova al cinema il gusto e il piacere dell'intrattenimento di alta scuola. Al contempo il film fa storcere il naso a chi invece vede nell'arte cinematografica qualcosa di più alto e meno puerile: Spielberg e Lucas vengono accusati di infantilismo e di voler far regredire il pubblico all'intelligenza di un dodicenne. I detrattori trovano quindi ne I predatori la conferma dei limiti di Spielberg e Lucas, ma il pubblico ed anche una parte della critica ne recepiscono invece la potente forza cinematografica. Il film sintetizza e mette a punto in maniera pressoché perfetta una filosofia di cinema di cui i due registi sono sempre stati (perlomeno fino alla fine degli anni '80) i massimi alfieri, ossia quella del cosiddetto “Cinema-Cinema” (o anche “Cinema al cubo”), dove qualsiasi riferimento culturale presente nella pellicola si rifà sempre e solo al Cinema stesso. E' probabilmente grazie a questo film che diventano proverbiali la cosiddetta immaginazione spielberghiana e la sua capacità di concepire sequenze dalle innumerevoli trovate visive. Ma il successo de I predatori e la sua capacità di rimanere vivo nella memoria degli spettatori sono dovuti anche ad un altro elemento fondamentale per la riuscita dell'opera: la musica.

Il regista Steven Spielberg su un set in miniatura

Una colonna sonora indimenticabile

Vista la presenza di Spielberg e Lucas, era ovvio che ad occuparsi della colonna sonora sarebbe stato John Williams. Il compositore, anch'egli appena reduce dai fasti delle sue prime collaborazioni con i due registi, si trova nel mezzo di quello che è ritenuto dai più il suo “periodo d'oro”, ossia gli anni che vanno dal 1975 al 1984, il decennio che lo vede protagonista assoluto della scena cinemusicale hollywoodiana e in cui firma le sue opere più celebri e popolari: Lo squalo (1975), Guerre stellari (1977), Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), Superman (1978), L'impero colpisce ancora (1980), E.T. l'extraterrestre (1982), Il ritorno dello Jedi (1983), Indiana Jones e il tempio maledetto (1984). Sono gli anni in cui Williams riafferma perentoriamente il ruolo centrale della grande orchestra sinfonica nella musica cinematografica e in cui dà nuovamente lustro alla tradizione musicale hollywoodiana. In mezzo a queste opere, come uno spartiacque, troviamo quindi I predatori dell'Arca perduta. Williams è nel pieno del torrente creativo “gransinfonico” che lo ha fatto diventare il massimo alfiere della scuola hollywoodiana moderna e la partitura de I predatori ne è una felicissima rappresentazione: temi trascinanti e memorabili, stupefacente capacità di sfruttare le mille sfumature dell'orchestra sinfonica e incredibile talento nel trovare il corrispettivo musicale perfetto della vicenda che si anima sullo schermo.

