A scuola di colonne sonore

A scuola di colonne sonore
Una panoramica sulla didattica nel campo della Musica per Immagini

Gli amanti delle colonne sonore, siano essi addetti ai lavori o puri estimatori del genere, non possono che essere entusiasti della crescente attenzione che il mercato, anche italiano, sta dedicando al mondo dell’Ottava Arte. Eppure, solo pochi anni fa, sarebbe stato impensabile confessare apertamente al proprio insegnante di composizione di volersi dedicare a questa attività professionale, senza suscitarne lo scherno e l'ilarità. E sarebbe stato piuttosto difficile anche poter assistere ad un’esecuzione orchestrale dal vivo (magari con proiezioni video) di blockbuster musicali come quelli composti da John Williams, Howard Shore, Alan Silvestri o James Newton Howard...

Un entusiasmo che sta coinvolgendo anche il mondo della formazione, pubblica e privata, accademica e tecnico-professionale, che vede un’offerta sempre più ricca di corsi, seminari, workshop, masterclass e lauree di primo e secondo livello nell’ampio e omnicomprensivo ambito della “musica per immagini”. Sembrano davvero lontani i tempi in cui il maestro Nino Rota doveva derubricare bonariamente come “dode-cafòne” chi, tra gli accademici del panorama musicale degli Anni Cinquanta, vedeva come improvvida la nomina di un compositore così “commerciale” a direttore di un Conservatorio di Musica. Oggi, quasi tutti i conservatori d’Italia organizzano corsi specialistici, anche in forma di brevi seminari o masterclass, che trattano l’articolata materia della musica per film. In alcuni di essi, per giunta, viene offerta la possibilità di affrontare un corso pluriennale (di primo o secondo livello) specializzato nel campo della musica applicata (termine discutibile, tuttavia molto in voga).

La corsa (che sarebbe quasi più opportuno definire “rincorsa”) all’attivazione di tutta questa serie di iniziative didattiche merita certamente il plauso e la soddisfazione sia di chi ambisce ad approfondire questi argomenti per indirizzare la propria carriera professionale, sia di chi già da anni lavora nel settore e vede finalmente riconosciuto il proprio mestiere come materia degna di vestire toga e tocco. Rincorsa, si diceva, perché rispetto all’esperienza formativa di altri Paesi, come ad esempio il Regno Unito o gli Stati Uniti d’America, il ritardo italiano nell’offrire percorsi didattici musicali in forma di veri e propri corsi universitari è di ben oltre mezzo secolo. Basti pensare che Arnold Schönberg, in fuga dall’ascesa nazista in Europa, prese ad insegnare composizione sia alla University of Southern California (USC), sia alla University of California, Los Angeles (UCLA): era il 1934. Non che i Conservatori italiani offrissero, nella stessa epoca, una formazione meno valida. Tutt’altro. Tuttavia meriterebbero uno specifico approfondimento le implicazioni sociologiche che l’assenza di un riconoscimento universitario nei confronti della formazione musicale (e artistica in generale) abbia avuto nella mancata percezione della musica e dell’arte come forme di lavoro riconosciute con uguale dignità di altri percorsi di studio, dalla letteratura al diritto, dalla fisica all’ingegneria.

Se da un lato, dunque, non si può che incoraggiare questa crescente tendenza, dall’altro è necessario accendere un riflettore per evidenziare l’incompletezza didattica di molti corsi, l’inadeguatezza strutturale di troppi enti formativi o la scarsa preparazione di alcuni docenti che, troppo spesso, finiscono per definirsi esperti dell’argomento in virtù di un sistema totalmente autoreferenziale che genera e giustifica se stesso in assenza di un metodo  neutrale che consenta valutazioni oggettive. Per gli aspiranti compositori, diventa pertanto fondamentale capire quali elementi aiutino a comprendere la effettiva fondatezza di un corso, la preparazione di un docente, l’esperienza di un professionista e, di conseguenza, a operare scelte oculate che non si lascino condizionare troppo dalle qualità sbandierate nei vari annunci pubblicitari che affollano le bacheche dei nostri social network. Nonostante tracciare delle linee guida non sia semplice, cercheremo qui di passare in rassegna almeno alcuni dei parametri fondamentali che un corso dovrebbe avere, offrendo alcuni criteri basilari in base ai quali fare delle valutazioni influenzate il meno possibile da fattori emozionali, dall’aggressività del marketing o perfino dall’aspetto grafico degli annunci pubblicitari.

