Annus Mirabilis 1982

30 anni fa, una stagione cinematografica segnata da opere che hanno fatto la storia del cinema e della sua musica.

Che cosa hanno in comune la storia d'amicizia tra un alieno e un ragazzino, un cacciatore di replicanti, la casa di una famiglia middle-class infestata da inquietanti spiriti, il secondo viaggio su grande schermo della Enterprise, le gesta di un guerriero mitologico mai esistito, una malvagio parassita extraterrestre nascosto in una base dell'Artico, un veterano della guerra del Vietnam alle prese con una società che lo rifiuta, le prime meraviglie della computer graphic?

Semplice: l'annata cinematografica del 1982. Per la generazione di spettatori cresciuta tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, il 1982 è infatti noto soprattutto per essere stato un anno particolarmente florido e memorabile, che ha visto l'uscita di molti film che, a torto o a ragione, sarebbero entrati di diritto nella memoria e nell'immaginario del pubblico di tutto il mondo. Molte di queste opere uscirono negli Stati Uniti nel corso dell'estate (dalla fine di maggio sino alla fine di agosto, periodo in cui gli studios lanciano i loro film più costosi e di maggior ambizione commerciale), tanto che oggi viene ricordata – con la tipica iperbole americana – come la Best Summer of Movies Ever, la migliore estate cinematografica di tutti i tempi.
La nostalgia probabilmente gioca un ruolo fondamentale in queste cose, ma oggi ci vien difficile contraddire una tale definizione, soprattutto se la paragoniamo alle desolanti estati cinematografiche degli anni più recenti (consigliamo di leggere sull'argomento l'ottimo pezzo di Andrea Chirichelli pubblicato su Players Magazine).

Lasciamo ad altri le disamine sociologiche e storiche del caso poiché, per quanto ci riguarda, il 1982 è stato un anno da ricordare soprattutto per le musiche che hanno accompagnato quei film. In tutti i casi citati all'inizio dell'articolo troviamo un corrispettivo musicale degno di nota, formando così un corpus capace di riassumere il meglio di ciò che la musica per film americana (ma non solo) aveva allora in serbo. Dai giganti John Williams e Jerry Goldsmith, passando per gli allora newcomers James Horner, Trevor Jones e Basil Poledouris, fino ad arrivare ad personaggi outsider come Vangelis, Wendy Carlos e Jack Nitzsche, senza dimenticare il nostro Ennio Morricone in una delle sue numerose trasferte hollywoodiane. E allora proviamo a ripercorrere quell'annata storica non solo per il cinema hollywoodiano e per i suoi spettatori oggi nostalgici quarantenni, ma anche per le note musicali che hanno accompagnato quegli ormai lontani “sogni di celluloide”.


E.T. l'extraterrestre (E.T. The Extra-Terrestrial)
Regia di Steven Spielberg
Musica di John Williams

