“Una grande lezione di musica per film” – Parte Ventisettesima
“Una grande lezione di musica per film” – Parte Ventisettesima
Colonne Sonore, imperterrita, prosegue il suo viaggio nel dare risposte sempre più esaustive alle differenti domande dei nostri lettori che desiderano lavorare nella musica per immagini, attraverso le chiacchierate con coloro i quali frequentano da tanti anni o poco tempo l’Ottava Arte, componendo musica per immagini: ovviamente i compositori di Film Music!
Ecco la ventisettesima parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei domande uguali a cui molti compositori nostrani e stranieri hanno risposto con molta sincerità e arguzia per agevolare i futuri giovani colleghi che si cimenteranno con la Settima Arte e la sua musica:
Domande:
1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?
2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?
3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?
4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?
5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?
6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?
Alessandro Faro (compositore di La verità vi spiego sull'amore, Al posto tuo e Poli opposti)
1) In realtà non uso un metodo ben preciso, so però come iniziare: cercare una melodia che assomigli alla scena, che racconti di più, che la sostenga. Soprattutto che emozioni. Nel film Al posto tuo, con Stefano Fresi e Ambra Angiolini, c'è una scena molto divertente dove il personaggio di Fresi viene messo in difficoltà dal corteggiamento provocante e frenetico di una donna che non riesce a contenere nella sua, diciamo così, esuberanza. Ecco, lì una melodia avrebbe forse rovinato il lato comico della scena. Così, pensando a un ensemble di percussioni di musica africana, tra talking drum, djembe, dun dun e kenkeni, ho trovato quel che realmente serviva alla scena.
2) Oggi c'è tanta tecnologia. Abbiamo diversi software potenti e professionali che ci vengono in aiuto. Spesso mi è capitato di scrivere per quartetti d'archi che ho dovuto supportare da ottimi campioni, cioè suoni di strings o ensemble completi di percussioni che, proprio come dicevo prima, dati da banchi suoni danno ottimi risultati. Ovviamente gli strumenti veri sono un'altra realtà, ecco perché aggiungo (non sempre) i suoni dei software. Nella commedia Poli opposti con Luca Argentero e Sara Felberbaum ho usato questi campioni insieme al quartetto.
In una scena, i due protagonisti si trovano sopra Castel Sant'Angelo. La scena, molto romantica, doveva evocare certe atmosfere parigine visto che i due personaggi, a causa del volo annullato, alla fine si "accontentano" di trascorrere la serata a Roma anziché a Parigi. Così ho pensato di comporre un brano in 3/4 caratterizzato da, permettetemi la licenza, "melodie parigine" dove, un quartetto d'archi supportato dai campioni, sembra suonare come un'orchestra sinfonica.
3) Ogni regista, come ogni montatore, ha un diverso modo di lavorare. Quando "appoggiano" le musiche, ad esempio, per me diventa più facile entrare nella testa del regista, capire le sue intenzioni. Proprio come un sarto alle prese con un vestito che dovrà calzare a pennello, propongo il "modello" che a mio avviso si confà di più con la scena, o col momento del film, quindi se ne discute. Perché ogni scena ha bisogno del suo vestito esattamente come ne abbiamo bisogno noi nella vita. Sia che si vada al mare, sia che si vada a una cena galante.
4) Finora non ho avuto grandi problemi, se non quelli di impiegare un po' più del dovuto prima di trovare "il vestito" adatto per l'occasione. Come dicevo prima, in una scena la musica deve prima di tutto emozionare e a volte, lo ammetto, mi sono trovato davanti al foglio bianco senza un'idea precisa. Però sta tutto in quel momento, ossia aspettare che la musica stessa ti dia l'input, quindi provare e riprovare finché non salti fuori la giusta chiave di lettura che faccia "suonare" la scena. Perché, non dimentichiamolo mai, è il musicista a servizio della musica, non il contrario.
5) Ho avuto sempre il bisogno e il desiderio di creare musica, sin da bambino. Nel 2010, mi contatta una mia cara amica, la produttrice artistica Marilù Paguni, per chiedermi di comporre la colonna sonora di un cortometraggio diretto da Max Croci. Era la prima volta che "cucivo un abito". Un'esperienza del tutto nuova che mi ha dato un grande senso di libertà e tanta emozione. Vedevo e rivedevo i rulli che mi mandavano e dentro mi sentivo investire da un'energia positiva incredibile, specie quando realizzavo che quelle scene iniziavano a esprimere qualcosa di più grazie alla mia musica. Questa energia, queste emozioni, sono le risposte al perché mi sono innamorato di questo lavoro.
