Discografia e Musica per Film: dal collezionismo alla filologia

logo_lp.jpgDiscografia e Musica per Film: dal collezionismo alla filologia

Appare un fatto ormai acclarato che l’interesse dell’industria discografica riguardo alla musica per film come genere, come linguaggio, come strumento di comunicazione e intermediazione fra immagine cinematografica e percezione dello spettatore arriva con considerevole ritardo rispetto alla sua nascita. Se stabiliamo una data e un titolo (convenzionali, non assoluti) con i quali marcare l’inizio della grande produzione musicale per il cinema intesa come creazione di partiture sinfoniche originali di respiro e di impegno, composte in stretta connessione con l’azione filmica, registrate in studio sullo scorrere della pellicola e aventi prevalentemente il carattere del “livello esterno”, e fissiamo questa data al King Kong (id., 1933, Merian Cooper, Ernest Schoedsack) la cui musica reca la firma di Max Steiner (in disco per la prima volta solo un quarantennio dopo, con etichette Entr’Acte e United Artists, sotto le rispettive direzioni di Fred Steiner e Leroy Holmes), possiamo osservare come di una produzione discografica vera e propria continuativa dedicata ai soundtrack (sulla dizione “original motion picture” come vedremo c’è ampio margine di discussione e di dubbio) si cominci a parlare non meno di dieci-quindici anni più tardi, a cavallo del periodo bellico.
In realtà la discografia della musica per film nasce inizialmente come reparto accessorio, marginale all’interno delle grandi etichette (Rca, Decca, Philips, Emi, con l’eccezione della Deutsche Grammophon Gesellschaft che pubblica esclusivamente esempi “alto-classici”, da Prokofiev a Bernstein, e si dedica al genere solo in anni recenti, come nel caso della pubblicazione delle musiche di Osvaldo Golijov per i film di Francis Ford Coppola Un’altra giovinezza, Youth without youth, 2007, e Tetro, id., 2009, o di Benjamin Wallfisch per Summer in February, id., 2013): oppure si sviluppa come naturale prosecuzione del prodotto-film a cura delle medesime major, quasi tutte (dalla Mgm alla Warner, dalla Fox alla Disney, dalla Dreamworks alla United Artists, dalla Columbia alla Sony) anche editrici discografiche delle partiture dei musicisti sotto proprio contratto.
È pressoché superfluo ricordare che siamo nell’epoca del microsolco, del vinile, e che – al contrario di quel che si ritiene comunemente – non tutto ciò che a suo tempo venne stampato su questo formato è stato poi riversato nell’era del compact disc; tant’è vero che un’etichetta della Pennsylvania, la Soundstage Direct, si è oggi specializzata (e non è certo l’unica) in vendita di vinili “storici” di musica per film, arrivando sino a 40-50 dollari al pezzo. In ogni caso, agli albori della discografia cinemusicale sono anche i “generi” specifici a convogliare l’interesse dei produttori, in particolare il jazz, che naturalmente gode – discograficamente – di vita autonoma. Ecco allora che ad esempio la celebre e affascinante musica di Miles Davis per Ascensore per il patibolo (Ascenseur pour l’échafaud, 1957, Louis Malle) viene registrata dal vivo a Parigi la sera del 4 e 5 dicembre 1957 e pubblicata per la prima volta in disco dalla Fontana, una sussidiaria della tedesca Mercury fondata nei primi anni ’50 e molto attiva sul fronte jazzistico e della musica leggera francese, nel caratteristico formato a 10 pollici, via intermedia fra il 45 giri e il long playing; così come è invece la major Philips a editare la musica di Duke Ellington per Anatomia di un omicidio (Anatomy of a murder, 1959, Otto Preminger) e la United Artists quella di Johnny Mandel ed eseguita da Gerry Mulligan per Non voglio morire (I want to live!, 1958, Robert Wise).
logo_rca.pngSi tratta, in altre parole, di “normali” uscite discografiche di musica jazz coincidenti con la loro applicazione all’elemento cinematografico, anche se – va sottolineato – appositamente concepite a tale scopo.
