“Una grande lezione di musica per film” – Parte Ventitreesima

“Una grande lezione di musica per film” – Parte Ventitreesima

Colonne Sonore è infaticabile nell’offrire risposte, speriamo acuite, alle varie domande di giovani lettori che studiano composizione e che agognano un giorno diventare compositori di musica per immagini, facendosi sostenere da coloro i quali lavorano in prima persona nell’Ottava Arte, componendo musica applicata: i compositori di Film Music hanno risposto a sei domande che la nostra redazione ha valutato lodevoli e meritevoli sul formarsi come autori di musica per film.
Ecco a voi la ventitreesima parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei identiche domande a cui molti compositori italiani e stranieri hanno dato risposta per agevolare i futuri giovani colleghi che si rapporteranno con la Settima Arte e la sua musica:

Domande:

1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?



George Kallis (compositore di Luce dei miei occhi, Albion: The Enchanted Stallion, Gagarin - Primo nello spazio, The Last Warrior)

1) Sono fermamente convinto che un film tragga grande beneficio da temi o motivi memorabili, quindi idealmente amo sedere al piano ed esplorare un certo numero di melodie o idee ritmiche. Dopodiché le sottopongo al regista per l’approvazione. Una volta che l’ho ottenuta, e a seconda del tempo a disposizione, posso cominciare dall’inizio del film oppure dalle scene più complesse (in particolar modo se sono presenti sequenze d’azione). Così facendo la musica più elaborata viene scritta e orchestrata prima.

2) Lavoro con Logic e le librerie di musica campionata più recenti, attraverso Kontakt e altri software, ma anche nel caso di budget risicati preferisco inserire almeno qualche strumento acustico nella partitura. Questo per conferire alla musica una qual certa organicità, affinché suoni meno “sintetica”. Mi ricordo di una colonna sonora che ho scritto, nella quale avevo registrato diversi passaggi di armonica, per poi distorcerli successivamente. Quello strumento trasmetteva una sensazione molto oscura e minacciosa che contribuì grandemente al successo dello score.

3) Sempre in relazione alle tempistiche, questo lavoro può essere divertente ma anche molto stressante. A volte ricevo lo script con mesi di anticipo, ma in altre occasioni ho solo 4 settimane per consegnare la mia musica; ad ogni modo ogni lavoro è diverso dall’altro. Come ho detto, il rapporto con il team produttivo è molto importante, specialmente con il regista e il montatore. Dopo che i temi sono stati approvati, mi siedo col regista per la spotting session e parliamo, sequenza per sequenza, della quantità di musica richiesta. A volte individuiamo dei segmenti (solitamente delle scene di montaggio) che pensiamo possano beneficiare di un montaggio fatto sulla musica. Pertanto è di vitale importanza che la musica sia scritta prima (per mantenere un certo ritmo e una particolare atmosfera) di modo che il montatore possa raccordare le immagini sulla musica stessa. Fatto questo, torno al mio studio a preparo i mock-up della musica coi campionatori, registro gli strumenti richiesti e, mano a mano, invio il tutto al regista. Una volta che il brano è stato approvato, viene inviato agli orchestratori e ai copisti. Quando tutto è pronto si passa alla fase delle sessioni di registrazione con l’orchestra e quindi al mix surround. Se consideri che tutto questo avviene a volte nell’arco di 4 settimane, comprendi che si tratta di una vera impresa!

4) Credo che la sfida principale non sia tanto quella artistica quanto quella con la scadenza. Il fatto di dover lavorare velocemente mette il compositore nella situazione di dover prendere decisioni molto in fretta, senza margini di ripensamento. Per il mio ultimo score per il dramma storico Cliffs of Freedom ho avuto 7 settimane per scrivere 128 minuti di musica orchestrale. Per questo c’è bisogno di efficienza, organizzazione e pazienza all’interno del team creativo. Sono anche stato fortunato ad avere avuto un fantastico gruppo di assistenti e orchestratori che mi hanno aiutato lungo tutto il processo.