E.T. L'extraterrestre

Cominciamo la nostra carrellata col film più celebre e celebrato: una singolare storia di amore fraterno tra un ragazzino ed un extraterrestre sbarcato sul pianeta Terra. Il regista Steven Spielberg firma quella che diverrà per molti aspetti la sua opera magna e il suo film di maggior successo. E.T. l’extraterrestre sbarca nei cinema americani l’11 giugno 1982 e il successo esplode istantaneamente con la potenza di una bomba H. Il pubblico si innamora della tenera e commovente vicenda di Elliot ed E.T. e della loro “avventura sulla Terra”, come dice il famoso poster che richiama il “divino tocco” michelangiolesco. E’ il film in cui Spielberg sintetizza in maniera perfetta la sua poetica autoriale e in cui la sua idea di Cinema trova una ideale apoteosi. Le immagini-simbolo non si contano (dal magnifico incipit nel bosco notturno alla silhouette della bicicletta che attraversa la luna), così come le battute entrate nel linguaggio comune (“E.T. telefono casa!”). E.T. è la favola ideale per un pubblico che, appena uscito dai cupi e ambigui anni ’70, ritrova la gioia, la speranza e la capacità di sognare ad occhi aperti (e difatti il film verrà criticato come simbolo del reaganismo imperante).
La musica di John Williams ha anch’essa bisogno di poche presentazioni: è una delle partiture più belle e sinceramente ispirate della illustre carriera di questo straordinario compositore, nonché uno dei massimi traguardi della cinemusica sinfonica di ogni tempo. E’ la traduzione fedele e perfetta della fanciullesca poetica spielberghiana, un controcanto traboccante lirismo e partecipazione emotiva ad ogni singolo fotogramma (come quasi sempre in Spielberg, anche qui la musica accompagna il film pressoché dalla prima all’ultima sequenza). Come già accaduto allora per Guerre stellari, Superman, Incontri ravvicinati e I predatori dell’arca perduta, John Williams firma una travolgente colonna musicale che diverrà emblematica del suo stile: un rigoglioso poema sinfonico in cui la grande orchestra fa letteralmente “volare” i personaggi e la storia che vivono, accompagnadoli con temi musicali (il leitmotiv del volo in bicicletta in primis, ma senza dimenticare l’avvolgente tema dell’amicizia “E.T. and Me” o il sognante concertino per pianoforte “Over the Moon”) che rimarranno per sempre nella memoria degli spettatori e si imprimeranno a fuoco nella storia del cinema e della sua musica.
Williams vince il suo quarto premio Oscar e, insieme al suo regista, entra definitivamente nella leggenda.

http://www.youtube.com/watch?v=Nx7NiJHIlGs

 

Poltergeist – Demoniache presenze (Poltergeist)
Regia di Tobe Hooper
Musica di Jerry Goldsmith

Poltergeist

L’estate cinematografica di Spielberg non si riduce però soltanto al suo famoso alieno buono. Il regista firma come sceneggiatore e produttore (ma da sempre si sospetta che in realtà abbia anche svolto il ruolo di “regista-ombra”) una pellicola che pare essere quasi il rovescio della medaglia di E.T.: una terrificante storia di fantasmi in cui la casa di una bonaria famiglia della media borghesia statunitense viene infestata da spiriti maligni. A ben guardare, non siamo nemmeno poi così lontani dai toni e dalle atmosfere di E.T.: anche Poltergeist è un inno alla pop culture dei cosiddetti baby boomers, una celebrazione della suburbia americana. Ma soprattutto è un altro formidabile esempio dell’idea spielberghiana di intrattenimento, un film concepito come una bomba ad orologeria dove emozioni, tensione e divertimento sono garantiti dall’inizio alla fine. Poltergeist arriva nei cinema americani il 4 giugno 1982 e diventa uno dei maggiori successi di box office della stagione.
Per commentare la sua storia di fantasmi Spielberg sceglie stavolta il compositore Jerry Goldsmith – ovvero l’altro eterno “Numero 1” della cinemusica hollywoodiana insieme a John Williams – il quale trova una proficua e intensa sintonia con il regista e scrive quella che diverrà una delle sue colonne sonore più amate e affascinanti. Da sempre uno dei maggiori propositori di commenti musicali indispensabili e attanagliati alla logica e alle necessità del fotografico, Goldsmith sceglie di accompagnare il film con una partitura di sorprendente vitalità, accesa e caleidoscopica, quasi una sorta di omaggio all’immortale Sacre du printemps di Igor Stravinskij. Il tema principale è una dolce ninnananna che diventa espressione del salvifico amore materno alla base del film, ma a fare la parte del leone sono le magnifiche pagine che accompagnano il corollario di sequenze terrorizzanti del film, dove Goldsmith dà fondo a tutto il suo estro di “diabolico” orchestratore. Ma c’è spazio anche per parentesi di cifra impressionistica, dove si fanno largo sonorità à la Debussy per dipingere il lato soprannaturale e misticheggiante della vicenda.
Nomination al premio Oscar 1982 e, come vedremo, gioiello di una scintillante e memorabile annata goldsmithiana.

http://www.youtube.com/watch?v=BK8OqlvsbL4

 