6) Per me è molto importante creare musica (questo è il principio). Vedere un CD fisico è emozionante perché non tutti (moltissimi, ma non tutti) usufruiscono del digital download, e mi viene da pensare che le persone più grandi di età, ad esempio, usino un CD piuttosto che il digitale. Anche perché, da un punto di vista psicologico, rispetto al download il CD ti invita di più all'ascolto. Viviamo però in un mondo veloce, privo di attese, così non appena clicchi sul preview del pezzo che vuoi ascoltare la prima cosa che pensi è che deve catturarti all'istante, altrimenti cambi subito. Per questo è più importante.
Emanuele Vesci (compositore di Malati di sesso)
1) Comporre una colonna sonora non è mai una cosa semplice, bisogna entrare nel mood del film, nella testa del regista, nella sua visione, cercare di capire cosa possa migliorare una scena vedendola e rivendendola. Quale musica possa trasformare una sequenza in una scena con una visione di insieme che poi è il ruolo della musica stessa. Creare magia.
2) Oggi la musica ha tantissime opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Certo, non è mai semplice ma è quasi sempre molto efficace comporre da campionamenti sia di orchestre che di "suoni" elettronici. Il nostro compito è quello, attraverso il contagio di fonti sonore differenti, di creare la giusta atmosfera che valorizzi il risultato finale.
3) Non esiste un iter preconfigurato, le cose possono cambiare ogni giorno, per questo il rapporto di equilibrio tra compositore, montatore e regista è fondamentale. Si inizia leggendo a fondo la sceneggiatura, per poi discuterne con la parte creativa per cercare di entrare nella sua visione finale. La prima release del mio lavoro è destinata a una discussione approfondita. La temp track aiuta molto anche noi compositori, ci dà un'idea concreta di come sarà il prodotto finale e di come ci si aspetta il nostro intervento. Certo, non è mai semplice far convivere la parte creativa visiva con la parte audiovisiva, per questo è un gioco di squadra che prevede la massima fiducia e rispetto dei ruoli. Non è tanto una questione di iter, quanto di fiducia reciproca. Questo è il segreto del successo.
4) Gli score sono le parti più complesse perché in pochi secondi bisogna dare l'effetto desiderato. I suoni giocano una parte rilevante, ma lo score merita precisione e dinamismo. In questo film, Malati di sesso, il rapporto con lo staff creativo è stato talmente fluido e ben gestito che non sono mai emerse particolari difficoltà. Questo è stato un lavoro complesso e lungo ma senza mai dover superare ostacoli che sembravano insormontabili.
5) Non esiste un'improvvisazione nel mondo dei compositori; lo studio e la dedizione devono essere una parte imprescindibile della propria formazione e avere la giusta sensibilità. Ho iniziato il mio sogno studiando composizione, diplomandomi al Saint Louis a Roma e partendo subito per Berlino, dove ho vissuto sei anni conoscendo un universo musicale alternativo e completo. La musica ha sempre accompagnato la mia vita proprio come una colonna sonora; ogni fase, ogni momento fin da quando sono bambino lo vivo con una mia colonna sonora, come un videoclip di una canzone, questo è il mondo, fa parte di me e "pensare musicalmente" mi appaga in tutto.
6) L'evoluzione della musica, il suo consumo è cambiato insieme alle tecnologie. La musica digitale, le piattaforme con librerie immense hanno avvicinato e dato accesso alla musica a nuove generazioni. Negli anni '80 si aspettava una canzone alla radio per ascoltarla e registrarla sua un'audiocassetta, oggi basta uno smartphone, un abbonamento e si ha a disposizione un'infinita scelta. Quello che emoziona oggi sono i download, è lì la competizione con se stessi, la logica dei follower ha intriso anche la soddisfazione e l'ego di noi compositori. Il CD fisico fa parte del passato e come l'industria musicale anche noi compositori dobbiamo essere al passo con i tempi e con le logiche del marketing. Poniamoci piuttosto la domanda, come sarà il futuro della musica a consumo?
Matteo Buzzanca (compositore di Non c'è tempo per gli eroi, Saremo giovani e bellissimi)
1) Onestamente l’unico metodo che adotto è quello di individuare i significati che abitano una storia e dare forma a questi concetti attraverso la musica. La musica grazie ai suoi aspetti formali e referenziali è in grado di creare una rappresentazione alternativa della realtà, potendo ampliare la forza e il significato delle immagini. Scelte le astrazioni a cui voglio dare forma cerco di individuare lo stile e il suono che queste astrazioni devono acquisire, trasformandosi da idee a musiche. Mi importa meno l’aspetto tecnico perché ogni volta mi approccio in maniera diversa a seconda della circostanza. Adottare metodi differenti oltretutto porta a risultati inattesi che arricchiscono ogni volta il proprio linguaggio musicale.