5) Sono cresciuto a Cipro e ho cominciato come autore di canzoni, ma gradualmente sono passato alla musica strumentale, e la musica da film è stato l’approdo più naturale in questo senso. Credo anche che tutti i film straordinari della Golden Age che ho visto crescendo, e le loro fantastiche colonne sonore, abbiano avuto un’influenza subliminale su di me, inducendomi a voler scrivere musicale orchestrale di quel genere.

6) Sono cresciuto in un’epoca nella quale attendevo con ansia l’uscita di un disco, che fosse di una rockstar o di una colonna sonora. E ricordo la sensazione di andare in un negozio e pagare (a volte un sacco di soldi) per comprarmi un vinile o un CD. Era una cosa che mi faceva comprendere il valore della musica che compravo più di quanto non succeda oggi quando l’ascolto in streaming. E potevo leggere i libretti e scoprire qualcosa del lavoro dietro quella produzione. Oggi viviamo in un’era in cui tutto viene “servito” velocemente, e per questo la musica non ha più lo stesso valore. Ma sono lieto che molti appassionati di film music pretendano il supporto fisico per la musica che amano e a volte noi compositori abbiamo la fortuna di godere di queste uscite, e io lo apprezzo molto. Per come la vedo io, è una cosa che succederà sempre meno, ma la mia speranza è riposta nella tenue possibilità che ci sia un cambio di tendenza e si torni in massima parte al supporto fisico.

Fabrizio Mancinelli (compositore di The Snow Queen 3, Barbiana ‘65, Beauty, Growing Up with Nine Old Men)

1) Onestamente non ho un metodo fisso nell’avvicinarmi alla composizione di un nuovo lavoro di musica applicata. Tutto dipende dallo stadio del progetto in cui vengo coinvolto.
Se ci troviamo in post produzione ed ho già un ‘locked picture’, un montato definitivo, guardo generalmente il film un paio di volte, la prima con il temp track (ed in compagnia del regista, se geograficamente vicino), prendendo appunti e la seconda, cominciando il mio processo personale di brainstorming prima di iniziare a comporre nel sequencer (nel mio caso utilizzo Cubase). Se coinvolto da prima, inizio a ragionare su temi e possibili variazioni al pianoforte, condividendo idee con regista e produttori. Tutto dipende anche dall’interazione con il regista, appunto, vera anima creativa del lavoro e da come interpretare sonoramente le sue idee narrative.

2) La tecnologia ha notevolmente agevolato il nostro lavoro in generale e sin qui dico qualcosa di ovvio soprattutto per quanto riguarda una maggiore immediatezza di confronto con il regista sulle scelte creative.
Quando il budget non consente l’utilizzo di un’orchestra il mio primo approccio è di evitare, se non necessari, organici sinfonici.
Sebbene le tecniche di campionamento siano infatti arrivate a livelli molto molto alti, molto spesso ci si trova ad essere in qualche modo schiavi di ciò che con i campioni ‘suona meglio’, il che non vuol dire quasi mai la scelta più appropriata artisticamente e narrativamente. In tal caso cerco di valutare la fattibilità di uno score ibrido.
Ovviamente non tutti i film richiedono approcci simili e musicalmente ‘classici’, quindi molto spesso elettronica e synth con l’ausilio di alcuni strumenti acustici possono essere la scelta giusta. L’importante è sempre dialogare apertamente con il regista circa il colore musicale e narrativo da dare al film.

3) Come ho accennato sopra, nel caso in cui ci sia un mio coinvolgimento sin dalla fase della sceneggiatura, mi prendo generalmente la libertà di comporre dei temi al pianoforte che poi divengono generalmente parte di una suite (e nel migliore dei casi vengono utilizzati e montati come temp track, almeno in momenti salienti del film) per iniziare a dare un’identità drammaturgica e coloristica allo score.
È questa una fase di scoperta per il regista e per me, cercando di trovare un obiettivo di dialogo comune, su di una stessa lunghezza d’onda.
Ho avuto occasioni in cui il regista ha girato scene, facendo ascoltare le idee musicali all’intero crew prima di filmare, per entrare nel mood ed anche occasioni in cui, essendo il “rimpiazzo” di altri colleghi, mi son trovato ad avere meno tempo e dover agire più d’istinto nel rapporto con immagini e regista, essendo stato coinvolto ormai alla fine della corsa.
Per quanto riguarda la “famigerata” temp-track, potrei dire, alla romana “nun te temo”. E’ vero infatti che quando si riesce a stabilire un buon rapporto professionale ed artistico con il regista ed il montatore, la temp-track stessa è un elemento utile a capire quali emozioni si vogliano raggiungere, attraverso un tipo di stimolo sonoro consolidato, ma non da copiare.
D’altro canto, tuttavia, avviene a volte che i registi si affezionino ad un tema sentito e risentito sulle loro immagini e vogliano qualcosa “come quel tema lì”. Molti si arrendono immediatamente davanti a tale richiesta di un sound-alike, nel mio caso preferisco cercare di offrire una rispettosa alternativa basata su un dialogo artistico con regista e montatore. Il nostro, dopotutto, è un lavoro da “psicologi”.
Dobbiamo entrare nella mente e nell’animo dei nostri registi ed interpretare la loro visione, senza rendere la realizzazione del prodotto frustrante per loro e per noi.