Star Trek II – L'ira di Khan (Star Trek II: The Wrath of Khan)
Regia di Nicholas Meyer
Musica di James Horner

Star Trek II L'ira di Khan

Le avventure della nave Enterprise e del suo equipaggio formato dagli immarcescibili Kirk, Spock, McCoy, Scotty e compagnia arrivano al cinema nel 1979 con l’ambizioso film diretto da Robert Wise, dando inizio ad un nuovo ciclo di epopee “trekkiane” su grande schermo. L’inevitabile secondo capitolo arriva tre anni più tardi, ma stavolta si sceglie di abbassare il tiro in termini di ambizioni produttive (il budget è drasticamente ridotto rispetto al precedente film) e di alzare la temperatura dell’azione e del ritmo. Il regista e sceneggiatore Nicholas Meyer dà al film un tono da “avventura navale”, trattando l’equipaggio dell’Enterprise come una ciurma di avventurieri spaziali. Il risultato è una pellicola avvincente e divertente, a tutt’oggi ritenuta la migliore di tutta la saga cinematografica di Star Trek e indubbiamente più vicina allo spirito del serial tv originale. Uscito nelle sale USA il 4 giugno 1982, il film di Meyer diventerà il maggior incasso della serie (primato che durerà addirittura fino al 2009, anno del reboot firmato da J.J. Abrams).
Estromesso Jerry Goldsmith (autore della magnifica partitura del primo film) per mere ragioni di budget, la missione musicale viene affidata all’allora poco più che debuttante (28 anni e una sparuta manciata di film al suo attivo) James Horner. Il giovanissimo compositore coglie al volo un’opportunità d’oro e firma un commento musicale scoppiettante e trascinante come pochissime altre cose nella sua carriera (è ancora oggi ritenuta una delle sue prove migliori). Horner interpreta alla perfezione il tono del film e spinge a tavoletta sul pedale dell’avventura. Il nuovo, roboante tema principale abbandona l’austera solennità di quello goldsmithiano e punta tutto sul versante ribaldo e “nautico” del nuovo film, occhieggiando alla lezione delle Guerre stellari williamsiane. Il compositore si dimostra particolarmente a suo agio nei territori del fantastico e della sci-fi, generi che anche successivamente saranno teatro di convincenti prove del suo talento (Brainstorm, Krull, Cocoon, Aliens – Scontro finale) e nei quali Horner, come in questo caso, mostra un innegabile talento nel piegare le sfumature e le complessità del tradizionale commento musicale sinfonico alle necessità drammaturgiche del film.

http://www.youtube.com/watch?v=g-8D6j5LPho

 

Conan il barbaro (Conan The Barbarian)
Regia di John Milius
Musica di Basil Poledouris

Conan il barbaro

Il fenomenale successo di Guerre stellari (1977) di George Lucas aprì la via a un numero consistente di film più o meno liberamente tratti o chiaramente ispirati a soggetti di matrice fantasy e/o fantastique, che cominciarono subito ad affollare le sale cinematografiche già dall’anno successivo, nonché diede il via libera a progetti a lungo cullati da registi e produttori ma impossibili da realizzare per ragioni produttive e di budget. E’ il caso quest’ultimo di Conan il barbaro, il film basato sul personaggio creato negli anni ’30 dallo scrittore pulp Robert E. Howard. Diretto dal regista “macho” per antonomasia John Milius (Un mercoledì da leoni) e sceneggiato da Oliver Stone, la pellicola si fregia dell’interpretazione principale di un allora sconosciuto Arnold Schwarzenegger (l’incarnazione perfetta del personaggio così come disegnato dall’illustratore Frank Frazetta) e di un tono avventuroso, crepuscolare, non scevro da lievi sfumature reazionarie e da una rappresentazione piuttosto grafica (per i tempi) della violenza e delle scene d’azione.
Sebbene non un capolavoro, il film gode di uno status di cult movie soprattutto nella nicchia degli appassionati del cinema di genere, ma viene ricordato soprattutto per l’incredibile apporto della colonna sonora composta da Basil Poledouris, anche lui come James Horner allora un nome sconosciuto ai più. Autore per Milius anche della bella partitura del precedente film Un mercoledi da leoni, per Conan Poledouris squaderna tutto il suo talento e scrive un commento musicale di incandescente potenza sonora, una sorta di cantata epica per coro e orchestra capace di farsi carico pressoché totalmente dell’afflato kolossal del film (con vent’anni di anticipo sul Signore degli anelli). Modellata al contempo sulle partiture peplum di Miklos Rozsa e su Aleksandr Nevskij di Prokofiev, la colonna musicale di Poledouris si distingue anche per la notevole vena melodica (i temi sono tutti uno più bello dell’altro) e per la doviziosa cura con cui si dispone sulle immagini e accompagna la drammaturgia.
Una vetta del film scoring del genere fantasy ma anche dell’intera carriera del compositore.