Il compositore John Williams in uno scatto dei primi anni '80

Se con la colonna sonora di Guerre stellari Williams mostra già tutte queste qualità, è comunque nelle sue opere successive che esse trovano un'ideale apice artistico (difatti sarà nell'anno seguente a I predatori che il compositore realizzerà quella che ancora oggi è ritenuta la sua “opera magna”, ovvero E.T. l'extraterrestre). Spielberg e Williams hanno sempre viaggiato di pari passo, mostrando un affiatamento ed una simbiosi che ha pochissimi eguali nella storia del cinema e della musica cinematografica. Nonostante la natura di puro divertissement, I predatori dell'Arca perduta è senza dubbio uno dei massimi risultati artistici conseguiti dal regista e la medesima felicità creativa si trova anche nella partitura di John Williams. Come già dimostrato nelle colonne sonore dei primi due capitoli di Guerre stellari e in quella di Superman, il compositore vede in questa nuova ondata cinematografica fatta di spettacolarità visiva, narrazione classica e grande coinvolgimento emotivo la possibilità di riproporre, debitamente riveduto ed aggiornato, il lessico sinfonico tardoromantico che la musica da film hollywoodiana mise a punto tra gli anni '30 e gli anni '40. Così come Spielberg e Lucas strizzano l'occhio ora con affetto, ora con ironia a quella grande tradizione cinematografica, Williams ripercorre i passi dei grandi sinfonisti del cinema americano di quella generazione (Erich Wolfgang Korngold, Max Steiner, Alfred Newman, Franz Waxman, Miklòs Ròzsa) e ne propone una rilettura che segue di pari passo le intenzioni stilistiche dei due registi: è un connubio fatto di attaccamento nostalgico al passato e di caustica, affettuosa ironia nei confronti del medesimo, secondo una filosofia che i critici e gli studiosi del cinema hanno definito “post-moderna”. La colonna sonora de I predatori dell'Arca perduta ne è un esempio mirabile che rasenta la perfezione. Se il film è un coloratissimo fumetto ideale che prende vita su pellicola, la musica di Williams ne è assoluta parte integrante, soprattutto per l'approccio “sovraccarico” che il compositore ha deciso di darle. Tutto ciò che appare sullo schermo viene sottolineato e ribadito dalla musica (dal più plateale gesto eroico come l'eroe che insegue i cattivi a cavallo al più piccolo ed insignificante avvenimento, ad esempio il trillo di celesta che sottolinea lo sbuffo di sigaretta che Marion fa al cattivissimo Nazista), eppure Williams non cade mai nella trappola del mickeymousing pedissequo e più banale, ma anzi riesce sempre a dare grande musicalità ed afflato romantico alle sue composizioni. Il compositore infatti, come dimostrò ampiamente nella colonna sonora del primo Star Wars, sa bene che tutto ciò non sarebbe possibile se a fare da fondamento della partitura non ci fosse una solida architettura tematica.

Harrison Ford nei panni di Indiana Jones

Leitmotiv e temi principali

Una delle più note abilità di John Williams è quella di riuscire a trovare sempre una rappresentazione musicale fedele e precisa della controparte filmica. E' diventato proverbiale il suo talento di creare un tema, un motivo in grado di trasformarsi nel cosiddetto “correlativo oggettivo” di un personaggio o di una vicenda. Insieme al tema principale di Guerre stellari, a quello di Superman e al celebre "ostinato" che caratterizza il pescecane ne Lo squalo, la marcia di Indiana Jones (meglio nota come “Raiders March”) è probabilmente la composizione più celebre del musicista di Spielberg, riconoscibile anche dal grandissimo pubblico solitamente non attento alla parte musicale di un film. Questa pagina svettante, vivace e un po' sorniona rappresenta con grande immediatezza lo spirito ribaldo e guascone del protagonista e, nel corso degli anni, è diventata talmente popolare da essere oggi il simbolo musicale tout court del cinema d'avventura e di tutto ciò che il personaggio di Indiana Jones rappresenta. Williams ha più volte raccontato come le composizioni apparentemente più semplici e spontanee all’orecchio del pubblico siano in realtà per lui quelle più ardue da mettere su pentagramma. La stesura della “Raiders March” è stata per Williams un processo durato alcune settimane, fino al punto in cui ne propose a Spielberg due differenti versioni. Il regista rimase favorevolmente colpito da entrambe le soluzioni e chiese dunque al suo musicista: “Non le puoi usare tutte e due?”. Fu così allora che nacque la Marcia di Indiana Jones come oggi la conosciamo, con il primo tema a fare da melodia portante ed il secondo come “ponte” o tema secondario, secondo la classica costruzione tripartitica della musica occidentale e che troviamo anche in tutti i più famosi main themes williamsiani. La “Raiders March” è una delle composizioni apparentemente più semplici del repertorio del musicista, costruita in senso diatonico e lineare, ma a ben sentire si dimostra assai più elaborata e complessa di quanto non appaia di primo acchito. La melodia infatti, a differenza di altri temi "eroici" del compositore (come ad es. quello per Luke Skywalker o quello per Superman), non è costruita con il canonico salto intervallare di quinta giusta (Do-Sol), ma si sviluppa per piccoli gruppi di note ad intervalli di breve distanza, avanzando e poi quasi "ritirandosi", fino ad arrivare a salti di settima nella parte finale. E' una costruzione musicale che raffigura in modo assolutamente perfetto il personaggio e il suo carattere spavaldo e imprevedibile, nonché le mille traversie che si ritrova ad affrontare per conquistare l'oggetto della sua "quest". Il tema non è esente inoltre da alcuni tocchi tipicamente williamsiani, in particolar modo nell’uso di accordi di settima – in grado di dare una sostanza più eccentrica alla melodia – e negli accenti ritmici lievemente irregolari. L’orchestrazione è invece strutturata secondo i canoni della fanfara e della marcia militare, in cui spadroneggiano soprattutto ottoni brillanti e percussioni. Williams fa di questo tema il cuore di tutta la partitura, rendendolo spesso protagonista assoluto e chiamandolo in causa ogni qual volta il personaggio sullo schermo compie un gesto mirabolante, ma anche quando riesce a salvarsi la pelle all'ultimo istante. In tal senso, i modelli del compositore di Spielberg sono ancora una volta le sue partiture “eroiche” di Erich Wolfgang Korngold per i film con Errol Flynn. La plasticità e la malleabilità del tema consentono poi a Williams di essere efficace anche usando solamente le battute iniziali quasi a mo’ di motto eroico. La musica diventa così il personaggio e oggi sembra impossibile immaginare l’una senza l’altro.

