22 Giu2015
Addio James Horner
Addio James Horner
Una tragedia dell’aria, come in una delle tante sequenze d’azione che aveva musicato, si è portata via James Horner, uno dei massimi compositori cinematografici contemporanei, premio Oscar per Titanic e autore di autentici capolavori come Braveheart, Deep Impact, Il nome della rosa, Il nemico alle porte e decine d’altri L’incidente è avvenuto ad una sessantina di miglia da Santa Barbara, nella California del Sud. Horner, appassionato pilota, si trovava ai comandi di un aereo monoposto da turismo registrato a suo nome, che alle 9.30 di lunedì si è schiantato sulla foresta nazionale di Los Padres. A bordo dell’aereo non vi erano altre persone. Horner avrebbe compiuto 62 anni il prossimo 14 agosto.Californiano di Los Angeles, cresciuto in una famiglia colta (il padre Harry era scenografo e anche regista: il suo film più celebre è lo psycothriller La jena di Oakland, del ’52) Horner aveva iniziato a suonare il pianoforte all'età di cinque anni. A Londra aveva frequentato il Royal College of Music e successivamente la Verde Valley High School a Sedona, in Arizona. La laurea in musica l’aveva conseguita presso la University of Southern California, guadagnando un master e iniziando a lavorare presso l'University of California, a Los Angeles, dove ha studiato con Paul Chihara. Dopo vari incarichi all’American Film Institute nel 1970, Horner aveva terminato il suo insegnamento di teoria musicale alla UCLA e cominciato ad occuparsi di colonne sonore nel ’79, con lo score per The Lady in Red. Da allora la sua è una carriera in rapidissima e costante ascesa, dapprima sotto l’ala produttiva di Roger Corman, il re del “low budget”, poi sotto quella ben più impegnativa di Steven Spielberg, per la cui Amblin Entertainment Horner scrive una serie di partiture per film d’animazione come Alla ricerca della valle incantata, Casper e Quattro dinosauri a New York. Lo stile di Horner si precisa sin da queste prime fatiche: è evidente il debito verso la grande tradizione cinemusicale hollywoodiana degli anni ’40 e ’50, soprattutto nel suo coté neoromantico (quanto dire Miklòs Ròzsa e Alfred Newman), ma è altrettanto incalzante una pulsione modernista insistente e insopprimibile: ne risulta un linguaggio caratterizzato da melodie ampie e toccanti, a volte struggenti, con una facilità leitmotivica pressoché unica fra i colleghi della sua generazione, e contemporaneamente attraversato da violentissime dissonanze, esplosioni percussive, accesi contrasti dinamici e continui omaggi soprattutto al repertorio russo del ‘900 (da Sostakovich a Stravinsky a Kachaturian), che sembra suggestionarlo particolarmente.
Lo mettono particolarmente a suo agio generi come la fantascienza avventurosa (Star Trek II: l’ira di Khan, 82, Nicholas Meyer) o quella romantico-intimista (Cocoon l’energia dell’universo, 85, Ron Howard), ma tutta la sua cultura e perizia emergono anche in partiture apparentemente minori come Benedizione mortale (81, Wes Craven), con la minacciosa rielaborazione corale del Dies Irae, o Qualcosa di sinistro sta per accadere (83, Jack Clayton), curioso esempio di horror-thriller prodotto dalla Disney. Nell’86 Horner incontra il regista con cui intreccerà una stretta collaborazione, Jean-Jacques Annaud: Il nome della rosa, dal bestseller di Umberto Eco, è ancora una partitura di raffinate citazioni e sublime concezione formale, cui seguiranno il sensazionale Il nemico alle porte (2001), dove gli echi sostakovichiani sono fortissimi, Il principe del deserto (2011) e il recentissimo L’ultimo lupo, dalle colorature liriche ed elegiache. Ma nel frattempo la popolarità di Horner è schizzata a livelli planetari con “la madre” di tutti i campioni d’incasso, quel Titanic di James Cameron (con cui aveva già collaborato in Aliens – Scontro finale, 86, creando una partitura di agghiacciante, modernissima efficacia) che nel ’97 gli varrà ben due Oscar, per lo score, e per la canzone “My Heart Will Go On” resa celebre da Céline Dion. Proprio nella partitura per questo kolossal d’amore e morte Horner esplica al massimo il proprio dualismo: da un lato un tematismo fluente, irresistibile, ultraromantico e di felicissima inventiva, dall’altro lo scatenamento orchestrale di energie compresse e dirompenti, attraverso