http://www.youtube.com/watch?v=onGWF8mz1Zw


Blade Runner (id.)
Regia di Ridley Scott
Musica di Vangelis

Blade Runner

Blade Runner è probabilmente l’epitome di ciò che viene comunemente definito cult movie: il film non ebbe un grande successo commerciale nella sua originaria uscita in sala (debuttò negli USA il 25 giugno 1982), ma nel tempo è divenuto qualcosa capace di travalicare i meri confini dello schermo. Opera amata, studiata, analizzata, interpretata fino al più microscopico dettaglio, questo impressionante film di Ridley Scott è probabilmente uno dei più importanti e seminali degli ultimi 30 o 40 anni, fonte di continua ispirazione (quando non di sfacciato saccheggio) per numerosissimi film di fantascienza e non solo. La vicenda del “cacciatore di replicanti” Deckard e il suo viaggio verso l’abisso della crisi di identità di una società ormai completamente dipendente dalle macchine e dagli automi sembra l’ideale riassunto sotto forma di moral tale delle idiosincrasie e dei drammi che piagano il mondo occidentale moderno. Ma Blade Runner è un film rivoluzionario anche nel suo aspetto più specificamente cinematografico, un’opera ancora oggi sorprendentemente efficace, ricchissima dal punto di vista visivo, assolutamente strabiliante in tutti i comparti tecnici.
Dal punto di vista musicale, le scelte di Ridley Scott sono altrettanto radicali e vincenti. Il regista affida al musicista greco Evangelos Odysseas Papathanassiou, in arte Vangelis, la realizzazione della colonna sonora. Il compositore è universalmente noto per le sue sperimentazioni nell’ambito della musica elettronica, ma in realtà è una figura poliedrica che ha abbracciato molti stili (pop, rock, jazz, ambient, sinfonica) e dunque difficilmente etichettabile all’interno di un genere. Fresco di premio Oscar per la colonna sonora di Momenti di gloria, Vangelis si mette all’opera sul film di Ridley Scott e dipinge un quadro musicale dai colori cupi, cangianti, dominato da suoni allucinati e avvolgenti dei synth. La musica diventa così partner fondamentale e collaborativo del sound design, scambiandosi talora i ruoli e mantenendo una grande forza espressiva autonoma. Se Star Wars aveva riportato l’orchestra sinfonica al centro della scena nel film di matrice fantasy, Blade Runner mette in campo tutta la forza di sonorità moderne e contemporanee come commento musicale alla fantascienza. A trent’anni di distanza possiamo notare come la musica di Vangelis non sia affatto invecchiata (rischio sempre dietro l’angolo quando si maneggia l’elettronica), ma abbia invece sopportato benissimo i segni del tempo. Ma più di tutto, è forse il lirismo malinconico e rassegnato dell’indimenticabile “Love Theme” suonato dal sax di Dick Morrissey a stregarci ancora oggi.
Nomination al BAFTA e al Golden Globe del 1982, la musica di Blade Runner è oggetto di culto tanto quanto il film di Scott.