4) Non necessariamente ho avuto difficoltà di tipo compositivo, ma può succedere che molte volte, prima di una versione definitiva di un cue, ve ne siano molte altre. Recentemente su di un progetto animato sono arrivato alla venticinquesima versione di una traccia prima di trovare la strada giusta.
Non riuscivamo a dialogare sul tema, tempo, colore. Ma l’inghippo non era proprio nella musica, quanto sui punti di sincronizzazione scelti e sull’andamento finale del brano. Avevo seguito delle indicazioni che mi sembravano ovvie nel temp, ma non funzionavano. La soluzione è stata riscrivere la traccia ex-novo ed iniziare un pò prima di quanto fatto in precedenza, così da consentire  il giusto respiro al brano, che è finalmente diventato elemento fondamentale dello storytelling e non solo un commento appiccicato.

5) Ho avuto un’istruzione accademica (Composizione e Direzione d’Orchestra in Conservatorio) e sono cresciuto nel mondo dell’Opera Lirica (a 18 anni ero assistente a Spoleto del leggendario compositore Gian Carlo Menotti). A 24 anni ho composto un’opera lirica, poi una sinfonia in miniatura, ma nello stesso tempo osservavo la musica per il cinema e l’animazione con grande attenzione. Ho fortemente sentito una forza attrattiva verso la musica applicata, essendo io un amante dello storytelling, divoratore di film e sceneggiature. Mi è quindi sembrato il prosieguo giusto per la mia vita (i miei mi volevano avvocato...e lo sono diventato, ma questa è un’altra storia) cercare di lavorare come compositore di musica per film. Ho quindi frequentato per due anni l’Accademia Musicale Chigiana a Siena, come borsista, sotto la guida del mai troppo compianto Luis Bacalov, persona dall’animo meraviglioso oltre che compositore di estrema finezza e profondità.
Dopodiché grazie ad una Borsa di Studio Fulbright sono partito alla volta di Los Angeles, dove mi son perfezionato in Musica per Film, TV e Videogames. Dopo aver lavorato per due anni in Italia, sono tornato negli Stati Uniti dove tuttora vivo e lavoro.
La motivazione precisa...a volte non so spiegarla nemmeno io. Questa professione mi rende felice.

6) Al momento stiamo negoziando la pubblicazione di un lavoro su CD, ma è sempre più raro, a meno che non si parli di grandi film, dall’ampia distribuzione, trovare una pubblicazione fisica. Certo è che vedere la propria colonna sonora stampata, scartare il CD, leggere le note del libretto è un’emozione molto grande, molto di più dello schiacciare un tasto di download o ascoltare online su Spotify.