Naturalmente anche in questo caso domanda e offerta interagiscono: l’interesse per la musica cinematografica e la consapevolezza del suo costituire uno dei grandi generi musicali (forse l’ultimo grande genere musicale) del Novecento non sono ancora compiutamente sviluppati, né tantomeno sono avviati  - se non a livello molto embrionale e prevalentemente teorico-critico – studi di settore sul tema, meno che mai sul fronte storicistico. Questo ovviamente crea da un lato almeno un paio di generazioni di appassionati che si trasformano in “cacciatori”, collezionisti di rarities, spesso in contatto e in scambio fra loro, che comunicano attraverso fanzines più o meno ciclostilate (“Soundtrack!” del belga Luc van de Ven è stata forse la più nota) e inseguono i titoli e le musiche di loro interesse puntando su negozi specializzati (pochissimi in Italia sino a tutti gli anni ’70) che importano direttamente i dischi dai paesi d’origine, Stati Uniti in primis; d’altro canto si sviluppa un mercato parallelo che si potrebbe definire “pirata” ma che è in realtà affollato soprattutto di bootleg stampati da etichette-fantasma spesso in condizioni tecniche precarie. E’ così che ad esempio lo “score” di John Barry per Robin e Marian (Robin and Marian, 1976, Richard Lester) viene inizialmente pubblicato negli States in 1500 copie e in versione monoaurale dalla… Sherwood (nomen omen…) Records, o quelli di Bernard Herrmann per I nervi a pezzi (Twisted nerve, 1968, Roy Boulting) - contenente il celebre perturbante fischiettio poi immortalato da Quentin Tarantino nei suoi Kill Bill voll. 1 e 2 (id., 2003 e 2004) - e The Night Digger (1971,  Alastar Reid) dalla Cinema Records, o la prima, preziosissima edizione herrmanniana di La donna che visse due volte (Vertigo, 1958, Alfred Hitchcock) dalla Soundstage.
logo_mercury.jpgQueste ed altre etichette, che spesso durano lo spazio di un lp, servono almeno fino a tutti gli anni ’60 a tenere vivo e attivo il circuito, sempre più esteso, del collezionismo, composto assai più da musicofili che da cinèfili, persuasi che il fissaggio di una partitura cinematografica sul supporto discografico sia, oltre che il mezzo sicuro per preservarne l’esistenza, anche un insostituibile strumento di ascolto e di fruizione “puri”. Ovviamente su questo punto permane aperto il dibattito a livello di studiosi e di teorici sulla maggiore o minore “ragion d’essere” di una musica nata, concepita e applicata all’immagine e al racconto cinematografici, una volta separata appunto dalla propria destinazione d’uso e isolata (sia in disco o in eventuale sala da concerto).
Vale in ogni modo la pena di annotare come, evidentemente sull’onda di una domanda crescente e probabilmente anche per arginare l’altrimenti irrefrenabile dilagare della pirateria, negli anni Settanta si verifichi un fenomeno che in un certo senso dà il via, su larga scala, al nascere di una vera e propria industria discografica “specializzata” nella musica per film. Sorgono infatti, quasi esclusivamente negli Stati Uniti ma anche in Europa (Inghilterra, Germania, Spagna e timidamente anche in Italia), sia iniziative associazionistiche private legate a celebri compositori (la Max Steiner Society, la Miklós Rózsa Society…) che si attivano in prima persona per la pubblicazione di dischi relativi ai musicisti in questione, sia collane appartenenti a grandi etichette discografiche e specificamente dedicate alla musica per film. La più celebre di tutte è sicuramente la collana Classic Film Scores della Rca, che sotto la guida di Charles Gerhardt sul podio della National Philharmonic Orchestra dà alla luce una serie di album monografici dallalogo_music_box.jpg qualità tecnica ed esecutiva sublime, dove alcune delle gemme della musica hollywoodiana della Golden Era sono raggruppate antologicamente in ampie suites o brani significativi, ordinate sia per compositori (Rózsa, Herrmann, Waxman, Korngold, Tiomkin) ma a volte anche per celebri star (Bette Davis, Humphrey Bogart, Erroll Flynn), individuate come presenze stilisticamente unificanti nel conferire un certo imprinting anche alle musiche dei loro film. Più avanti, sempre sotto egida Rca (italiana) avverrà qualcosa di simile anche in Italia con la ricchissima collana della CinemaTre, le cui uscite sono equamente ripartite fra produzione italiana (da Rota a Morricone ma anche musicisti meno in vista) e straniera (Herrmann, Steiner, Korngold, John Williams); e poi con la Legend e la Intermezzo che, grazie alla passione e allo sforzo produttivo di Sergio Bassetti e Maurizio Buttazzoni, producono tra le altre cose nel 1987 il meraviglioso doppio lp di Sodoma e Gomorra (Sodom and Gomorrah, 1962, Robert Aldrich) o alcune meno frequentate partiture di Ennio Morricone, come El Greco (1966, Luciano Salce), Faccia a faccia (1967, Sergio Sollima) o Cosa avete fatto a Solange? (1972, Massimo Dallamano).