http://www.youtube.com/watch?v=C9KAqhbIZ7o


Rambo (First Blood)
Regia di Ted Kotcheff
Musica di Jerry Goldsmith

Rambo

Sylvester Stallone è stato senza dubbio – insieme ad Arnold Schwarzenegger – il divo che ha simboleggiato più di ogni altro la turgida estetica “machista” dell’action movie americano degli anni ’80. L’attore è entrato nel pantheon delle star hollywoodiane grazie soprattutto a due ruoli: il pugile Rocky Balboa e il veterano di guerra John Rambo. Se il primo è uno dei più celebri esempi della classicissima epopea del coronamento dell’American dream (successivamente sbracato nella serialità più deleteria), il secondo nasce invece da una delle ferite più profonde della allora recente storia statunitense, ovvero quel conflitto mai fino in fondo sanato che risponde al nome di Guerra del Vietnam. Sebbene First Blood (basato sull’omonimo romanzo scritto da David Morrell) sia un film d’azione concepito come star-vehicle per Stallone, la cornice storica e para-sociologica si inserisce in un filone (quello del film di guerra) che è sempre stato per Hollywood il tentativo (a volte maldestro) di riflettere sui traumi “bellici” della società americana. Rivisto oggi, Rambo è soprattutto un onesto ed asciutto thriller d’azione, dove il protagonista ben interpretato da Stallone rimane nonostante tutto un eroe positivo e la retorica che avrebbe piagato i seguenti capitoli della serie era ancora tenuta sotto controllo. Rambo diventa (forse malgrado le intenzioni dei realizzatori) un altro esempio dell’America indomita e invincibile di Ronald Reagan, prestando facilmente il fianco alle critiche dei suoi detrattori, nonché film-simbolo della deriva “violenta” del cinema mainstream hollywoodiano.
Il compositore Jerry Goldsmith è l’autore della colonna sonora e, a ben guardare, possiamo osservare anche qui come il suo apporto sia forse il più importante plusvalore estetico del film. Nel corso di un’annata particolarmente proficua (oltre a questa e Poltergeist, il musicista firmò le partiture di Inchon, Brisby e il segreto di NIMH e L’ultima sfida), Goldsmith dedica a questo film una prova che diverrà una delle sue più riuscite e memorabili score d’azione. Il protagonista Rambo è accompagnato da una lunga, malinconica melodia della tromba solista, facendosi carico dello spessore emotivo del personaggio. Ma è nelle vibranti, tesissime pagine che accompagnano le sequenze d’azione che Goldsmith tira fuori il suo formidabile estro creativo: un inciso di 5 note (giocato su un palpitante ostinato ritmico in 7/8) diventa l’avvincente “tema action” per le fughe e la guerriglia scatenata dal protagonista. Il compositore non si dimentica poi di sottolineare con i suoi colori la suspense (i magnifici armonici degli archi durante la fuga sulla montagna) e la “memoria” della guerra (il corale di trombe).
Se mai esiste una colonna sonora capolavoro del genere action, è senza ombra di dubbio First Blood.

