La storia del musical in un’edizione Bompiani

La storia del musical in un’edizione Bompiani

Dalle origini europee (Parigi, Londra, Vienna) all’ascesa di Broadway, dalla commedia musicale bianca a quella afro-americana, dal teatro al cinema, dal jazz al pop-rock, dai megamusical ai revival...
Un viaggio unico e affascinante documentato dal Professor Luca Cerchiari, musicologo e critico musicale, tra i massimi esperti europei di musica jazz, di popular music e di discografia, nonché docente universitario dal 1997 presso vari atenei italiani, dal 2013 in quello di Milano-IULM. Lo abbiamo incontrato e intervistato domenica 19 novembre presso il Teatro Dal Verme di Milano in occasione della presentazione del volume Bompiani-Giunti nell’ambito di BookCity 2017.

 

Colonne Sonore: Professor Cerchiari, giusto vent’anni fa, lei pubblicò con Bompiani il suo primo libro come singolo autore sul jazz, cui ne sono seguiti molti altri per varie case editrici, anche internazionali. Questa è la sua quarta pubblicazione con Bompiani, ma stavolta dedicata alla storia del musical. Com’è nata l’idea di un libro che riguardasse questo genere di spettacolo?

Luca Cerchiari: L’idea è nata grazie ad Andrea Tramontana, Editor della Bompiani-Giunti, il quale ha rilevato che non esisteva un titolo in lingua italiana sull’argomento, mancava una storia complessiva del musical; le uniche disponibili sono esclusivamente in lingua inglese. Pur non essendo un grande esperto dell’argomento, mi interessava particolarmente perché è un genere nel quale si incrociano discipline e ambiti diversi, dalla letteratura alla poesia, dal teatro al cinema, dalla musica americana ed europea alla danza. La danza in particolare è l’elemento più caratteristico del musical moderno e contemporaneo, nella sua simbiosi con la musica, le parole delle canzoni e il libretto teatrale.

CS: Quando è avvenuto e in che occasione il suo primo incontro con il musical?

LC: È avvenuto quando frequentavo la terza media, nel 1969. Uscì il doppio 33 giri della rock opera teatrale Jesus Christ Superstar (ancora prima che approdasse al cinema) e io lo feci ascoltare al mio insegnante di religione, proponendogli una serie di lezioni dedicate all’analisi dei testi delle canzoni di questo musical, riscontrando interesse e apprezzamento da parte sua e dei miei compagni di classe. Di fatto quel disco rappresentò una svolta in un genere che dura da oltre centocinquanta anni e che, a partire dal 1970 circa, ha incominciato ad assorbire strumentazioni e ritmi anche di genere rock, coniugati a soggetti insoliti e rilevanti, come quello religioso nel caso del lavoro di Webber e Rice.

CS: Che tipo di impostazione ha dato ai contenuti del volume?

LC: Il volume è una storia del genere. Ho letto quasi tutto ciò che è stato scritto sul musical nelle edizioni di area angloamericana (e si tratta di una letteratura molto vasta). L’impostazione del mio libro è un pò diversa dalle altre edizioni perché è di tipo europeo e si focalizza anzitutto sul contributo alla nascita del genere da parte degli ambienti musicali londinesi, parigini e viennesi, con la commedia musicale, l’opéra-comique e il valzer, tutti elementi fondativi per il musical. L’altro aspetto della ricerca è l’indagine dello stretto legame tra mondo colto e mondo popolare, tra mondo d’arte e quello dei locali che ospitavano gli spettacoli di intrattenimento. Nella Parigi e Londra di fine Ottocento, molti impresari dei teatri ubicati nei centri delle città erano in costante interazione con i locali delle periferie. Nei teatri agivano gli autori e gli interpreti più accademici come formazione, mentre nei secondi si esibivano gli interpreti più popolari, magari non educati alla recitazione e alla lettura musicale, ma dotati di un grande talento che caratterizzava l’interpretazione dell’artista stesso e non era legato a determinati canoni di deriva accademica, per certi versi omologanti. Gli interpreti che si esibivano negli spettacoli presso celebri locali parigini quali il Moulin Rouge, le Folies Bergère e il Bataclan figuravano poi anche nei cast delle rappresentazioni colte che avvenivano nei teatri. Il music hall e il vaudeville rappresentano l’origine degli spettacoli di matrice popolare americana. Ho cercato di mettere in luce quanto il trivium discliplinare recitazione-musica-danza - proprio del musical teatrale e cinematografico (si pensi a figure quali Fred Astaire e Judy Garland) e richiesto nei casting – derivi secondo me dal vaudeville, genere di spettacolo popolare legato non tanto alle metropoli ma alle città più piccole, e spesso itinerante. La contemporanea e unipersonale abilità nel trivium disciplinare è propria solo del musical. Questo aspetto non era stato messo adeguatamente in luce negli studi finora realizzati sull’argomento. C’è una molteplicità di fonti che si intrecciano e modificano. La commedia sentimentale tra “una lei” e “due lui” che se la contendono, tema di probabile derivazione austriaca, cambia con l’esperienza post bellica, perché muta lo scenario storico-ideologico e di gusto, rompendo un pò questo concetto “zuccheroso” e hollywoodiano del romance. Infine il volume contiene anche le appendici di bibliografia, cronologia, discografia e videografia curate da tre studenti della terza edizione del Master in Editoria e Produzione Musicale che dirigo presso l’Università IULM di Milano: Andrea Natale, Sofia Ratti e Martina Iacoangeli.