logo_decca.jpgNegli Stati Uniti un grande compositore per il cinema come Elmer Bernstein che si è molto dedicato, specie nell’ultima parte della propria carriera, anche alla riscoperta e divulgazione della musica cinematografica dà il via, sotto l’ala della Warner, ad un’iniziativa storica, cioè la pubblicazione, con se stesso come direttore d’orchestra e l’acronimo di EBFMC (Elmer Bernstein’s Film Music Collection), di alcune partiture “storiche” del passato come Il ladro di Bagdad (The thief of Baghdad, 1940, Michael Powell, Ludwig Berger, Tim Whelan) di Rózsa, tra l’altro consentendo finalmente l’ascolto della partitura di Bernard Herrmann per Il sipario strappato (Torn curtain, 1966, Alfred Hitchcock),com’è noto rigettata dal regista e dalla Universal, sostituita poi da quella di John Addison e causa ultima della rottura fra il cineasta e il compositore e dell’addio di quest’ultimo all’America.
Proprio per iniziativa di singoli, spesso studiosi, appassionati, compositori o semplici musicofili, cominciano a sorgere etichette indipendenti che colmano in pochissimi anni parecchi vuoti, iniziando un circuito virtuoso di diffusione di un patrimonio che si rivela via via sempre più inestimabile. A Chicago nella seconda metà degli anni ’70 John Steven Lasher anima la Entr’Acte (vedremo altre volte ricorrere terminologie francesi nel battezzare queste etichette), il cui logo – un pentagramma – è curiosamente simile alla (successiva, già citata) Intermezzo italiana; la Entr’Acte debutta sul mercato pubblicando in versione originale, diretta dal compositore, proprio una delle prime partiture herrmanniane del dopo-Hitchcock, Le due sorelle (Sisters, 1973, Brian De Palma) e poi si dedica al recupero di rari e splendidi “scores” di Waxman, Steiner, Korngold, Rózsa. In California a Burbank, con logo_intermezzomedia.jpgl’attiva collaborazione del musicologo e storico della musica Tony Thomas nasce la Citadel, cui dobbiamo la conoscenza e l’ascolto delle musiche di Victor Young per Johnny Guitar (id., 1954, Nicholas Ray), di Rózsa per Sangue sul sole (Blood on the sun, 1945, Frank Lloyd) e La forza invisibile (The power, 1967, Byron Haskin), di Jerry Goldsmith per Freud passioni segrete (Freud, 1962, John Huston). Sempre in California, a Los Angeles, nasce la Stanyan Records di Rod McKuen che ci regala la versione originale, anche nelle sue asperità e sonorità d’epoca, di Io ti salverò (Spellbound, 1945, Alfred Hitchcock) ancora di Rózsa. Non c’è solo America: in Germania sorge la Tsunami (scelta nominale curiosa e non proprio di buon auspicio,…) celebre per la pubblicazione del soundtrack originale herrmanniano di Marnie (id., 1964, Alfred Hitchcock), contenente un booklet il cui testo… s’interrompe a metà!
Sono, come si diceva, spesso iniziative editoriali che durano per pochi lampi, pochi ma preziosi titoli; incombe, tra l’altro, l’arrivo del compact disc destinato a rivoluzionare il mercato ed a riassorbire e ristampare moltissimo (non tutto…) del vinile di settore.