Numero dei docenti: “more is more!”
La musica per immagini è una professione multidisciplinare, in cui il compositore è chiamato a gestire, specie nelle produzioni con budget più limitati, un’innumerevole serie di mansioni in ambiti anche molto diversi tra loro facendo affidamento sulle sue sole competenze. Ma anche in contesti finanziariamente meno restrittivi, quando il compositore ha la possibilità di circondarsi di assistenti che lo coadiuvano nell’attività produttiva, avere contezza di ciascun ambito permette al compositore di poter organizzare meglio il proprio lavoro in tutte le sue fasi. Ad esempio, un compositore può anche non saper programmare sequenze in un software di produzione musicale, ma deve avere consapevolezza di ciò che quello strumento può realizzare, con quali tempi e con quale livello di dettaglio.
Produrre una colonna sonora, oggi, richiede competenze musicali, armoniche, orchestrali, informatiche e tecnologiche, tecniche e cinematografiche. È umanamente impossibile (o piuttosto raro) che un solo docente sia in grado di offrire una preparazione dettagliata e specifica in ciascuno di questi ambiti. Per lo meno, non se si vuole affrontare ciascuna materia in tutte le sue specificità. Certamente, può esistere un corso “monografico”, che magari affronta uno solo di questi argomenti. Ma fuggite a gambe levate dinanzi a un corso, specie se puramente online, dove un singolo docente si propone di insegnare tutte queste materie in dettaglio.

Esperienza dei docenti
Dato che si tratta di un argomento delicato, è meglio fare subito una precisazione a scanso di equivoci. All'insegnamento si dedicano generalmente due figure: l'accademico (o insegnante di professione) e il professionista prestato all'insegnamento. Se al primo per ovvie ragioni sono richiesti soprattutto titoli accademici, il secondo dovrà invece esibire piuttosto le numerose medaglie conquistate sul campo. Neanche a dirlo, sulla base dei curriculum dei docenti che troviamo nelle varie inserzioni on line, ci parrebbe sempre di trovarci di fronte a grandi luminari o a professionisti di esperienza assoluta. In molti casi sarà anche vero, ma un rapido controllo non guasta. Soprattutto quando una cosa comincia ad andare di moda (ed è questo il caso di questi corsi) il rischio di imbattersi in corsi di dubbio valore e utilità, è più che reale. L’espressione “award-winning composer”, ad esempio, è ormai più abusata della Nutella nelle ricette casalinghe. Una ricerca più approfondita attorno al nome dell'insegnante ci aiuterà quindi a filtrare l’esperienza riconosciuta da quella dichiarata. Sebbene non vadano presi come la Bibbia, per nostra fortuna esistono in questo settore diversi adeguati strumenti di approfondimento come IMDb.com, Internet Movie Database, che raccolgono a livello mondiale tutte le informazioni riguardanti le produzioni di film e videogame trascorse, correnti e imminenti. Quindi, se un docente (soprattutto professionista pluridecorato e award-winner) dichiara un certo tipo di esperienze, dovreste trovarle certificate su uno di questi portali. Ragione vorrebbe che, così come un accademico senza alcun titolo accademico non potrà essere considerato tale (salvo rarissime eccezioni) un professionista che non vanti alcun credito professionale, difficilmente potrà essere considerato tale. Ovviamente, oltre a questi strumenti web di indagine, esistono copie fisiche dei lavori composti (dvd, cd e altro), messe in onda televisive con tanto di nominativo nei titoli o relative documentazione SIAE che attestino i lavori svolti.
Tuttavia, ci teniamo a precisare che:
1- Certamente esistono anche altri aspetti, altrettanto importanti, che sono difficilmente valutabili sulla carta. Ad esempio, l’efficacia di esposizione di un insegnante non ha quasi mai una relazione diretta con la sua preparazione. È esperienza comune che, in un corso universitario, possano capitare docenti che, pur essendo luminari nel proprio campo professionale, dimostrano capacità espositive più vicine allo stato neurovegetativo che alle qualità dialettiche minime richieste a un bravo insegnante.
2- Vero anche che un docente può essere spesso preparato al di là della sua esperienza professionale sul campo, rivestendo piuttosto il ruolo di tecnico o di accademico puro. Tuttavia accorre precisare che, soprattutto nel campo della musica per immagini, non stiamo parlando della semplice trasmissione di concetti astratti. Qui si parla di mestieri che vengono trasmessi agli studenti in modo efficace, soprattutto se il docente è abituato lui stesso a misurarsi quotidianamente sul campo.
3- Occorre chiedersi: se qualcuno pretende di insegnarci a orchestrare in modo cinematografico, non sarebbe lecito pretendere che lo abbia fatto già, almeno una volta, almeno per un film? E se qualcuno vuole insegnarci come scrivere una partitura orchestrale o preparare le parti da consegnare ai musicisti che dovranno registrarle, non dovrebbe averlo fatto almeno una volta per un film, un cortometraggio o un videogioco qualsiasi? Non si pretende che tutti i docenti abbiano lavorato per l’ultimo blockbuster uscito al cinema. Semplicemente che, soprattutto nel campo della musica applicata, abbiano applicato loro stessi la loro musica, formandosi un'esperienza diretta del contesto professionale soprattutto oggi che il compositore tuttofare è chiamato a svolgere mille ruoli e a interagire con figure tecniche di vario titolo.