alcuni stilemi che sono divenuti il suo marchio di fabbrica, come le dissonanze percussive discendenti del pianoforte o i gruppetti di note di legni e ottoni. All’ombra di questo successo senza precedenti (Titanic rimane il soundtrack più venduto di ogni epoca) sfilano però altre partiture di tutto rilievo come il brillantissimo Le avventure di Rocketeer (91, Joe Johnston) e soprattutto Braveheart – Cuore impavido (95) di Mel Gibson: per il regista-attore Horner aveva già elaborato uno score minimalista e sommesso con L’uomo senza volto (93) ma per il kolossal dedicato alle imprese dell’eroe nazionale scozzese William Wallace il compositore attinge ad un altro dei propri forzieri prediletti, quello della musica celtica e del patrimonio popolare nordeuropeo. Un repertorio cui Horner guarderà spesso, anche in film apparentemente distanti per argomento e contesto, come Vento di passioni (94, Edward Zwick) o La tempesta perfetta (2000, Wolfgang Petersen): in realtà Horner a cavallo degli anni Duemila, diviene il musicista di elezione per blockbuster di ogni ordine e grado (Troy, 2004, ancora di Petersen o The Legend of Zorro, 2005, Martin Campbell) cercando e trovando, in ciascuna occasione, fonti e spunti di citazione, riferimento, omaggio ai più disparati repertori e alle più svariate “libraries” musicali; non senza, beninteso, cadere talvolta in qualche manierismo. Al punto che le sue cose migliori vanno ricercate a volte tra le pieghe nascoste di una filmografia che si fa via via più densa; come nel “catastrofico” Deep Impact (98, Mimi Leder) che contiene forse uno dei suoi più bei temi in assoluto, o The Forgotten (2004, Joseph Ruben), score di risonanze misteriose e rarefatte, o The New World – Il nuovo mondo (2005, di quel genio solitario che è Terrence Malick), ancora una partitura che traspira erudizione e suggestioni etniche lontane. Se Avatar (2009, Jim Cameron) bissa (ma non con gli stessi esiti qualitativi) il successo mondiale di Titanic, tanto che per il musicista si parlava già di due sequel, e Il bambino col pigiama a righe (2008, Mark Herman) è il commovente tributo del compositore alla tragedia della Shoah, The Amazing Spider-Man (2014, Marc Webb) è una fragorosa irruzione nel mondo del comic-movie, arricchita da una serie di invenzioni strumentali e ritmiche travolgenti (ma Horner rifiuterà il sequel, nel quale subentrerà Hans Zimmer) mentre sono purtroppo destinate ad uscire postume le partiture per Southpaw, di Antoine Fuqua, melodramma sportivo sull’ascesa e caduta di un pugile, e The 33 di Patricia Riggen, sul dramma minerario avvenuto nell’agosto del 2010 a San Josè, in Cile, quando 33 minatori sono rimasti intrappolati nel crollo di una galleria e sono stati salvati solo dopo oltre due mesi.
Completamente assorbito dalla composizione cinematografica (in 36 anni la sua filmografia conta 158 titoli), Horner aveva trovato tuttavia il tempo, recentemente, di dedicarsi anche ad altro: erano nati così “Flight”, partitura che oggi suona tristemente premonitoria, dodici minuti di spettacolari evoluzioni orchestrali dedicate ai piloti acrobatici dei P-51; “College”, un concerto per quattro corni eseguito la prima volta alla Royal Festival Hall di Londra nel marzo scorso, e soprattutto il recente “Pas de deux”, doppio concerto per violino, violoncello e orchestra commissionato dalla Royal Liverpool Philharmonic ed eseguito, nonché inciso, dal duo Mari e Hakon Samuelsen sotto la direzione di Vasily Petrenko: un lavoro di estrema sottigliezza e qualità di scrittura, dall’impronta neoclassica, con echi della musica europea che vanno da Gustav Holst a Henryk Gorecki, da Britten a Ralph Vaughan Williams, nella ricerca di un lirismo trasparente, pacato e così lontano dalla arroventata scrittura di tante sue partiture filmiche.
Una perdita, quella di James Horner, irreparabile per la cultura musicale del nostro tempo e per la musica cinematografica; un vuoto che sarà possibile colmare solo in parte con il riascolto e l’analisi delle sue partiture, come Colonne Sonore si ripromette di fare in un prossimo futuro.
Se volete leggere un contributo cinefilo sul compianto James Horner leggete l’articolo al seguente link:
http://www.cineavatar.it/news/addio-a-james-horner-il-compositore-premio-oscar-dal-talento-titanico/