La svolta avviene nella decade 1970-1980 con la nascita della californiana Varèse Sarabande: il nome di un compositore-cardine del Novecento francese, Edgar Varèse, coniugato con una classica forma musicale del barocco, un logo stilizzato, filiforme e astratto. La Varèse sorge nel 1972 come etichetta specializzata nella musica classica d’avanguardia  ma nel 1977, sotto la guida di Tom  Null, Dub Taylor e Chris Kuchler, si specializza in musica per film e pubblica il primo album in lp nel 1978. Da allora sino a oggi la Varèse, capillarmente distribuita in tutto il mondo (in Europa consociata con la Colosseum, che la distribuisce anche in Medio Oriente e Africa), è il punto di riferimento più forte del mercato di settore con un’attività costante (siamo intorno al migliaio di soli cd finora pubblicati in questo ambito), il cui pregio consiste in una politica editoriale che viaggia su due binari: da un lato la Varèse recupera e ripropone spesso riedizioni, integrate e affidate a nuove esecuzioni, di storiche partiture del passato, ma dall’altro è presentissima – persin troppo, osserva qualcuno – nel sostenere e lanciare i compositori delle ultime generazioni e i loro lavori, da Michael Giacchino a John Powell, logo_varese.jpgda Marcio Beltrami a Dario Marianelli, da Alexandre Desplat a Brian Tyler. Nel 1989 la Varèse mette in cantiere anche una sottodivisione, curata da Robert Townson che poi diverrà il produttore esecutivo dell’etichetta, chiamata Masters Film Music: con questo nome vengono pubblicate alcune delle composizioni più raffinatamente autoriali del periodo, come Sotto il vulcano (Under the Volcano, 1984, John Huston) di Alex North o Complesso di colpa, già lp London-Decca (Obsession, 1976, Brian De Palma), di Bernard Herrmann; ed a quest’ultimo è dedicato uno straordinario cofanetto in 4 volumi contenenti le suites da concerto del maestro suddivise per generi (I primi classici, la Fantascienza, Hitchcock, il Fantasy).
logo_buysoundtrax.jpgL’entrata in campo della Varèse smuove il mercato ed ha un benefico effetto-domino sull’industria discografica, anche perché nel frattempo il collezionista-tipo degli anni 60-’70, vagamente “carbonaro” e convinto di appartenere ad una minoranza antropologica a rischio di estinzione, ha invece compreso che il risveglio di interesse e il moltiplicarsi degli studi, delle iniziative, dei convegni, della pubblicistica sulla materia sta trasformando quella che sembrava inizialmente una cenerentola culturale in un soggetto polisemico, stratificato, in un architrave portante del linguaggio artistico del nostro tempo, ma soprattutto in un inesauribile contenitore di materiali, in un genere musicale che cela spesso, accanto a routine o banalità, degli inestimabili tesori di bellezza e di intuizione artistica: la cui conservazione su supporto (analogico, digitale) è a questo punto considerata un fattore decisivo oltre che per il piacere del puro ascolto anche sul fronte dello studio, della fruizione e trasmissione di un sapere prezioso, altrimenti destinato alla dispersione.
A partire dagli anni ’80 la proliferazione delle etichette discografiche di musica per film (a volte non solo, ma prevalentemente) è un dato di fatto che irrompe con prepotenza nel mercato. Nel 1977 nasce la Rhino Records, società del gruppo Warner, che – oltre ad attivare un circuito di compravendita dell’usato - si specializza in riedizioni di partiture sia cinematografiche che televisive: tra le sue “perle” spiccano, pubblicati come Rhino Movie Music, l’original soundtrack di Intrigo internazionale (North by Northwest, 1959, Alfred Hitchcock) di Herrmann e un doppio cd “Miklós Rózsa at MGM” uscito nel 1999 e dedicato alle più celebri partiture del maestro ungherese nel lungo periodo della sua collaborazione con la major. In Germania la Membran di Amburgo, partner Sony, sforna un’incredibile quantità di cd a bassissimo prezzo ma di eccellente qualità nei quali ripropone, nuovamente, le versioni originali di capolavori come Viale del tramonto (Sunset Boulevard, 1950, Billy Wilder) di Waxman o Madame Bovary (id., 1949, Vincente Minnelli) di Rózsa, quest’ultima peraltro già consegnata al mercato del vinile in una delle uscite della Elmer Bernstein Film Music Collection. In Gran Bretagna si attiva anche la Unicorn-Kanchana, fondata nel 1968 da John Goldsmith e distribuita da Harmonia Mundi, cui il nome logo_film_score_monthly.giffemminile Kanchana (nel buddismo, uno spirito delle nuvole e delle acque) fu aggiunto per distinguerla dalla Unicorn canadese: è questa etichetta a chiamare poco prima della sua morte Bernard Herrmann, a metà degli anni ’70, per fargli registrare sul podio della National Philharmonic l’integrale di Psyco (Psycho, 1960, Alfred Hitchcock); e per inciso sarà sempre la Unicorn a pubblicare, prima in vinile poi in cd, la sola edizione esistente dell’unica opera lirica scritta da Herrmann, “Wuthering Heights”, sotto la direzione del compositore stesso.