“Location, location, location”
Inoltre è certamente necessario prestare particolare attenzione alla location in cui verrà tenuto il corso. Che venga organizzato da un ente statale come un Conservatorio, una Università o da una società privata, un corso che si candidi ad affrontare proficuamente l’argomento della musica per immagini, non dovrebbe mai esimersi dal mettere a disposizione degli allievi un laboratorio di produzione che possa essere utilizzato durante lo svolgimento del corso. Il principio è antico quanto la massima di Confucio: “Se ascolto, dimentico. Se vedo, ricordo. Se faccio, capisco”. Meglio ancora se con postazioni da utilizzare singolarmente o a gruppi di due allievi. Tanto più che, al costo attuale della tecnologia informatica, l’assenza di questo requisito ci offre già un chiaro indicatore di quanto scarso sia stato l’investimento a copertura del corso. Dopotutto, è ovvio che la composizione, soprattutto per i media, non è una materia che si presti a uno studio esclusivamente teorico, ma è fatta per un buon 80% di pratica sul campo. Dunque, non esitate a chiedere informazioni a riguardo, prima di iscrivervi a qualsiasi corso e se le informazioni sul sito sono offerte in modo poco chiaro, fate domande specifiche e valutate la qualità e la precisione delle risposte che ricevete. Se il corso è puramente online – e ce ne sono di ottimi – è ovvio che vi verrà detto quali sono le dotazioni necessarie per poter seguire le lezioni in modo efficace. In questo caso, avete di solito la possibilità di valutare la bontà del corso con una lezione gratuita.

Referenze, testimonianze, consigli
Se c’è una grande ricchezza che può essere attribuita alla rete, è l’enorme capacità di condividere opinioni ed esperienze. Siti come TripAdvisor o Yelp ci hanno abituato a valutare la qualità di un servizio attraverso le recensioni di chi ne ha già usufruito. Anche qui, non si tratta certo della Bibbia ovviamente, tuttavia la chiave, in questo senso, è la neutralità del sito che raccoglie queste recensioni. Quando ci imbattiamo in un corso e siamo interessati ad approfondire la bontà della sua offerta formativa, non ci possiamo accontentare di leggere le recensioni che troviamo sul sito che ospita o promuove il corso. Chi mai pubblicherebbe una recensione negativa sul proprio stesso conto? Inoltre, al di là della virtualità, un parametro fondamentale per confutare la scelta di un corso professionale da seguire, è certamente l'esito lavorativo che, nel tempo, i suoi allievi hanno maturato a partire da quegli insegnamenti. Che lavoro fanno ora queste persone? Sono professionisti impiegati come abili tecnici (fonici, assistenti, collaboratori a vario titolo), sono liberi professionisti nel settore creativo (compositori, arrangiatori, orchestratori, soundesigner) o girano piuttosto gli hamburger a Londra o in qualche altro presunto paradiso del film scoring? Esiste, infatti, spesso la tendenza, soprattutto tra ragazzi molto giovani, a persuadersi della bontà di una scelta in base a strani criteri di valutazione, spesso legati anche all'insicurezza di puntare direttamente al top o strane dissonanze cognitive che ci spingono a verificare se un prodotto sia buono veramente, dopo averlo acquistato. Oltre ad allargarci dunque cercando in forum e gruppi di discussione sull’argomento (ponendo noi stessi la questione se nessuno lo ha già fatto) chiedendo specificamente se qualcuno ha già frequentato il corso e vuole condividere la sua esperienza. Oppure, più semplicemente, chiediamo a qualche esperto un parere disinteressato. Fin troppo spesso, infatti, ci troviamo difronte a corsi di musica per film che, nella loro assoluta mancanza di dettaglio e struttura, sono ai limiti della millantazione più pura e semplice. Di recente, ad esempio, ci siamo imbattuti in un corso, puramente on line, che sul proprio sito suffragava la preparazione dell’unico docente, elencando tra i suoi titoli di spicco una non meglio specificata “licenza triennale di conservatorio”: l’unico titolo che corrisponde a questa descrizione è la licenza in teoria, solfeggio e dettato musicale che, essendo la base di partenza di ogni studio musicale accademico, viene conseguita solitamente in giovanissima età.