Dossier Raiders 07

Tuttavia, la partitura de I predatori non è riducibile alla sola “Raiders March”. Siamo di fronte ad una delle oramai classiche cattedrali sinfoniche di Williams, un'opera che tracima di invenzioni brillanti ad ogni voltare di pagina. Ecco allora che a fianco dello svettante tema principale Williams contrappone un lirico ed affascinante tema d'amore associato alla protagonista femminile Marion Ravenwood e dunque di riflesso anche alla burrascosa relazione sentimentale tra i due personaggi. E' uno dei classici "love themes" della tradizione williamsiana, anch'esso evocatore del grande passato musicale hollywoodiano: costruito su un seducente intervallo di sesta (come nel caso del tema della Principessa Leia e di tutti i temi d'amore della Saga di Star Wars), la melodia si dipana su un arco vasto e avvolgente, accompagnata da una progressione armonica che lo riallaccia alla scuola della Golden Age. Non è un caso che il modello di Williams per questo tema sia stato proprio Casablanca di Max Steiner. Il tema di Marion si presenta ogni volta che sullo schermo si accende la scintilla tra i due personaggi e anche qui Williams si dimostra drammaturgo sopraffino per la capacità di saper plasmare con grandissima efficacia la sua creazione tematica a seconda delle situazioni narrative, sia quando è sussurrato lievemente dal flauto che quando esplode con melodrammatico nitore in tutta la sezione degli archi.

Il ritrovamento dell'Arca dell'Alleanza

La partitura contiene poi un'altra invenzione tematica portante: il tema dell'Arca dell'Alleanza. La quest archeologica di Indiana Jones è caratterizzata musicalmente da questo motivo di fascino ancestrale, una melodia discendente in minore costruita su un tempo ternario, che procede per piccoli salti intervallari. Sovente affidata ai legni, la melodia descrive il potere divino dell'oggetto ricercato e il suo carico di mistero e terrore. E' un'invenzione semplice ma straordinariamente suggestiva, dotata di uno sviluppo inesorabile, in grado di farsi carico quasi esclusivamente di tutto il coté soprannaturale della pellicola. Il tema viene presentato in diverse vesti nel corso di tutta la partitura ma la sua apparizione più vistosa è durante la memorabile sequenza della “sala del plastico”, in cui raggiunge proporzioni “bibliche” grazie ad un'orchestrazione focosa in cui trova spazio persino un coro di voci femminili. In questo caso va sottolineata anche la capacità di Spielberg nel lasciare alla musica un ruolo primario (tutta la scena è infatti accompagnata esclusivamente dalla musica, mentre dialoghi ed effetti sonori sono quasi completamente assenti). Il tema dell'Arca è poi strettamente apparentato con un'altra figura tematica che Williams associa al medaglione di Marion: una sinuosa linea melodica affidata al corno inglese dal sapore decisamente orientale.