Edizione Soundiva:
https://rcrft.co/reel/fabmusic/barbiana65

https://soundcloud.com/user-691755418/sets/fabrizio-mancinelli-fab-music/s-wxqVa



Marco Fedalto (compositore di Leo Da Vinci – Missione Monna Lisa)
    
1) Il metodo che ho appreso e sviluppato consiste in diverse fasi: suddividere il girato in capitoli e sottosezioni, individuare i tagli di montaggio che dettano la “regia musicale” e i synch, immaginare sonorità e stili musicali che più si conformano al mood generale del video, abbozzare degli Sketch pianistici per ogni sequenza ed infine focalizzare al massimo i punti nei quali la musica si inserisce o come semplice accompagnamento oppure come vero commento sonoro. Una volta appurato questi passaggi mi occupo dell’orchestrazione (nel caso dell’orchestra) o dell’arrangiamento (nel caso di una band o di un piccolo Ensemble). Mi rendo conto che questo processo compositivo richiede molta attenzione e un controllo certosino di tutto il materiale musicale; tuttavia, poiché di indole sono una persona molto scrupolosa, so di non poterne fare a meno. E’ un metodo che uso anche con i cortometraggi o con le serie televisive perché vedo che il risultato finale è mediamente superiore.

2) Credo che negli ultimi 20 anni la tecnologia musicale sia diventata un supporto indispensabile nell’approccio alla musica per le immagini in movimento. Ciò è spiegato da diversi fattori: il primo sta nel fatto che la sincronia musica-immagine è maggiormente richiesta (soprattutto nel mondo dell’Animazione), l’uso di Software adeguati diventa quasi necessario. Il secondo fattore riguarda un generale sdoganamento del suono live legato ad un ascolto sempre più generalizzato della musica, e mi spiego meglio: il sonoro (voci-musica-rumori) dei prodotti video viene oggi prevalentemente diffuso attraverso tecnologie portatili come il cellulare, l’iPad o il Computer portatile; si tratta di mezzi che non permettono un ascolto accurato come potrebbe invece avvenire con un vinile all’interno di una sala con acustica controllata. Ecco che il presupposto del “bel suono” ricco di armonici passa in secondo piano ed entrano a pieno titolo le librerie dei suoni virtuali (Virtual Library) che permettono di ricreare artificialmente un mondo di strumenti teoricamente illimitato per numero e famiglie. Personalmente sono un pò critico rispetto all’uso intensivo di queste librerie perché il risultato è talmente artificioso che la musicalità emersa da un’esecuzione live non si ottiene quasi mai. Anzi, noto che alcune mancanze tecnico-strutturali delle Virtual Library portano i compositori a ragionare diversamente sulle loro partiture pur di ottenere una buona resa sonora: penso ad esempio all’uso roboante delle Percussioni che hanno un’ottima resa artificiale oppure, per contro, penso ad un impoverimento tematico nell’uso degli archi per via della difficoltà ad ottenere un bel fraseggio o delle escursioni dinamiche credibili dalle librerie virtuali. Detto questo, mi rendo conto che mediamente i budget per la composizione di una colonna sonora sono spesso tali da non permettere l’ingaggio di musicisti presso uno studio di registrazione, e quindi si rende quasi necessario ricorrere ai DAW (Digital Audio Workstation) implementati da queste Virtual Library. Io stesso ne faccio ampio uso (per la maggior parte facenti parte della EAST WEST) all’interno di programmi come Pro Tools oppure Logic per comporre musica; ad esempio ho inizialmente concepito l’intera colonna sonora del film LEO DA VINCI (mock-up) utilizzando un DAW sapendo che poi sarebbe stata eseguita ed interpretata da un’orchestra reale.

