Giacinto Scelsi, chi era costui?

giacinto_scelsi2.jpgGiacinto Scelsi, un compositore, paradossalmente, fuori tempo.

Quando alle elementari mi veniva affidata una ricerca, consultavo quante più fonti mi fosse possibile; per confrontare, arricchire, scoprire, spinta dalla smania di sapere (sino a quando, all’Università, un assistente di Diritto della navigazione mi disse: “Mai fare più del necessario”). Se questa fiamma si è riaccesa devo ringraziare Martin Scorsese, e nello specifico un articolo uscito su La Stampa (17 marzo 2010, pag.35). A questo punto urge dissipare i punti interrogativi ammassati nella mente di chi legge e raccontarvi, nel dettaglio, il frutto della mia ricerca.

Tutto ha inizio con le musiche di Shutter Island. Martin Scorsese, infatti, ha scelto due pezzi di forte impatto e mai utilizzati prima per un film, di tale Giacinto Scelsi (Pitelli-La Spezia, 8 gennaio 1905 - Roma, 9 agosto 1988). Si tratta di “Quattro pezzi su una nota sola” (1959), caratterizzato da una singola nota ribattuta (questo nuovo stile in realtà è frutto della ‘sua’ terapia per un esaurimento nervoso, durante la seconda guerra mondiale, causato dall’abbandono dalla moglie), e “Uaxuctum” (1966), che narra “La légende de la cité Maya, détruite par eux-même pour des raisons religieuses”. Scelte curiose che la dicono lunga sull’autore. Giacinto Scelsi era un genio incompreso e, paradosso per un musicista, fuori tempo. Schivo per carattere e necessità: non è un mistero che chi è particolarmente dotato si inimichi accademici e colleghi. Ma andiamo per ordine. Scelsi, Conte di Ayala Valva (il padre era Tenente di Vascello e la madre aveva nobili origini), risiedeva nel castello di Valva in Irpinia, dove viene istruito privatamente fino al trasferimento a Roma. Va da sé che il denaro per togliersi qualche sfizio culturale attraverso viaggi e ghiotte frequentazioni non fosse un problema. A soli quindici anni, infatti, è un habitué del mondo artistico, musicale e letterario e tesse rapporti con Jean Cocteau, Norman Douglas, Mimì Franchetti e Virginia Wolf, che lo portano in Francia e Svizzera. Nel 1927 si sposta in Egitto, dove avviene il primo contatto con musiche non europee. Ma le esperienze e le leggi razziali italiane (che nel ’37 ostacolarono l'esecuzione di concerti da lui organizzati e affidati a giovani compositori italiani e stranieri), fanno sì che Scelsi scelga la Svizzera (dove rimane sino alla fine del secondo conflitto mondiale) e approfondisca altre tecniche compositive (come la dodecafonia). Torna a Roma con il fardello della depressione che lo spinge verso la poesia, le arti visive, il misticismo orientale e l’esoterismo. Musicalmente sperimenta l'improvvisazione su strumenti usati in maniera non ortodossa, nuovi strumenti come l'ondiola (capace di riprodurre i quarti e gli ottavi di tono), e soprattutto l’improvvisazione in uno stato zen di consapevolezza (Scelsi praticava yoga e meditazione). Componeva improvvisando e registrando su nastro magnetico, poi i suoi collaboratori trascrivevano la musica, a cui lui infine aggiungeva istruzioni per l'esecuzione. In realtà è stata registrata ben poca musica. Conseguenza di tutta questa complessità? Poca fruibilità e rischio di ‘invisibilità’. C’è infatti chi, come il compositore Vieri Tosatti, rivendica il diritto d’autore su molte opere di Scelsi. In un articolo sul Musical Times, Franco Sciannameo (violinista che collaborò con Scelsi) dichiara: "Scelsi registrava sequenze di suoni eseguite su un'ondiola, ma qualcun altro doveva occuparsi del resto. Questo "qualcuno" era Vieri Tosatti. Le partiture dei grandi lavori per orchestra, e i quartetti per archi furono probabilmente scritte da lui”. Querelle a parte, è certo che Scelsi ha anticipato alcune correnti (minimal music e la musica spettrale), era un artista nell’accezione del termine, uno spirito dotato di grande sensibilità e un compositore tanto grande da sfuggire alla vista, diventando quasi invisibile… ma stimato, apprezzato e conosciuto da musicisti di tutto il mondo e da ‘piccoli nuovi fan’, come la sottoscritta.

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