Alan Silvestri – Robert Zemeckis, storia di un sodalizio oltre i generi

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Alan Silvestri – Robert Zemeckis, storia di un sodalizio oltre i generi

Quando due artisti trovano un’assoluta comunione di intenti si crea un’intesa che travalica qualsiasi limite o rigida classificazione che preconcetti di genere possono creare. Il sodalizio tra Robert Zemeckis e Alan Silvestri si è costruito su un processo di continua reinvenzione dei generi e proprio su questo sperimentalismo può forse trovarsi la chiave di volta di un rapporto così lungo e solido.
La prima collaborazione dei due artisti risale al 1984 con All’inseguimento della pietra verde pellicola dalla duplice natura, una mistione di avventura e commedia che trova perfetta realizzazione musicale nella partitura che il compositore di origini italiane scrive; andamento jazz che conquista per la velocità e che sembra ripercorrere gli scoscesi gradini dell’avventura dei due protagonisti in un tortuoso ma frizzante sviluppo di musica e immagini.
L’anno dopo sarà la volta della loro seconda collaborazione con Ritorno al futuro che costituisce un pilastro della cinematografia moderna insieme alle musiche che sono divenute altrettanto iconiche. Su una strada simile a quella già tracciata dal loro primo sodalizio, Silvestri e Zemeckis puntano a lavorare sulla briosità del connubio immagini – musica, sull’alto valore simbolico e iconico che esse riescono a trasmettere. Probabilmente il tema del film risulta essere tra i più simbolici del genere fantascientifico; per la prima di una lunga serie, la collaborazione riesce a creare un prodotto unico nel genere che riesce a identificare un’intera generazione oltre che una ben determinata tipologia filmica.
Il successo di Ritorno al futuro continua con i due sequel in cui è confermata la grande comunione di intenti tra i due artisti tanto che Silvestri scriverà una sorta di ballata per il lato western della parte terza a testimoniare, se ce ne fosse bisogno, la grande versatilità del compositore che riesce a tradurre in musica quello che Zemeckis porta sullo schermo.
La poliedricità di Silvestri trova ulteriore perfetta realizzazione nelle musiche di una pellicola a metà strada tra cartoon e live action, Chi ha incastrato Roger Rabbit?. Nella partitura il compositore riesce a far convivere in maniera unica le due anime di un film dalla complessa natura ma che trova nell’aspetto musicale, il suo lato più luminoso. Con andamenti che ripercorrono proprio gli andirivieni cartooneschi e momenti di più distesa melodia, la partitura dimostra che il compositore è riuscito a far coesistere anime di una natura mista come dimostra la tecnica di ripresa del film.
Il 1992 è l’anno di un altro lungometraggio che, a suo modo, ha fatto epoca: La morte ti fa bella. In un crocevia grottesco, Zemeckis e Silvestri ancora una volta danno vita a un’opera dalle tante sfaccettature; analogamente a quanto avvenuto nelle collaborazioni precedenti, il compositore realizza una partitura che vive di andamenti veloci e atmosfere lugubri; come se, sulle orme dei protagonisti, le note fossero in bilico tra un’assetata voglia di giovinezza e l’oscuro e inesorabile martellante procedere del tempo.
Dopo due anni di silenzio, Zemeckis sceglie nuovamente Silvestri per musicare Forrest Gump. In esso Silvestri scrive una delle sue più belle pagine, riuscendo a rendere in musica quell’evanescente carattere del protagonista, continuamente in bilico tra un adorabile candore e un’apparente stoltezza. Una parte più melanconica della partitura, caratterizzata da archi e coro, si alterna a una levità contraddistinta dal pianoforte che sembra ripercorrere le volute della piuma in cui pare incarnarsi quella leggerezza di cui Forrest diviene simbolo, nelle immagini così come nella musica. Non a caso questo lavoro varrà a Silvestri la nomination all’Oscar.
foto_rbert_zemeckis_alan_silvestri.jpgDopo Forrest Gump Zemeckis torna alla fantascienza; una fantascienza che si tinge di dramma metafisico e che costituisce l’ennesima collaborazione con Silvestri. Con Contact il regista esplora terre ignote, al di là della pura percezione delle cose; anche in questo caso, Silvestri lo segue e scrive una partitura dal carattere classico sul quale spicca il tema principale che rappresenta il rapporto padre – figlia e che costituisce la monade fondante dell’intera esecuzione musicale.