3) Bella domanda! Credo che l’iter sia sempre lo stesso a differenza delle modalità che invece cambiano; questo perché ogni regista e ogni montatore hanno punti di vista diversi in relazione alla tipologia di pubblico che si vuole raggiungere. In linea generale, ho visto che con il regista si dibatte sulla via da seguire per realizzare la “giusta musica”, col montatore invece è più prolifico discutere dei problemi tecnici legati al taglio delle scene (o ai movimenti di camera) una volta che la tua musica è abbozzata nei tratti più caratterizzanti. Credo che di base ci debba essere un rapporto di fiducia con entrambi, sapendo che in seguito ognuno dovrà definire al meglio il proprio lavoro di competenza avendo in mente le esigenze/spunti degli altri.
Come prima fase del processo, avendo la fortuna di lavorare già sulla sceneggiatura (o ancor meglio sul videoboard), il musicista ha facoltà di trovare idee musicali che possono tornare utili al regista per immaginare le tempistiche delle scene che andranno ad essere girate in seguito. E’ come se la musica nel suo stato embrionale desse sin da subito un quid in più per focalizzare l’azione! Ciò aiuta non solo il regista ma il musicista stesso che ottiene così una piccola conferma già allo stadio iniziale del suo operato... ricordiamoci che realizzare la colonna sonora di un lungometraggio non è impresa da poco e non permette improvvisazione o pressapochismo. Partire con la “giusta musica” e con qualche conferma può solo che far piacere.
Spesso il videoboard ha già una traccia musicale (temp-track) appoggiata da altri (di solito il montatore) che funge da riferimento per il musicista e per gli animatori. Io stesso ho usato nei videoboard alcune musiche di altri Film come modello di partenza per costruire il mio percorso musicale: trovo che sia utile ragionare su un prodotto già confezionato per focalizzare i mood delle scene. Il rischio è tuttavia quello di rimanere intrappolati dentro quei modelli in quanto musicalmente forti! Pertanto io cerco di discostarmene il prima possibile o quantomeno non appena la mia idea musicale ha raggiunto un livello minimo di autonomia.
Il passo successivo è quello di portare il lavoro musicale del videoboard sul premontato del Film nel quale l’architettura generale espressa in scene, sequenze e rulli è abbastanza definita. A mio avviso è la fase più difficile dell’intero processo perché si devono traghettare le idee (o i temi) da una situazione eminentemente protetta del videoboard ad una dimensione più reale, fatta di tempi certi (in ogni caso scelti dal regista durante le riprese con gli attori). Nella mia esperienza ho notato che i punti d’attacco (e di stacco) della colonna sonora vanno individuati in questa fase e che l’interpretazione errata di questi punti comporta grossi problemi nella fase di post-produzione.
Mentre la prima fase serve a partorire uno stile, un tema o un’armonia caratterizzante, la seconda fase serve invece a fissare i contorni temporali entro i quali i temi si presentano e si sviluppano; in questa fase è anche molto importante saper individuare le “zone morte” nelle quali la musica non c’è. In questa fase inoltre è bene ponderare il lavoro rimanente al fine di rispettare i tempi di consegna. Una volta giunto alla terza fase il lavoro più grosso è fatto: ora mi concentro sull’orchestrazione (o sull’arrangiamento) sapendo che i tempi delle scene sulle quali ho cucito la colonna sonora sono stati ampiamente concordati col regista e hanno inoltre superato positivamente il check-up del montatore. Questa è la parte più concitata perché le scadenze si sommano e (di solito) i telefoni degli studios danno il “momentaneamente occupato” quindi saper orchestrare velocemente avendo un pensiero orchestrale efficace è una parte fondamentale per un compositore che si cimenta con le immagini in movimento. Anche perché c’è un aspetto manuale che spesso si tende a non considerare: riportare tutta la musica dentro un programma di notazione musicale ed estrarre le parti per gli strumentisti non è cosa da poco! Spesso questo è il momento nel quale ci si avvale di amici, collaborati, copisti o... insegnanti! In LEO DA VINCI ad esempio ho avuto la fortuna di avere uno score assistant (Paolo Furlani) e uno score editor (Massimo Bassan) che hanno lavorato alacremente come music service avendo un’Orchestra di 50 elementi in attesa della musica definitiva. Questa fase è così delicata che ha l’inconveniente di vanificare interi mesi di lavoro se trattata sommariamente. Pensiamo al costo di una session recording orchestrale di livello medio (stimata a circa 40 euro al minuto) e pensiamo a parti staccate poco chiare o persino sbagliate (spesso succede per gli strumenti traspositori): il risultato sarà una fermata continua per le richieste di chiarimento da parte dei musicisti. Non nascondo che anche a me è capitato una cosa simile durante i primi anni di apprendistato: la scarsa chiarezza della mia partitura ha sortito una session recording incompleta... errori di gioventù!  