logo_colosseum.gifLa Milan Records viene fondata alla fine degli anni ’70 da Emmanuel Chamboredon e pur avendo sede a Los Angeles si allarga ben presto al mercato europeo, soprattutto in Francia, dimostrandosi molto attiva sul fronte della produzione contemporanea, con la pubblicazione di soundtrack di compositori come Hans Zimmer, Howard Shore, Jeff Danna, Angelo Badalamenti, Ryuichi Sakamoto, Michael Kamen e numerosi altri. Nel 1987 il tedesco Klaus Heymann, residente a Hong Kong, fonda la Naxos; l’etichetta, che prende il nome dall’isola dove secondo la mitologia Arianna venne abbandonata da Teseo alla mercè di Dioniso, assume come filosofia culturale quella di una ricerca accurata, persino di nicchia, delle meno note e più raffinate partiture del Novecento storico, affidando peraltro alla gemella Marco Polo il compito di esplorare, scoprire (il nome non è scelto a caso), restaurare, reintegrare e rieseguire (con la consulenza e la direzione d’orchestra del russo William Stromberg), nello specifico della musica per il cinema, sia grandi lavori di musicisti specializzati sia partiture filmiche di compositori classici del Novecento europeo come Arthur Bliss, Arthur Honegger, Jacques Ibert, Georges Auric o Ralph Vaughan-Williams. Nel primo caso viene alla luce in una versione smagliante e integrale, per non fare che un esempio, Le nevi del Kilimangiaro (The snows of Kilimanjaro, 1952, Henry King) di Herrmann; nel secondo caso possiamo riascoltare tra le altre, in versioni filologicamente accuratissime, le musiche di Arthur Honegger per I miserabili (Les misérables, 1934, Raymond Bernard), sotto la direzione dell’italo-svizzero Adriano, o di Ralph Vaughan-Williams per il documentario di guerra Coastal Command (1943, J.B. Holmes).
Dagli anni ’80 si registra un incremento notevole di etichette specializzate, che vendono i cd spesso direttamente sul web e in edizioni limitate (1.000, max 2.000 copie). Curioso notare come ciascuna cerchi di ritagliarsi un proprio spazio, un proprio target: la tedesca Kronos Records, di recentissima nascita, spazia fra epoche e compositori prediligendo i tragitti meno prevedibili e la musica per un cinema più autoriale e appartato (suoi un omaggio al giapponese Akira Ifukube e l’uscita di Giallo, il soundtrack di Marco Werba per l’omonimo film di Dario Argento, 2008, dalle note e avverse vicissitudini distributive e produttive); la spagnola Quartet Records è logo_lalalandrecords.jpgparticolarmente attenta al filone erotico e poliziesco italiani, ma non solo; la svedese MovieScore Media, fondata nel 2005 dal giornalista specializzato Mikael Carlsson, alterna pubblicazioni di musicisti emergenti legati spesso a piccole produzioni indipendenti con album di compositori più noti; la britannica Tadlow Music, fondata nel 2002 da James Fitzpatrick, punta sul recupero delle grandi partiture del passato affidate a orchestre di prestigio in sessioni di registrazioni che avvengono a Londra o a Praga (Exodus, id. 1960, Otto Preminger con musica leggendaria di Ernest Gold, per non fare che un esempio recente); la belga Prometheus Records, fondata da Luc van de Ven (l’editore del magazine “Soundtrack!”, che cessa le pubblicazioni nel 2004) è un’altra etichetta indipendente che ormai, come molte, lavora prevalentemente via web, dove il mercato è vivacissimo; altrettanto fanno la californiana BuySoundtrax.Com, dedita particolarmente alle musiche dei B-movies di ogni latitudine, e Film Score Monthly, che nasce nel 1992 negli Usa come rivista americana specializzata in materia di colonne sonore cinematografiche fondata da Lucas Kendall nel 1992 in formato cartaceo, si trasferisce on line nel 2005 in