CS: Qual è il periodo che l’affascina di più nella storia del musical di Broadway?

LC: I miei gusti personali sono orientati più su singoli autori e singoli titoli; i periodi di per sé sono tutti affascinanti ed è interessante notare come il musical sia evoluto a livello di contenuti a partire dagli anni Quaranta, perdendo la dimensione di commedia e divenendo anche tragedia (si pensi alla trama di West Side Story o Hair) e, spesso, come avveniva nell’opera comica di Offenbach o nelle operette di Gilbert & Sullivan, spettacoli che sbeffeggiavano in maniera sottile la politica o il sistema sociale. Negli anni Cinquanta troviamo un pò di tutto: c’è la sopravvivenza del musical tradizionale, riproposto con nuovi cast e registrazioni audio (rese possibili dall’avvento del disco come fenomeno industriale e di diffusione massiva), le innovazioni e il coinvolgimento di grandi professionisti e lo sviluppo della coreografia di gruppo, anche questa ripresa dal balletto classico, applicato in chiave americana, ulteriore interazione di genere e di miscela intercontinentale. Il cinema ha contribuito in maniera preponderante alla diffusione del genere, benché va precisato che il musical è un genere teatrale che poi è diventato anche film; esistono musical prodotti espressamente per il cinema che successivamente – ma non sempre - sono approdati anche in teatro. Il successo sul palco teatrale diventa comunque determinante per la traduzione dell’opera sul set cinematografico.

CS: Cosa rappresenta oggi il musical nella cultura anglosassone, sia negli USA che in Gran Bretagna?

LC: Per gli americani e gli inglesi il musical è ciò che rappresenta l’opera per gli italiani. Esso è considerato uno spettacolo popolare e in parte anche colto, grazie al contributo di molti autori storici, spesso di origine ebraica, ma anche afroamericana, questi ultimi protagonisti sia come autori che come interpreti.

CS: Secondo lei, che impatto ha assunto oggi il musical nel settore musicale italiano e come genere di live entertainment?

LC: In Italia ha preso piede la diffusione del musical teatrale o dei film musicali, che rappresentano un universo parallelo e molto ricco. Ha vissuto un momento di particolare fioritura anche attraverso le commedie musicali di Garinei e Giovannini degli anni Cinquanta-Sessanta, i quali si ispiravano direttamente alla grande tradizione di Broadway.

CS: Quanto le canzoni più famose di Broadway hanno lasciato il segno nella memoria popolare, divenendo evergreen nel repertorio di molti interpreti e subendo una trasmissione di cosiddetta “oralità secondaria”?

LC: Le canzoni sono naturalmente l’asse portante dei musical, create da una generazione di musicisti americani di origine europea quali George Gershwin, Irving Berlin, Richard Rodgers, Cole Porter, Jerome Kern e numerosi altri. Ci sono le canzoni di Broadway usate nel cinema e poi anche le canzoni commissionate dal cinema agli autori, non necessariamente legati al musical teatrale. Molte canzoni dei musical sono state rese celebri da interpreti di musica jazz e hanno alimentato il repertorio di artisti jazz, divenendo dei veri e propri standard. Ma anche il pop ha dato il suo contributo, rendendo famose – con interpretazioni a volte molto “trasformative” - canzoni non ancora conosciute perché appartenenti a spettacoli teatrali che non sono circolati in Europa e in Italia e che quindi non sono state diffuse nella loro versione e concezione originale. Il jazz assume questi songs e li trasforma a sua volta, anche in versione esclusivamente strumentale.

CS: Alcuni anni fa ha ideato e attivato presso l’Università IULM di Milano il Master in Editoria e Produzione Musicale, unico in Italia. A febbraio parte la quarta edizione...

LC: Finora sono stati coinvolti un centinaio di studenti e alcuni di loro hanno già esperienze di lavoro importanti, mentre altri collaborano con noi per progetti; uno di loro, Massimiliano Raffa, collabora al Master in veste di docente. L’anno prossimo avremo inoltre la possibilità di incidere un disco dal vivo proprio in Università, presso il nostro auditorium, una novità unica perché nessuna Università ha mai prodotto un disco al proprio interno, come invece accade da anni negli USA e altrove.

CS: Quali sono i suoi futuri progetti didattici ed editoriali?

LC: Attualmente sto curando la direzione di una collana di pubblicazioni legate al Master ed edite dalla Casa Musicale Eco di Monza; poi ho in cantiere un altro libro per la Bompiani-Giunti e uno per Feltrinelli. Da quest’anno accademico, oltre al Master, insegno anche in IULM “Storia della musica pop” nella Laurea triennale in Arti, spettacolo, eventi culturali. Sto infine lavorando con amici e colleghi a un impegnativo progetto di archivio discografico, che manca in tutta l’Italia settentrionale.

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