http://www.youtube.com/watch?v=t8Mk40T3fMc

Tron (id.)
Regia di Steven Lisberger
Musica di Wendy Carlos

Tron

Gli anni ’80 sono stati l’affermazione degli effetti speciali e di un sempre più importante senso dello spettacolo cinematografico. Dopo il ciclone Guerre stellari di Lucas, l’industria degli effetti visivi conosce una nuova epoca d’oro: grazie all’apporto di tecnologie sempre più sofisticate e al perfezionamento di quelle esistenti, il cinema di intrattenimento diventa capace di mostrare sequenze sempre più incredibili e innovative. Tron è probabilmente uno dei più pioneristici e coraggiosi tentativi in questo senso: il regista Steve Lisberger vuole realizzare un film d’animazione utilizzando le sconosciute e impervie tecniche della computer graphic imagery (CGI), ma trova la strada sbarrata pressoché ovunque. E’ la Walt Disney ad accettare la proposta e dare il via libera al progetto: Tron viene messo in produzione e sarà il primo film a mescolare riprese dal vivo ed animazione realizzata interamente al computer. Si tratta di qualcosa probabilmente troppo esoterico e stravagante per il grande pubblico, che infatti ne decreta il sostanziale insuccesso al botteghino. Ma Tron diventa negli anni un altro (ennesimo) cult movie adorato da schiere di spettatori cresciuti negli anni ’80, ovvero quella generazione che stava crescendo coi primi videogames e le antesignane delle moderne console (non è un caso che la Disney abbia tentato proprio recentemente di ridare vita al progetto con un nuovo costosissimo film). Tron è sicuramente un film poco avvincente in termini di storia e sceneggiatura, ma rimane un’opera di una certa importanza dal punto di vista tecnologico e “generazionale”.
Assai curiosa ed indovinata la scelta di far musicare il film a Wendy Carlos, ovvero uno dei guru della musica elettronica che aveva già accompagnato con grande originalità due film di Stanley Kubrick, Arancia Meccanica e Shining, con i suoni innovativi del suo sintetizzatore Moog. La partitura per Tron è probabilmente il suo lavoro più ambizioso: stavolta i suoni elettronici dei sintetizzatori si mescolano a pagine per orchestra eseguite dalla London Philharmonic Orchestra. Il risultato è una colonna musicale affascinante, curiosa e singolare, un esempio di “impressionismo elettronico” che non ha molti paragoni. Non è un facile tentativo di appropriarsi di sonorità moderne ed attuali, ma anzi un bell’esempio di come saper piegare e modulare le peculiarità del sintetizzatore ad una scrittura che non rinuncia mai ad essere fluida e musicale.
Indovinata la scelta di ingaggiare i Daft Punk (attuali pionieri della musica elettro-pop) per musicare il recente sequel/remake Tron: Legacy.

http://www.youtube.com/watch?v=uZhAsYcW4D8


La cosa (The Thing)
Regia di John Carpenter
Musica di Ennio Morricone

La cosa

Come il genere fantastico e la fantascienza, anche l’horror conosce negli anni ’80 una rinnovata fase creativa, con nuovi film e addirittura l’inizio di veri e propri cicli (da Nightmare a Venerdi 13) destinati ad un pubblico tardo-adolescenziale evidentemente bisognoso di brividi ed emozioni forti. Non di solo Spielberg vive il pubblico, dunque. Le barriere della censura e di ciò che poteva essere mostrato nel cinema mainstream erano già cominciate a crollare negli anni ’70 (basti pensare all’incredibile successo de L’esorcista) e nel decennio successivo vengono pressoché eliminate. Nonostante ciò, un film come La cosa di John Carpenter fu in grado di generare un consistente volume di “disgusto” e di “repellenza”. Remake del film La cosa dell’altro mondo (1951) di Howard Hawks e Christian Nyby, la pellicola diretta da Carpenter arriva sull’onda del successo di un altro horror in salsa sci-fi, ovvero Alien di Ridley Scott (1979), ma non si tratta di mera exploitation di un genere di successo. Fattosi le ossa con film indipendenti a basso budget, Carpenter dirige la sua prima opera finanziata da una major con la sicurezza e il polso del più navigato artigiano, consegnando un capolavoro di tensione che ha pochi eguali nel suo genere, grazie anche all’impressionante lavoro di make-up dello specialista Rob Bottin.
Carpenter ha sempre avuto la passione della musica e si è sempre occupato in prima persona (non di rado in stretta collaborazione con il compositore e sound designer Alan Howarth) della realizzazione del commento musicale dei suoi film. La cosa è tuttavia una delle rare eccezioni della sua lunga carriera: la partitura è infatti composta da Ennio Morricone. A partire dalla fine degli anni ’70, il compositore italiano viene corteggiato con sempre più frequenza da registi e produttori americani e il Nostro non disdegnerà mai le abituali frequentazioni in terra hollywoodiana. La cosa è un oggetto molto interessante nella ricchissima, infinita filmografia di Morricone, anche per via dell’intensa e non sempre facile collaborazione avuta con John Carpenter: il regista era infatti intenzionato ad occuparsi in prima persona della colonna musicale, ma fu costretto ad abdicare in seguito alle pressioni della Universal Pictures, che preferì affidare le cure della score a mani più sicure. Morricone concepisce la partitura come una vera e propria “indagine” severa, scarna, raggelante sui modi di evocare suspense e tensione attraverso il commento musicale. Da sempre amante di stilemi e metodi vicini alle avanguardie del Novecento, il compositore infila una serie di scelte musicali audaci e persino bizzarre capaci di creare un tessuto denso e grumoso, sovente contraddistinto da archi bartòkiani e da dissonanze care alla Scuola di Vienna. Non c’è infatti alcuna concessione al lirismo né ad oasi di placida tranquillità, anche nelle pagine meno “orrorifiche” la temperatura della tensione è sempre elevatissima. Assai curiose ed inedite, soprattutto per l’uso dell’elettronica, sono le parentesi in cui Morricone sembra rifarsi in modo quasi esplicito allo stile musicale “elementare” di John Carpenter (e che infatti il regista tenderà a preferire nel montaggio finale del film in luogo di altre pagine, non senza il disappunto del compositore), fatto di motivi ed incisi ripetuti in modo ossessivo.
La partitura de La cosa è davvero un esempio mirabile, da manuale, di come evocare tensione, angoscia ed ansia attraverso la musica in un film, oltre che uno dei numerosi esempi del genio di uno dei pochi, veri Sommi di questa Arte tutto sommato ancora Negletta.