formato on-line e infine, mantenendo lo stesso marchio e lo staff creativo della rivista, a partire dal 1998 inizia a produrre a cadenza mensile una serie di compact disc di colonne sonore a tiratura limitata, con particolare attenzione a titoli delle cosiddette golden age (anni '40 - '60) e silver age (anni '70 e primi anni '80) di Hollywood e, solo raramente, di produzioni di provenienza anche europea; l’inglese Harkit Records è specializzata in jazz ma le si deve ad esempio l’edizione per il cinquantenario della partitura di Henry Mancini per Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany’s, 1961, Blake Edwards); l’indipendente francese Music Box Records si focalizza sulla produzione del proprio paese anche attraverso la pubblicazione di interessantissimi documentari in dvd su compositori come Georges Delerue, Maurice Jarre o Gabriel Yared.
L’era dell’mp3 e della musica via web (che spesso trasforma singoli individui e appassionati in produttori e venditori, come nei casi del Doug’s Corner o del Chris’ Soundtrack Corner) non confligge, anzi, con il consolidamento industriale del settore; che, tra gli anni ’80 e ’90, acquisisce le due new entries forse di maggior spicco, la britannica Silva Screen e l’americana Intrada, le quali oggi – insieme all’inossidabile Varèse – si spartiscono tranquillamente l’80% della produzione di oltreoceano. Caratterizzate da loghi molto significanti (una scritta scolpita su pietra in stile peplum per la prima, una pellicola che si rispecchia in un pentagramma per la seconda), queste due label puntano – specie la logo_intrada.jpgIntrada – sul ripristino delle versioni originali, sul restauro e la rimasterizzazione, sugli inediti, sull’interpretazione affidata a direttori e orchestre specializzate come Nic Raine e la Filarmonica di Praga o Joel McNeely e la Royal Scottish National Orchestra.
In Italia l’offerta è proporzionata alla domanda, cioè limitata; ma molto attiva ed entusiasta. Poche, cioè, ma prolifiche le etichette di settore. A parte la già citata Rca e le sue ramificazioni, il mercato è stato per decenni dominato dalle storiche GDM Music di Gianni e Paolo Dell’Orso, la Beat Records della famiglia De Gemini, la Cinevox Record, fondata a metà degli anni ’60 dal gruppo Bixio, e dalla CAM, creata dalla famiglia Campi editrice di Tv Sorrisi e Canzoni, cui si aggiunse successivamente la DET (Discografica Editrice Tirrena); se conosciamo quasi tutto di maestri come Ennio Morricone, Riz Ortolani, Piero Piccioni e altri compositori storici del nostro cinema lo dobbiamo a queste etichette. Oggi label come RadioFandango e Emergency consentono il riascolto di alcuni tra i nostri migliori musicisti cinematografici contemporanei, come Teho Teardo o Franco Piersanti, mentre la collana Setteottavi di Raitrade ha pubblicato molte partiture scritte per la televisione. A queste, e ad altre, va ad aggiungersi, in tempi più recenti, l’infaticabile Digitmovies Alternative Entertainment, allocata a Pescara e nata sin dagli anni ’90 come motore di produzione e promozione del cinema giovane all’insegna delle nuove tecnologie; dal 2003 la Digitmovies vara la collana Digitsoundtracks, che si dedica con un pazientissimo lavoro di ripristino e recupero dei master originali (prevalentemente conservati negli archivi CAM) alla riproposta delle partiture musicali dei B-movies italiani, siano essi erotici, western, peplum, commedie scosciate, horror, thriller o poliziotteschi. logo_soundtrack_collector.gifTra le  uscite un doppio cd dedicato a Stelvio Cipriani e alla sua collaborazione con Mario Bava: Ecologia del delitto, Gli orrori del castello di Norimberga e Cani arrabbiati (1971, 1972 e 1974).