I cattivissimi nazisti de I predatori dell'arca perduta

La nemesi dell'eroe, ovvero i cattivissimi Nazisti, non hanno un vero e proprio tema musicale, ma sono descritti da Williams attraverso incisi tematici affidati prevalentemente agli ottoni. Sono cellule brevi, costruite su accordi che il compositore ha dichiarato essere debitori degli score anni '40 di Rozsa e Steiner, in grado di rappresentare perfettamente la rigidità e la malvagità schematica dei cattivi del film e diventando così l'antitesi perfetta della solarità del tema di Indiana Jones.

Tuttavia, Williams è maestro soprattutto nelle memorabili sequenze d'azione, quando viene chiamata in causa la sua abilità di funambolico orchestratore. Tutto il film è un susseguirsi di scene che potrebbero essere quasi delle opere a sé e Williams ne riesce a trovare ogni volta il corrispettivo musicale perfetto, attraverso un uso mirabolante dei colori orchestrali e dotando ogni sequenza di una propria specifica personalità tematica. Così come Spielberg coreografa le sue sequenze con la precisione e la grazia di un balletto, ecco che Williams le accompagna con pagine di altrettanta sopraffina leggerezza: la fuga di Indy dagli Indios che lo tallonano nel finale del prologo è accompagnata da un vivacissimo pizzicato degli archi e culmina nell'esplosione eroica della Raiders March; la celebre scazzottata e l'inseguimento nelle vie del Cairo in cui Marion viene rapita è un meraviglioso scherzo in cui archi e legni si destreggiano in fraseggi di grande virtuosismo che rimanda alle partiture per balletto di Sergej Prokofiev e Dimitri Shostakovich; il duello tra Indiana Jones e l'energumeno nazista sulla pista di decollo del “Flying Wing” ha la cadenza di una danza sincopata dove gli ottoni accompagnano ogni singolo pugno e ogni movimento dei personaggi.

Ma è nella sequenza cardine del film che viene raggiunto un ideale apice, ovvero la scena dell'inseguimento del camion nel deserto, altrimenti nota come "Desert Chase": otto minuti di fuoco sinfonico dove Williams mette alla frusta (si perdoni il gioco di parole!) tutte le sezioni di una London Symphony Orchestra in forma smagliante. E' un saggio di action scoring come raramente se ne sentono, dove tutto il gran tramestio che avviene sullo schermo è punteggiato, sottolineato, enfatizzato, caricato, amplificato da rabbiose sciabolate dei corni, staffilate di flauti e ottavini, mitragliate delle trombe... il tutto con la precisione sopraffina del contrappunto, una organizzazione timbrica da manuale e una levità di tocco sempre perfetta. Nonostante la enorme mole dei mezzi messi in campo e il debordante spessore sonoro, Williams non è mai cacofonico, ma anzi riesce sempre a trovare una cifra ironica anche quando cerca l'effetto di esagerazione, con un gusto anche qui tipicamente à la Prokofiev. Ed è proprio questa totale assenza di seriosità la qualità forse più grande della colonna sonora de I predatori dell'Arca perduta e che ritroveremo anche nelle successive partiture della serie.