http://www.youtube.com/watch?v=mqDLnizRmaw


Brisby e il segreto di NIMH (The Secret of NIMH)
Regia di Don Bluth
Musica di Jerry Goldsmith

Brisby e il segreto di NIMH

A partire dalla metà degli anni ’70, i Walt Disney Studios conobbero un lungo periodo di crisi creativa che durò fino al 1989, anno in cui il lungometraggio La sirenetta riportò la Casa del Topo in vetta alle classifiche del box office e diede il via ad un nuovo, duraturo periodo aureo per il più famoso studio d’animazione del mondo. Don Bluth fu uno dei tanti animatori che abbandonarono la Disney nel suddetto “periodo oscuro” per seguire una carriera indipendente come regista di film animati. Brisby e il segreto di NIMH fu la prima opera realizzata dai suoi nuovi studi di animazione e forse il primo, vero tentativo di concorrenza al monopolio del suo ex datore di lavoro. Tratto da un libro per ragazzi scritto da Robert C. O’Brien, il film esplora nuove tecniche e, seppur rimanendo rivolto al pubblico dei più piccoli, tenta di appropriarsi di tonalità e cifre stilistiche distanti da quelle dei classici d’animazione Disney.
La partitura composta da Jerry Goldsmith è forse uno degli aspetti in cui la distanza con il canone disneyano viene evidenziata maggiormente. Il compositore losangelino raccoglie con entusiasmo la sfida del suo primo film animato e consegna una colonna sonora coloratissima, densa e vivace, colma di lirismo senza però mai eccedere in un sentimentalismo zuccheroso. Goldsmith affronta NIMH con la stessa serietà e dedizione di un importante film “dal vivo” e accompagna le avventure dei topini protagonisti della vicenda con pagine di marca impressionistica (non così lontane da quelle del già citato Poltergeist), dove la grande orchestra è coadiuvata da un coro che dipinge scenari che richiamano le celebri tessiture di Ravel e Debussy. L’assenza di canzoni (ad eccezione della sognante ninnananna “Flying Dreams”) è un altro tratto distintivo che consente al compositore di evitare qualsiasi concessione “musical” tipica dei film Disney. Il segreto di NIMH è una colonna sonora dove Goldsmith dimostra ancora la sua inarrivabile sensibilità di interpretazione di qualunque genere e stile cinematografico, l’ennesimo testamento di una vita artistica dedicata alla musica applicata alla Settima Arte.

http://www.youtube.com/watch?v=5S2Ikqeo4CM

Ufficiale e gentiluomo (An Officer and a Gentleman)
Regia di Taylor Hackford
Musica di Jack Nitzsche

