“Una grande lezione di musica per film” – Parte Ventiduesima

 

“Una grande lezione di musica per film” – Parte Ventiduesima

Colonne Sonore è instancabile nel regalare risposte, ci auspichiamo approfondite, alle varie mail di giovani lettori che studiano composizione e che anelano un giorno diventare compositori di musica per immagini, facendosi sostenere da coloro i quali lavorano in prima persona nell’Ottava Arte, componendo musica applicata: i compositori di Film Music hanno risposto a sei domande che la nostra redazione ha considerato meritevoli e apprezzabili sul come divenire autori di musica per film.
Ecco a voi la ventiduesima parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei identiche domande a cui molti compositori italiani e stranieri hanno dato risposta per aiutare i futuri giovani colleghi che si paragoneranno con la Settima Arte e la sua musica:

Domande:

1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?



Antonio Di Iorio (compositore di Il Viaggio, Life in Between e additional composer per The Dark Tower e Tomb Raider)

1) Innanzitutto va premesso che spesso e volentieri il compositore non gode di piena libertà creativa e d’espressione, ma deve giustamente "accontentare" le richieste di registi e produttori i quali, succede a volte, può capitare che siano anche in disaccordo tra loro, il che comporta una notevole difficoltà nel bilanciare le richieste degli uni e degli altri. Detto ciò, il prima passo che faccio ogni volta che approccio un film, un progetto nuovo, è leggere logicamente la sceneggiatura, dialogare con i creatori del film (regista, produttori) e studiare a fondo ciò che desiderano per il loro film. Il primo meeting quindi serve quasi sempre a creare il cosiddetto spotting notes, con l’ausilio soprattutto di un music editor, durante il quale viene stilato il cue sheet dove sono riportati i cue (brani musicali) da comporre, il TC (time code) e la durata di ogni singolo cue. Una volta capito cosa il regista desidera, si sceglie la tavolozza di colori sonori che si vogliono usare, quasi sempre orchestra con aggiunta di sound design ed elettronica. Di lì a breve si inizia a comporre un main theme, nel caso in cui lo vogliano, e poi altri demo da sottoporre all’attenzione degli addetti ai lavori. Una volta approvato il linguaggio e il timbro musicale da parte del regista, si procede a scrivere brano per brano, cue per cue, l’intera score. Ovviamente una volta inviato un cue bisogna essere sempre pronti a ricevere note su note per migliorare i dettagli, ma questa è la prassi.

2) Diciamo che la questione in base al mio punto di vista è molto semplice. A prescindere se si ha a disposizione un budget cospicuo, almeno per potersi permettere la registrazione con orchestra in studio, a mio avviso il compositore di musica da film oggigiorno deve assolutamente disporre dei mezzi necessari di maggior qualità possibile. E questo esigo anche da me stesso. A livello software, hardware e di logistica desidero stare sempre a passo con i tempi. Dispongo di un computer più che potente ed affidabile, impianto audio professionale (non scendo nei dettagli), di una nutrita libreria di suoni, siano essi orchestrali, elettronici e di sound design, di qualità più elevata possibile. Come software DAW utilizzo Logic e Cubase, dipende dai progetti, e Pro-Tools ovviamente come synch con immagini e audio editor, e come programma di notazione Finale. Questo al fine di poter realizzare dei Mock-up (campionamenti dei brani che si compongono) i più veritieri e realistici possibili, per poi sottoporli all’attenzione di regista e produttori. Quello che voglio ottenere è un prodotto di alto livello al fine di essere altamente professionale e di far sentire nel miglior modo possibile la propria musica a coloro che poi devono giudicarla per inserirla nel proprio film. Questo, ripeto, a prescindere dal fatto se si abbia un’orchestra o meno. Il punto è che soprattutto nei tempi moderni bisogna sempre realizzare il miglior mock-up possibile, anche se poi si ha a disposizione l’orchestra. Il regista vuole sempre ascoltare la realizzazione musicale, non vuole avere sorprese poi in studio di registrazione. Per questo, bisogna essere molto preparati non solo nella composizione musicale, ma anche nella programmazione midi. Spesso e volentieri quest’ultima richiede più tempo della fase compositiva stessa. Ma con la pratica ci si velocizza moltissimo. Oggi giorno riesco infatti a comporre e programmare sui 4-6 minuti di musica al giorno, finiti.