Tutta questa elencazione non ha ovviamente pretese di esaustività (può constatarlo chiunque faccia una visita al sito fondamentale per essere aggiornati sulla materia, www.soundtrackcollector.com, con sede in Belgio) ma è forse utile a chiarire quale è stata l’evoluzione di questo mercato nei decenni e soprattutto quali sono divenuti i suoi scopi e i suoi obiettivi di riferimento. È troppo noto perché ci si debba dilungare che la dizione “original motion picture soundtrack” è spesso ingannevole: rarissimamente, per non dire mai, ascoltiamo su disco la musica di un film esattamente così come essa si ascolta nel film medesimo. Ascoltiamo piuttosto la registrazione di quella stessa musica ad uso discografico e con la benedizione dell’autore. Ascoltiamo, cioè, qualcosa di “altro” e nello stesso tempo di contiguo al prodotto filmico, che di quella musica è la sorgente primaria. Più trasparente è la dicitura “music from and inspired by”, che spesso mescola in compilation molto acclamate brani di partitura di commento a canzoni di livello più o meno interno (accade, ovviamente, soprattutto con un certo genere di film). Ma è la dizione “original score” quella, che in tempi recenti, è forse la più interessante. Proprio etichette come la Intrada o la Silva Screen, ma anche la Tadlow e la stessa Varèse, hanno infatti adottato da anni una strategia culturale di scrupoloso, filologico recupero delle partiture scritte, dei singoli “cues”, dei brani anche originariamente scartati, delle versioni alternative di logo_kronos.gifun medesimo brano, per affidarle poi a moderni esecutori (con orchestre e direttori spesso di livello squisitamente concertistico e classico) in quella che potremmo chiamare una politica dell’”edizione critica”. Al di là della stabilizzazione di un settore nel quale ormai si può dire che ben difficilmente un soundtrack non trovi anche un’edizione discografica, meritevole o no che ne sia (il procedimento è diventato ormai una specie di automatismo industriale: esce il film e insieme anche il cd), è proprio questo aspetto recuperativo e di ripristino (pensiamo ai casi delle partiture rigettate, quindi mai ascoltabili e valutabili rispetto a quelle che le hanno sostituite, se non grazie al disco), unitamente alla possibilità di tracciare anche un inizio di storia dell’interpretazione della musica per film, a risultare il più interessante e meritorio: compositori come Bernard Herrmann o Nino Rota, ma anche John Williams e Jerry Goldsmith, beneficiano ormai attraverso il supporto discografico di più riletture, più versioni, più interpretazioni delle proprie partiture, a firma di direttori che si chiamano Riccardo Muti, Zubin Mehta o Esa Pekka-Salonen. Il disco ha dunque sancito la “classicità” della musica per film puntando ad un suo probabilmente impossibile ma pure auspicabile salto di qualità da musica “applicata” a musica “assoluta” (usiamo i due termini convenzionalmente, consapevoli dei loro limiti logo_gdm.jpgsemantici).
Pertanto, anche alla luce della fragilità intrinseca del patrimonio cinematografico, della facilità o faciloneria con le quali la stessa industria del dvd ne manipola elementi fondamentali, soprattutto sul fronte del sonoro, e preso atto dell’evoluzione di una civiltà dell’ascolto dai tempi del vinile a 78 giri della Fonit in cui Peggy Lee cantava “Johnny Guitar” all’era contemporanea della musica
on-line, possiamo dire che il ruolo di preservazione, conservazione, divulgazione e trasmissione che l’industria discografica ha svolto e svolge nei confronti dell’immenso – quantitativamente - patrimonio della musica per il cinema, è un ruolo culturalmente fondamentale e insostituibile.


























A questo link un elenco completo di siti di e-commerce e di critica sulla musica per film:
http://www.colonnesonore.net/extra/1m1-blog/2743-lista-dei-siti-di-musica-per-film-italiani-e-stranieri-.html

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