Ufficiale e gentiluomo

Il cinema hollywoodiano ha sempre avuto la formidabile capacità di saper rinnovare il proprio star system, cercando di realizzare film dignitosi capaci di “cucirsi addosso” al divo di turno. Ufficiale e gentiluomo è un ottimo esempio di questo fondamentale aspetto dell’industria: un dramma sentimentale ben sceneggiato, diretto con mano sicura da un rispettabile professionista ed interpretato con bravura da un cast molto ben selezionato, in cui spicca ovviamente la superstar Richard Gere, che grazie a questo film diventa definitivamente uno dei più amati sex symbol del cinema hollywoodiano. La pellicola diventa un enorme successo commerciale (terzo maggiore incasso del 1982, dopo E.T. e Tootsie) e viene ricordata ancora oggi con affetto e nostalgia dal pubblico grazie alla sua ben dosata miscela di romanticismo e storia di riscatto, per arrivare alla inevitabile e sempre appagante catarsi finale.
La componente musicale è una delle carte vincenti che hanno contribuito al successo del film. Ufficiale e gentiluomo si fregia di una irresistibile colonna sonora formata da belle canzoni pop e rock (tra cui “Tunnel of Love” dei Dire Straits e “Hungry for Your Love” di Van Morrison) e da una graziosa partitura originale composta dal compianto Jack Nitzsche (già autore della colonna sonora di Qualcuno volò sul nido del cuculo). L’approccio può sembrarci oggi modaiolo e furbacchione (cosa che indubbiamente è diventato ormai da tempo), ma per l’epoca si trattava di una ventata di aria fresca, una scelta originale indubbiamente abile nell’assecondare i gusti del grande pubblico ma di avere al contempo un senso estetico nell’economia del film. E poi, quale spirito cinico bisogna avere per non sentirsi trasportati dalle note dell’indimenticabile “Up Where We Belong” (firmata da Nitzsche e dal paroliere Will Jennings) che accompagnano le sequenze finali del film? La canzone interpretata da Joe Cocker e Jennifer Warnes fa parte della leggenda delle migliori ballads di sempre e si aggiudica un meritato premio Oscar come Migliore Canzone Originale.

http://www.youtube.com/watch?v=fCIDfw87N-Y


Come dimostra questa nostra lunga carrellata, il 1982 è un anno da ricordare per gli amanti della musica per film. Tra le altre partiture da ricordare è doveroso citare le seguenti:

Il mistero del cadavere scomparso (Dead Men Don't Wear Plaid)
Musica di Miklos Rozsa

L’ultima magnifica, ironica e metatestuale partitura per il cinema del leggendario Miklos Rozsa: il canto del cigno di uno dei più grandi compositori della Golden Age della musica cinematografica di Hollywood.

http://www.youtube.com/watch?v=rqZFb_WiM9c

Dark Crystal (The Dark Crystal)
Musica di Trevor Jones

L'elettrizzante debutto del compositore Trevor Jones, che regala al fantasy di Jim Henson una colonna sonora sinfonica di fluente lirismo, con una London Symphony Orchestra in gran spolvero.

http://www.youtube.com/watch?v=BXkqbo4uoEU

Koyaanisqatsi (id.)
Musica di Philip Glass

Il caleidoscopico e proteiforme monumento musicale composto da Philip Glass per il film “anti-narrativo” di Godfrey Reggio: un capolavoro indiscusso che apre nuove e sorprendenti strade espressive nel matrimonio tra musica ed immagini.

http://www.youtube.com/watch?v=cJrtROuQFfk

 

Altre partiture da menzionare:
. Inchon (Jerry Goldsmith)
. L’ultima sfida (Jerry Goldsmith)
. 48 ore (James Horner)
. Rocky III (Bill Conti)
. Tootsie (Dave Grusin)
. La scelta di Sophie (Marvin Hamlisch)
. Gandhi (George Fenton)
. Cane bianco (Ennio Morricone)
. Monsignore (John Williams)
. Un anno vissuto pericolosamente (Maurice Jarre)
. Missing (Vangelis)

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