Lo abbiamo detto, non ci sono limiti di genere al sodalizio Zemeckis – Silvestri; è il 2000 quando i due tornano a lavorare insieme per Le verità nascoste, thriller ben lontano da qualsiasi lido al quale la loro collaborazione era approdata. Tinte oscure che vengono trasposte in musica con atmosfere gotiche, improvvisi salti, ritmi sincopati. La musica percorre quello stesso sentiero tenebroso nel quale si è avventurato il regista; Silvestri realizza una partitura dal timbro pesante lontano da quella solarità che aveva caratterizzato molte opere precedenti.
Nello stesso anno esce anche Cast Away che oltre a suggellare una pluriennale collaborazione tra Zemeckis e Silvestri, vede tornare in primo piano la performance attoriale di Tom Hanks. Un trio Zemeckis – Silvestri – Hanks che sembra andare all’unisono, che riesce a realizzare un’opera di grande spessore; eppure la musica nel film non trova ampio spazio, quasi che essa si allontani per sottolineare la totale solitudine nella quale si ritrova il protagonista. Non è un caso che le note di Silvestri risuonino solo all’inizio e alla fine della pellicola quando, cioè, non prevale l’assoluto silenzio dell’isolamento. Eppure, nonostante questa sua breve comparsa anche la musica riesce ad essere iconica di un modo ben preciso di fare cinema; il suono del mare, primitiva musica ancestrale, entra a far parte della partitura quasi che il naufragio fosse anche un ritorno alle origini e con essa la musica regredisce fino a divenire essa stessa natura, acqua, principio generatore di tutto. Su questo substrato si innesta un pianoforte dall’andamento fortemente malinconico, il tema dell’abbandono che riesce a compenetrarsi alla natura, sul quale prevale la componente amorosa che, come in un abbraccio, riesce a racchiudere il tutto.
I tre protagonisti di Cast Away tornano a lavorare insieme dopo quattro anni; questa volta l’avventura si sposta sul piano visivo e tecnico. Polar Express costituisce infatti un primo esperimento di andare oltre la realtà, nel quale personaggi in carne ed ossa, si nascondono dietro personaggi ricreati al computer. Il film vanta atmosfere incantate che sembrano dar vita ai sogni infantili; ancora una volta Silvestri riesce nell’operazione del regista, quella di riportare al sogno la realtà. Musiche tradizionalmente natalizie si uniscono a pagine di grande intensità nelle quali il mondo reale sembra trasfigurarsi nell’aura del sogno infantile. Su una medesima strada si muove il progetto che nel 2009 Zemeckis porta alla luce; A Christmas Carol infatti, ripercorre la medesima strada di Polar Express e raggiunge risultati analoghi, sebbene in questo caso atmosfere più lugubri sembrano allungare la propria ombra, come se esse fossero metafora degli spiriti dei Natali passati, presenti e futuri di cui Silvestri carpisce il lato musicale tenebroso al quale alterna pagine dal carattere solare, simbolo di una speranza mai perduta.
Tra questi due progetti, si insinua Beowulf che, se dal punto di vista tecnico continua sulla strada dello sperimentalismo, contenutisticamente si caratterizza per toni diversi, più muscolari. Per la pellicola del 2007 Silvestri procede su questo piano, seguendo le orme del regista e creando una partitura più rude e pesante, a tratti ruvida, specchio dell’anima del protagonista e speculare al voluto risultato registico.
Il dramma umano di Flight costituisce un «ritorno all’ordine»; Zemeckis si spinge nell’indagine psicologica di un uomo e, ancora una volta, Silvestri lo segue. La partitura è quasi minimale ma le poche note del tema principale costituiscono la trama fondante su cui si edifica l’intero edificio musicale, quasi un filo che sembra essere la «docile fibra» del personaggio su cui si avvita l’intera vicenda.
Giungiamo all’anno in corso e troviamo l’ultima collaborazione; The Walk costituisce, sicuramente, una splendida pagina scritta da Silvestri. In essa il compositore riesce ad impiegare una sintassi musicale che alterna lirismo a fraseggi più sottili, nervosi ma che riescono a dialogare in maniera splendida. Metafora di un percorso su una fune, il compositore si poggia sulle immagini per ricrearne l’atmosfera di sospensione che anche il regista ha saputo, sapientemente, creare.
Il sodalizio Zemeckis – Silvestri è sicuramente tra i più fruttuosi della storia del cinema; un dialogo che ha permesso alla musica e alle immagini di creare una trama perfettamente intessuta. Oltrepassando la divisione dei generi, Zemeckis e Silvestri hanno saputo raggiungere una comunione che ha travalicato qualsiasi sperimentalismo formale o essenziale. La loro collaborazione è certamente segnata da un comune modo di percepire il cinema e con esso la musica che accompagna proprio quelle immagini che, probabilmente, senza il lato sonoro sarebbero meno efficaci e iconiche.



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