3) Prima cosa, dopo aver letto la sceneggiatura, dopo aver parlato col regista, dopo aver realizzato il cue sheet e spotting notes, si va ad "attaccare" il film sentendo come sottofondo musicale la famigerata temp music montata dai music e picture editor del film, l’importante, per me, è che non si ascolti più di una volta (a volte addirittura meglio non ascoltarla affatto). Questa spesso si rivela come un’arma a doppio taglio, perché a volte capita che registi e produttori si affezionano a tal punto alla temp music che non danno via di scampo ad altre scelte. Ed è qui che come compositore devo saper sfoggiare tutta la maestria nel "vendere" la mia arte, la mia musica, facendo discorsi che portano i filmmakers a capire che posso realizzare una colonna sonora migliore della temp music, al fine di valorizzare il loro film e renderlo unico. Ma nella maggior parte dei casi è abbastanza semplice invece il percorso. La temp music la prendo in considerazione solo come linea guida, come una lanternino che indica il tipo di feeling che i creatori del film vogliono comunicare. Spesso è musica che non c’entra granché con le immagini, spesso sono brani assemblati tra loro e quindi vanno presi per quelli che sono: guide, mere indicazioni. Altre volte invece vado a scrivere tutt’alta cosa rispetto alla temp, capendo che è la soluzione migliore per valorizzare la scena in questione. L’importante è che quando vado a mostrare il mio lavoro devo far di tutto per valorizzare ciò che ho creato portando a mio favore argomentazioni che giustifichino e rafforzino la scelta musicale fatta. Insomma, in taluni casi si deve svolgere un’attività più da psicologo che da musicista. Comunque, per quanto riguarda il mio processo personale, io adoro comporre ed orchestrare allo stesso tempo. Nel senso, quando scrivo non lascio nulla al caso, adoro scrivere a parti reali, senza usare pad o raggruppamenti di strumenti. Se gli archi sono 5, allora 5 strumenti. Se sono divisi a 2, allora raddoppio le tracce. Stessa cosa per tutti gli altri strumenti, incluse le tracce di elettronica e resampling audio. Per questo talvolta ci si ritrova con una session di centinaia e centinaia di tracce. Di solito, quindi, poi trascrivo di mio pugno il tutto su partitura. Ma di recente, lavorando a lavori complessi in team e dispendiosi di energie come The Dark Tower e ultimamente Tomb Raider (lavorando come additional composer per Tom Holkenborg, il main composer su tali film), abbiamo l’ausilio di un team di copisti che semplicemente appunto copiano, trascrivono il midi dalle session di Cubase su Sibelius. Insomma, più che orchestratori li chiamerei copisti midi. Più volte ci si imbatte in discorsi riguardanti gli orchestratori. Spesso e volentieri si fa un po’ di confusione. I veri orchestratori sono tutt’altra figura professionale. Oggigiorno invece, soprattutto qui in America, si tende a chiamare orchestratori anche i copisti midi, cosa non corretta.

4) Sì, ce n’è una in particolare, di cui non posso fare il titolo, nella quale c’era molta indecisione da parte dei creatori del film, soprattutto del regista. Dapprima a score terminata era tutto approvato, poi c’è stato un cambiamento di rotta, anche perché hanno rigirato due reels del film, ed il regista ha voluto qualcosa di completamente diverso. Realizzata una seconda stesura quindi sembrava tutto a norma, fino a un mese prima della registrazione con l’orchestra, quando il regista, di nuovo indeciso, ha ricambiato rotta su molti brani, quindi è stato un periodo molto ma molto stressante, ma il risultato finale si è rivelato più che soddisfacente, soprattutto calcolando i tempi strettissimi avuti alla fine. La cosa importante in questi casi è sempre tentare, osare, leggere tra le righe ciò che il regista dice e vuole, e anche quando dice "ottimo, è quello che volevo" e vi sfoggia un sorriso luminoso, non bisogna dargli peso, tanto un mese dopo potrebbe cambiare idea. Inoltre, bisogna essere pronti a ritirar fuori un brano scritto in precedenza che inizialmente è stato scartato, e che ora invece viene visto come "salvatore" della scena.