4) Ogni partitura ha la sua problematicità: tanti sincroni ti impongono di seguire il montaggio alla lettera, tanti strumenti ti richiedono un gran lavoro nell’orchestrazione, un cortometraggio ti costringe a frasi musicali di breve gittata, una scarsa recitazione necessita di una qualità sonora maggiore e l’uso di pochi strumenti richiede un lavoro aggiuntivo di valorizzazione (e sovraincisione). Potrei elencare tantissimi altri esempi utili a dimostrare come, in realtà, ogni partitura cela al suo interno delle problematicità che un compositore deve affrontare. Per quel che mi riguarda non ricordo particolari difficoltà circa le partiture che ho legato alle immagini, però ricordo bene i problemi connessi alle loro esecuzioni. Problemi correlati al tempo di incisione (assolutamente sempre troppo scarso), ad alcune difficoltà tecniche dello strumentista, all’intonazione nell’assieme, eccetera. La soluzione a tutti questi problemi si impara con l’esperienza: mantenere la calma, mettere i tuoi collaboratori sempre a loro agio, apprezzare gli sforzi ove non dovuti.

5) Credo che la sigla americana che designa il mio lavoro (Film Music Composer) non renda pienamente giustizia al ruolo complesso del compositore moderno, mi spiego meglio: un vero Compositore si presta ad affrontare qualsiasi genere musicale senza pregiudizi; limitarsi a frequentare il solo genere della colonna sonora credo sia limitante e, a lungo andare, porta ad un impoverimento dell’invenzione musicale. Semmai, a me piace parlare di un compositore che si “presta” alla musica da Film ma che di fatto ha la capacità intellettuale di gestire un’Opera, un Musical o una canzone Pop. D’altronde i veri Maestri di Colonne Sonore diversificano la loro attività compositiva (e/o direttoriale) quanto più possibile: penso ad esempio ai pezzi da concerto di John Williams, alle Suite orchestrali di Howard Shore o al Teatro Musicale di Ennio Morricone. Ognuno di loro riesce ad essere Film Music Composer ad altissimi livelli senza tuttavia rinunciare al mondo sommerso di generi e stili che popolano la galassia sonora.
Personalmente ritengo di non essere paragonato nemmeno alla lontana a questi “mostri sacri”, non di meno ritengo di avere come loro un’elasticità mentale che mi permette di fluttuare sopra i generi e di poterli (nel mio piccolo) affrontare con coerenza e soddisfazione. Dal momento in cui tu diventi un Compositore e hai cognizione della tua preparazione, puoi impiegare il tuo know-how in qualsiasi ambito.

6) In realtà nessuna. Le ragioni che mi hanno portato a non preferire un CD fisico rispetto ad un CD digitale sono tante. Indubbiamente la ragione più pertinente è quella per cui ad un’Arte immateriale non può che corrispondere una diffusione altrettanto immateriale.
Nulla contro il CD fisico, io stesso sono un gran collezionista di CD, ma la musica si diffonde attraverso i canali telematici a differenza di altre forme d’arte che invece richiedono la fisicità per poter esistere. Voler azzoppare la musica con una tecnologia desueta non può che avere delle ragioni emotive o personali che esulano dalla sua più immediata diffusione; sia chiaro: vanno bene tutte le ragioni utili a preferire un tipo di ascolto ad un altro, purché esse siano legate alla soggettività e alla praticità!
Senza fare della filosofia spiccia... basti concretamente pensare alle difficoltà che incontrerebbe un affezionato Mac nell’ascoltare un CD fisico ora che i dispositivi portatili (ma anche quelli fissi) non sono più dotati di lettore ottico! Cosa dovrebbe fare di quel CD se non accantonarlo presso la mensola della collezione?
Sono molto convinto che tutti noi abbiamo il bisogno giornaliero di una “dose” di musica, e sono favorevole alla sua commercializzazione capillare nei digital stores oltre alle formule-pacchetto che offrono l’ascolto illimitato di album. Trovo corretto che nell’epoca dei Computer si possa liberamente ascoltare la musica degli altri, ad ogni livello e di ogni genere. Ma per fare questo è necessario saper ricondurre l’ascolto alla sua giusta dimensione... sapendo che le tecnologie si avvicendano e spesso ritornano.