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Non mancano poi le pagine di puro colore e di specifica atmosfera in grado di caricare ulteriormente le immagini. Va ricordata soprattutto la sequenza del Pozzo delle Anime, dove Williams descrive il luogo infestato da migliaia di serpenti attraverso una serie di effetti orchestrali bartokiani in cui primeggiano soprattutto i legni, i quali disegnano allucinate figure che talvolta guardano all'atonalismo. Ma è nella sorprendente sequenza finale che Williams concentra tutte le energie strumentali e dove si raggiunge il climax della pellicola: il tema dell'Arca raggiunge l'apoteosi e si carica ulteriormente di severa potenza biblica per poi disfarsi in una sequenza di terrificanti effetti atonali che culminano nella “apocalittica” ripresa finale del tema dell'Arca da parte di coro e orchestra. E dunque, il sipario si chiude: Indiana consegna l'Arca ai servizi segreti, che la chiudono in una cassa di legno e la stivano in un misterioso magazzino dei servizi segreti insieme a migliaia di casse uguali. Al nostro eroe non resta che andarsene via a braccetto con la sua fiamma e Williams può presentare la sua “Raiders March” nell'arrangiamento completo che include una meravigliosa reprise del tema di Marion. Ed è su questo tono gioviale e gagliardo che John Williams consegna alla storia della musica per film un altro ennesimo, immortale capolavoro.

Dossier Raiders 11

Le edizioni discografiche

Dopo il grande ed inaspettato successo del doppio album di Star Wars, ogni seguente colonna sonora composta da John Williams sembrava destinata ad ottenere il medesimo generoso trattamento discografico: Superman e L'impero colpisce ancora uscirono infatti entrambe in edizione doppio album, per la gioia di tutti gli appassionati del compositore. Considerati i precedenti, c'era da aspettarsi la stessa cosa anche per I predatori dell'Arca perduta. Fu invece pubblicato su etichetta CBS un album singolo (CBS Records 70205) che conteneva circa 40 minuti di materiale, a fronte dei quasi 85 della partitura completa. A dire il vero, si trattava di un'ottima selezione: Williams scelse infatti con grande cura le pagine migliori e, come sua abitudine, ripensò alla struttura dei brani e realizzò una scaletta ad hoc per favorire una maggiore scorrevolezza d'ascolto. L'album originale de I predatori è in effetti un disco molto bello e di grande piacevolezza, “macchiato” solamente dall'assenza di pagine altrettanto memorabili.

La copertina del LP originale de I Predatori dell'Arca Perduta L'edizione estesa del 1995

Si dovette aspettare il 1995 per ascoltare un'edizione filologica della colonna sonora: DCC Compact Classics, in collaborazione con il produttore discografico Nick Redman, pubblica una edizione estesa in CD de I predatori dell'Arca perduta (DCC Compact Classics DZS-090) in cui per la prima volta fu possibile ascoltare separatamente dalle immagini l'intera partitura, a cominciare dalle pagine del famoso prologo quasi totalmente assente dall'album originale. La selezione dei brani viene presentata rispettando l'originale scaletta filmica per una totalità di circa 75 minuti di materiale e il tutto viene completamente rimasterizzato a partire dagli elementi di sessione originali, dando così la possibilità di apprezzare appieno la magistrale esecuzione della London Symphony Orchestra e la brillante ripresa sonora del fonico Eric Tomlinson. E' un'edizione che, seppur ancora non completamente esaustiva (ma siamo ai limiti del dovere d'archivio), consente di godere appieno la grande abilità della penna di Williams e di poter ammirare tutta la sua capacità di narratore e sinfonista.

Nel 2008 infine Concord Records pubblica un cofanetto di 5 CD che raccoglie le 4 colonne sonore della serie in edizione rimasterizzata ed espansa, con l'aggiunta di materiale inedito. La partitura di Raiders viene così ulteriormente arricchita delle pagine mancanti anche nell'edizione estesa del '95: si possono così ascoltare anche le brevi ma emozionanti pagine che fanno da cerniera ad alcune sequenze (come ad es. "Washington Men", dove ascoltiamo la prima esposizione del tema dell'Arca).



FINE PRIMA PARTE

Tutte le immagini © Lucasfilm Ltd. Tutti i diritti riservati

Un ringraziamento a Pietro Rustichelli e Massimo Privitera per la collaborazione.

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