E se anche fosse, Quo Vadis?
Poniamo qui una questione generale che investe di responsabilità le accademie che promuovono corsi di film scoring o simili. Anche ammesso che questi corsi siano tutti fantastici e di grande qualità, si porrebbe a maggior ragione il dilemma di dove collocare tutti questi studenti nel mondo del lavoro. Esiste davvero un mercato pronto per assorbire tutte queste figure professionali? Tutti questi compositori per film? Molti docenti la risolvono un po' semplicisticamente consigliando ai ragazzi di andare all'estero... Ma se negli altri paesi queste scuole esistono ormai da decenni, è del tutto evidente che esportare talenti non è poi così semplice, al contrario di quanto una certa retorica esterofila (alimentata da rubriche in stile colonia extramondo di Blade Runner) vogliano farci credere. Quindi, tralasciando corsi privati o piccole scuole, la bontà di un corso deve essere valutata anche dal tasso di responsabilità che la struttura si assume nel dare agli studenti la possibilità di inserirsi professionalmente in contesti lavorativi sani, già durante la permanenza di studio. Stage, incontri e partnership con aziende e realtà produttive serie dovrebbero essere la norma per preparare ed inserire gli studenti. Diffidiamo almeno un po' di chi dice: “Beh, noi li prepariamo, poi tocca a loro cavarsela”. Con questo ragionamento (e grazie a programmi didattici con le ragnatele) Conservatori ed Università italiane hanno continuato a sfornare per anni figure specializzate in campi già morti e sepolti da anni.

Più artigiani, meno artisti.
E così ci colleghiamo a un secondo aspetto, strettamente correlato al precedente. In questa fase storica, può essere sensato prediligere corsi che diano una formazione tecnica importante, salda e sicura. Attorno ad ogni grande compositore, gravitano tante figure tecniche satellite, che costituiscono quindi la maggior parte delle figure professionali occupate in ambito musicale. È un po' come in un'orchestra: se si sceglie il violino, si hanno più possibilità di entrare che se si sceglie la tuba. Dunque che senso ha pensare di sfornare dieci Morriconi l'anno, quando servono assistenti, fonici, tecnici del settore, soundesigner per film e videogame, orchestratori, produttori, editori, etc.? Molti storceranno il naso asserendo che seguire il mercato è una resa o un fatto del tutto negativo. Magari è vero, ma allora dove sono i grandi compositori che hanno sfornato in questi decenni? Dove lavorano? Cosa fanno?



Meglio tardi che mai?
Infine, nel chiudere il cerchio, a volte sembra che questa corsa all'oro, intrapresa tardivamente da molte italiche strutture, sia in troppi casi più un far di necessità virtù che una reale consapevolezza didattica socio-economica. Insomma questa improvvisa conversione lascia ragionevolmente qualche domanda aperta. Se poi si pensa che spesso il personale che oggi incensa le nuove tecnologie, fingendo con rara capacità attoriale di averle sempre sostenute, è lo stesso che solo sei o sette anni fa considerava la musica per film alla stregua del piano bar (e non sapeva neppure dell'esistenza della musica per videogame), un dubbio è più che legittimo. In questo senso, affidarsi a un docente significa anche consegnarsi alla sua storia; fondamentale capire se la sua biografia è coerente, se sia stato folgorato sulla via di Damasco o se, nel terrore di essere folgorato e basta, si sia convertito improvvisamente a qualche nuova religione che prima osteggiava in modo totale.

Stampa