Dominik Scherrer (compositore del film Tutto parla di te e delle serie Primeval, Ripper Street, The Missing, Requiem)

1) Solitamente ho la fortuna di essere assunto prima dell’inizio delle riprese del film o della serie che andrò a commentare. Quindi ho tempo di leggere la sceneggiatura e di sedermi con il regista, i produttori e persino lo sceneggiatore e discutere su quale direzione prendere e quali sono i principali filoni narrativi ed emotivi della storia. Allora scrivo per me stesso una “lista della spesa” di temi che ho bisogno di comporre. Questo normalmente avviene in concomitanza dell’inizio delle riprese. Poi vado a creare dei semplici mockups, con variazioni, di questi temi. Li mando in sala montaggio. I montatori possono quindi utilizzare quelli come musica temporanea, invece di “temp track” di terze parti. La musica si evolve gradualmente man mano che più materiale viene girato e composto. La musica si evolve. Una volta che la musica viene confermata, facciamo un “punto”, nel senso tradizionale, cioè discutiamo su quale tipo di spunto musicale va dove, in ogni caso abbiamo un grande punto di partenza con i temi temporanei che ho composto.

2) Per quanto sia bella da registrare, l’orchestra sinfonica potrebbe non essere sempre adatta. A volte le sue dimensioni, o la sua pluralità, diminuiscono un senso di realismo o intimità, o potrebbero creare un effetto distanziante tra il film e il pubblico. Mi piace prendere gli approcci moderni e lavorare molto duramente per trovare un suono unico per ogni produzione, al di fuori dello stile sinfonico. Investo forse una parte più ampia del budget in grandi solisti. Detto questo, ci sono sempre momenti in cui le forze di grandi dimensioni funzionano, e quindi è emozionante farlo. Uso molto raramente suoni orchestrali campionati nello score finale, a parte i mockups. I campionamenti danno una sensazione stranamente “scollante” sulla scena.

3) Come descritto in precedenza, ora ho il lusso di un flusso di lavoro che evita in gran parte l’uso della musica temporanea. Questo è forse a scapito del mio tempo in quanto in genere impiego una durata maggiore di lavoro su un progetto così concepito piuttosto che su uno nel quale è stata pienamente “usata” un’altra musica d’appoggio non mia. Adoro il modo in cui un progetto può lentamente formarsi – tagliare la musica e allo stesso tempo riunirla. La musica può essere piuttosto complicata, anche per i musicisti. Ma se abbiamo già brani musicali da utilizzare, il regista e io abbiamo meno urgenza di parlare e più tempo per creare. A volte possiamo fare scelte più audaci.

4) Nessun progetto è mai facile. Potrei elencare la mia intera lista di crediti. Il processo inizia spesso prima di essere ingaggiato realmente, con una ricerca e un concetto. Il momento di euforia dopo aver ricevuto la telefonata in cui mi si dice “sei assunto” è davvero il più breve, in quanto è immediatamente seguito da “Ora, come farò ad affrontare questo lavoro?”. Se sto lavorando con una nuova squadra, potrei sempre prendermi un po’ di tempo per capire il punto di vista di tutti, quindi l’inizio del progetto potrebbe essere la parte più difficile. In molti lavori c’è sempre un momento di difficoltà, spesso riferito al momento al montaggio della mia musica, quando tutti i dirigenti iniziano a prendere coscienza della musica stessa. A quel punto mi viene improvvisamente detto che “gli investitori statunitensi” vogliono più sonorità horror, romanticismo, cose meno strane, vogliono più temi sexy, più spaventosi, meno jazzati, o più jazz, ecc. ecc. Sistemiamo tutto e le cose si calmano. Quando riusciamo a registrare è di nuovo divertente.

5) Pensavo di diventare un compositore di musica classica, in particolare d’Opera. O un regista. La musica da film era una via di mezzo accettabile. Ho iniziato a realizzare cortometraggi e alla fine qualcuno è stato abbastanza pazzo da assumermi per comporre una colonna sonora orchestrale per un lungometraggio. Le cose sono iniziate da lì.

6) Sono felice di ascoltare la musica di altri artisti tramite streaming. Sono così abituato alla musica che vive nell’universo dello streaming che non ho alcun problema con la mia musica se viene rilasciata all’interno di questo universo, anche solo in modo esclusivo. Quello che mi manca però è la copertina. Anche un libretto su CD fornisce più dettagli, immagini e testi di quello che otteniamo sullo streaming e sui download. Una copertina in vinile ancora di più.

FINE VENTITREESIMA PARTE

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