2) L’offerta di strumenti virtuali è diventata impressionante, è importante essere molto aggiornati su quello che offre il mercato perché tra la miriade di prodotti potrebbe esserci proprio quello che stai cercando. L’orchestra vera è riservata a pochi progetti quindi quando devo ricorrere ad un suono di stampo “sinfonico” cerco sempre di mischiare le carte. In passato, soprattutto in lavori destinati alla pubblicità, cercavo di riprodurre il timbro orchestrale con il massimo della meticolosità in maniera maniacale, del resto era quasi necessario. Ora che sto lavorando di più per il cinema mi sono totalmente emancipato da questo processo e cerco di dare un suono ibrido alla partitura attraverso elementi acustici ed elettronici realizzati da me.
3) Il regista e il montatore hanno la necessità in fase di pre-montaggio di lavorare con delle musiche preesistenti per avere una linea guida, un mood-board su cui poter sviluppare l’editing delle scene. Talvolta può essere vincolante l’affezione che si crea verso questi brani di appoggio, inevitabilmente diventano dei riferimenti. Tento sempre di non farmi influenzare troppo e di proporre qualcosa di personale che offra una lettura musicale più profonda e attenta a rispettare anche un’organicità rispetto a tutta la storia. Solo così si può trovare l’originalità, altrimenti si rischia di cadere nella rielaborazione, nel doppione. Voglio che le mie musiche originali siano davvero originali.
4) Forse quella che sto affrontando ora presenta diverse insidie. Devo musicare un lungometraggio animato che si ispira ai film della Pixar. I personaggi sono oggetti animati dalle sembianze umane che affrontano un’avventura ambientata in una città europea. Le difficoltà sono quelle di doversi confrontare con dei modelli musicali hollywoodiani, quindi c’è il rischio di essere imitativi. Lo stile sarà ibrido con molti momenti orchestrali ma voglio riuscire a dare un taglio europeo, non voglio riferirmi ad arrangiamenti di stampo “americano” molto diffusi e quindi facilmente stereotipati. Non sarà facile ma è sempre stimolante affrontare lavori dove non hai grandi certezze, pur correndo diversi rischi, i risultati possono essere sorprendenti.
5) Sono sempre stato appassionato di cinema almeno quanto di musica. Sono cresciuto guardando migliaia di film e ascoltando le colonne sonore dei grandi che avevo la fortuna di scandagliare attraverso i vinili che mio padre (faceva il discografico) mi portava a casa ogni giorno. Ho frequentato i seminari dell’accademia Chigiana con Luis Bacalov ed Ennio Morricone e mi sono diplomato in musica applicata al conservatorio di Rovigo. Ho approfondito moltissimo e autonomamente la materia della musica per film attraverso lo studio di una manualistica molto vasta in italiano e soprattutto in inglese. Una grande palestra è stata la mia esperienza in campo pubblicitario dove ho realizzato centinaia di musiche per gli spot commerciali. Negli anni non sono mancati i documentari, le mostre multimediali e gli spettacoli teatrali tutti ambiti in cui la musica di commento ha un ruolo molto importante e che presentano difficoltà diverse, una grande opportunità di apprendimento. La mia attività principale però negli anni si è spostata verso la musica pop che mi ha regalato grandi soddisfazioni vincendo numerosi dischi di platino e d’oro come autore e produttore per i più grandi artisti italiani. Recentemente mi hanno offerto la possibilità di lavorare per il film Saremo giovani e bellissimi di Letizia Lamartire. Avevano bisogno di un compositore che oltre alla colonna sonora tradizionale scrivesse anche delle canzoni originali necessarie alla messa in scena. Era l’occasione giusta per me, essendo forse un musicista a cavallo tra i due mondi. Ho cercato di dare un timbro originale ai momenti strumentali e scrivere canzoni che oltre ad avere uno spirito pop, possedessero un allure cinematografico. Il film è stato presentato fuori concorso al 75mo Festival del Cinema di Venezia e il mio lavoro è stato premiato con il Soundtrack Stars Award, riconoscimento dedicato alle colonne sonore.
6) Personalmente mi fa piacere vedere e toccare il CD box ma mi rendo conto come ormai abbia sempre meno importanza la stampa su un supporto fisico; dobbiamo abituarci alla fruizione su piattaforme di streaming. Chiaramente la presenza di un booklet da maggiori informazioni a quelli che vogliono conoscere i dettagli e i professionisti coinvolti nella realizzazione di un disco, ma dopo tutto quello che mi interessa è che la mia musica possa essere reperibile da tutti quelli che la vogliono ascoltare, in un modo o nell’altro.
FINE VENTISETTESIMA PARTE