5) La mia è una passione che nasce sin da piccolissimo, iniziando a suonare il pianoforte a 5 anni e a scrivere musica fine a se stessa a 7, per pianoforte ovviamente. Poi a 12 anni ho ascoltato per la prima volta due compositori che hanno, e lo fanno ancora, segnato la mia esistenza: Piotr Ilic Tchaikovsky, famoso compositore classico russo della seconda metà dell’800, e John Williams, uno dei più celebri compositori di musica da film vivente. Ebbene, sentendo quasi per caso alcune delle loro partiture, sono rimasto folgorato da quel suono ricco e fastoso che era l’orchestra, e decisi che dovevo comporre anche io al più presto un brano orchestrale. Quindi per conto mio studiai alcune partiture sinfoniche (iniziai con la Sinfonia n. 4 di Tchaikovsky) e a circa 12-13 anni produssi la mia prima composizione orchestrale, che fu un vero e proprio tocca sana per il mio animo, e mi spinse sempre di più in quella direzione. Posso dire che l’orchestrazione sfarzosa dei russi, francesi, e la brillantezza Williamsiana e di altri hanno condizionato il mio stile, fino al momento di raggiungere una propria cifra stilistica. Da lì a poco, studi di composizione, pianoforte e direzione tutti in conservatorio in Italia, con relativi diplomi, master, specializzazioni. Iniziai a fare molti concerti eseguendo la mia musica ed era un’emozione unica, irripetibile. Ma, ben presto mi accorsi che comunque vivere come compositore di musica classica non portava abbastanza giustizia e comunque non creava i presupposti necessari nel sostentarsi per vivere, anzi...quasi nulla. Pertanto decisi parallelamente alla mia carriera di compositore concertista di intraprendere quella di compositore per le immagini, per film. Ho fatto un Film Scoring Program a Seattle di un anno, poi vari concorsi di composizione vinti a livello internazionale ed infine ho partecipato all’ambitissimo e altamente selettivo ASCAP Film Scoring Program a Los Angeles, in cui sono ammessi solo 12 compositori l’anno, selezionati da oltre 1000 domande pervenute da tutte le parti del mondo. Durante il workshop ho registrando mie musiche agli studi FOX e Warner Brothers in LA, e pertanto tale master mi ha aperto un mondo di conoscenze nuove, sviluppando un’importante rete di networking e poco dopo mi sono immesso nel mondo della musica da film ad alto livello di Hollywood. Oggi lavoro su progetti come The Dark Tower, Tomb Raider, e ben presto altri due film di registi blasonati vincitori di premi Oscar, ma non posso dire nulla per ora.

6) Io rimarrò per sempre un sostenitore accanito della stampa della musica su CD fisico. L’emozione che dona lo spacchettare un proprio CD, aprire il booklet interno e vedere i crediti mentre si ascolta il CD allo stereo è qualcosa che non si può spiegare a parole. L’odore stesso del booklet è inebriante. Secondo il mio parere è sempre meglio toccare con mano invece che vedere una cosa virtuale su internet. Con ciò non dico che sono contro il digital download, anzi l’opposto, è il futuro e ben venga assolutamente, sono il primo che acquista anche CD digitali e sono fiero di vedere anche i miei negli store digitali di Amazon, iTunes e altri siti web. Ma il CD fisico, vero, tangibile, non ha eguali.

Umberto Smerilli (compositore di La ragazza del mondo, Uova)  

1) Mi piace discutere a lungo col regista delle esigenze narrative. Cerco di capire subito che ruolo può avere la musica. Ogni lavoro è diverso. A volte la musica agisce come un personaggio, a volte come una scenografia, a volte come un narratore...

2) Credo che oggi sia del tutto anacronistico rimanere incastrati nella dialettica finto/vero. L’emulazione dello strumento acustico è spinta dal bisogno di avere ciò che è al di là delle possibilità contingenti. Come effetto collaterale quest’approccio finisce per rafforzare un assunto di ordine estetico. Ciò che è vero è bello, ciò che è finto è brutto. Nel campo dell’Arte una fesseria del genere non può avere cittadinanza. L’Arte è finzione, è maschera, è tradimento.
La tecnica asservita ad una ricerca di tipo illusionistico sposta l’attenzione da quello che un artista dovrebbe sempre mantenere al primo posto, cioè la ricerca del senso e della bellezza. Questo fenomeno credo sia una delle espressioni più deteriori della musica applicata. Il Novecento è stato il secolo del timbro. Da più fronti la ricerca e l’insaziabile voglia di sperimentare su questo parametro ha espanso l’orizzonte. Il Futurismo, la musica contemporanea occidentale, la musica concreta, la prima musica elettronica, un oceano di nuove possibilità. Tutto questo viene umiliato dalla micragnosa ossessione per un timbro "fedele" ad un "originale". Un approccio che ci fa tornare indietro di 150 anni, e per di più nel contesto di quella che dovrebbe essere un’arte giovane.
Nella colonna sonora de La ragazza del mondo ci sono tracce di sola orchestra d’archi, brani che mischiano archi veri e finti ed anche brani di soli archi finti. In ciascun caso ho optato per la scelta più adatta a ciò che volevamo esprimere.
Sarebbe interessante indagare un’altra questione piuttosto. Per quale motivo bisognerebbe avvalersi di mezzi al di sopra delle nostre possibilità? Siamo sicuri che i mezzi di cui disponiamo siano, per così dire, neutri e svincolati da ciò che abbiamo da esprimere? Dopo tutto che valore avrebbe “L’Histoire du soldat” di Stravinkij se fosse stata scritta per full orchestra? Dico questo per inquadrare il mio pensiero estetico.
Passando a questioni più tecniche direi che sono un fan di Pro Tools che uso da sempre. Mi piace l’idea di poter mettere le mani sulla forma d’onda come fosse creta, il mio approccio è figlio della musica concreta anche quando scrivo per strumenti tradizionali. Faccio anche ampiamente uso di librerie campionate; negli ultimi anni ci sono state grosse novità. In generale mi piace molto mischiare sound design, strumenti campionati ed acustici che spesso suono io stesso. Al di sopra di tutte queste fonti eterogenee c’è il DAW che è il mio secondo strumento dopo il pianoforte. Credo che Pro Tools sia la migliore piattaforma per ottenere omogeneità da tanta eterogeneità.

3) E’ molto stimolate la possibilità di seguire un progetto fin dalla sceneggiatura. In tal caso le prime idee possono  nascere sulla base di considerazioni astratte. Si è agevolati a scrivere musica con un’identità forte e capace di raccontare un mondo. Durante il montaggio tutto viene rimesso in discussione, ma è giusto così. E’ la fase in cui i tempi ed il respiro della narrazione vengono definiti. Quindi la musica si adatta e "veste" le scene. Questo processo è puntellato da continui confronti con regista e montatore in un fitto ping pong di files e considerazioni. Le temp track sono un pò ovunque e bisogna saperci fare i conti. Per La ragazza del mondo però ho avuto il piacere di lavorare con un regista illuminato, Marco Danieli, che ha deciso di non usare nulla di appoggio se non mie musiche provvisorie. In generale potrei dire che tanto più un progetto ha ambizioni autoriali tanto più si allontana naturalmente dalla mera riproposizione di cliché, questo vale per ogni aspetto dell’opera, anche per le musiche. Al contrario è difficile emanciparsi da una temp track in un progetto commerciale o di basso profilo artistico. Bisogna anche tenere conto che nella maggior parte dei casi il compositore viene coinvolto durante la fase di montaggio quindi il lavoro sulla sceneggiatura viene semplicemente saltato. Sarebbe molto interessante fare uno studio su come il risultato finale sia influenzato dal fatto che il compositore abbia iniziato a lavorare sulla sceneggiatura, sul girato o su un montato. Ho il sospetto che la tempistica abbia un peso, per esempio quando lavoro su delle immagini sono naturalmente portato a cercare una concordanza sinestetica con la fotografia, cosa che ovviamente non trovo lavorando sulla sceneggiatura.

4) Ogni score presenta delle difficoltà particolari. Ricordo con piacere un cortometraggio realizzato tanti anni fa in cui, per tornare al discorso delle limitazioni, decisi di simulare un’orchestra semplicemente sovraincidendo un violino ed una viola più di venti volte...da allora quei musicisti mi evitano, ma il risultato non era male.

5) Le passioni per il Cinema e per la composizione si sono incontrate naturalmente. Ho perseguito l’obiettivo di diventare compositore per il Cinema dagli anni del DAMS a Bologna passando per il Master di musica per film al Centro Sperimentale di Cinematografia. Poi i primi corti, etc. Il motivo di tanta fascinazione mi sfugge ma so che quando aggiungo la musica "giusta" ad una scena avviene qualcosa di magico che mi rapisce.

6) Il CD non è solo un supporto caduto in disuso e destinato all’oblio ma è anche una parola sparita dalle conversazioni. Non è più un oggetto della vita contemporanea. Aggiungerei che vivendo in una società tecnocratica viviamo una sorta di tabù dell’obsolescenza. Quindi la pubblicazione su CD seppur mantiene un valore simbolico da un punto di vista di solidità produttiva di un progetto discografico, rimane come vestigia di un passato da cui stare alla larga nell’attesa che torni di moda tra 20 anni rinato a memorabilia audiofila.

FINE VENTIDUESIMA PARTE

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