Memorabile concerto all’Amiata Piano Festival
Roma. Trascorsi molti anni Guido Lanza cerca invano di avere un colloquio con Marco Pace, che a sua volta evita puntualmente l’incontro.
Al termine della suggestiva parabola che porta lo spettatore indietro nella Palermo degli anni cinquanta i due giungono a salutarsi da lontano, Marco dalla finestra e Guido dalla strada.
Il film Il manoscritto del principe, fortemente voluto e prodotto nel 2000 da Giuseppe Tornatore con la regia di Roberto Andò, tratteggia in modo suggestivo il contesto culturale e sociale in cui nasce il romanzo Il gattopardo, scritto dal principe Giuseppe Tommasi di Lampedusa, nobile studioso e letterato che cerca nei ventenni Marco e Guido il proprio erede spirituale e artistico in un turbinio di tensioni, passioni, sogni e delusioni.
I due giovani sono diversi per carattere e estrazione sociale e il rapporto è percorso da momenti di intesa ma anche di incomprensione e rivalità. Nella realtà Guido Lanza diventerà poi il noto musicologo Gioacchino Lanza Tomasi mentre Marco sarà in seguito lo scrittore Francesco Orlando, sul cui romanzo Ricordo di Lampedusa si basa il lavoro di Andò. Il film avvolto in una suggestiva e nostalgica atmosfera poetica e letteraria colpisce per le magnifiche inquadrature e la sottile caratterizzazione psicologica dei personaggi. La musica che lo percorre è firmata da Marco Betta (1964), si inserisce in modo coinvolgente nella sceneggiatura e riesce a stabilire un rapporto simbiotico con le immagini pur in un montaggio peraltro non sempre propriamente equilibrato. Lontana da forzature retoriche e ripiegamenti oleografici la scrittura assume un ruolo protagonistico nel suo trasmettere la tensione psicologica che avvolge i protagonisti.
Dopo lo splendido lavoro per orchestra “Cieli notturni” eseguito in prima mondiale al Teatro San Carlo a Napoli il 18 e 19 ottobre 2014 ora è l’Amiata Piano Festival (www.amiatapianofestival.com) a tenere a battesimo una nuova partitura del compositore siciliano commissionata per l’occasione ed eseguita il 30 luglio nella seconda serie di concerti denominata Euterpe.
Il linguaggio del compositore palermitano associa una profonda e assorta dimensione introspettiva a una liturgia sonora di severa espressività che trasmette il suo intimo rapporto con l’arte, il clima e i paesaggi della sua terra attraverso suggestive trasfigurazioni poetiche.
Nella “Suite” per pianoforte, violoncello e fiati Marco Betta propone un suggestivo affresco basato proprio su temi della colonna sonora composta per il film Il manoscritto del principe. Nell’affascinante tessuto armonico creato dagli strumenti a fiato (due corni, fagotto, controfagotto, corno inglese, oboe, due clarinetti, flauto e flauto traverso) si muovono le avvolgenti evoluzioni tematiche del violoncello e del pianoforte in un’atmosfera dai contorni nostalgici e sognanti, tratteggiata da una scrittura che poggia sulle severe linee di un registro introspettivo. Nell’ascolto disgiunto dalle immagini la musica di Betta conferma la sua imponente, profonda identità e valenza artistica.
In perfetto rapporto dialettico con il formidabile complesso orchestrale I fiati di Parma guidato dal Maestro Claudio Paradiso, la violoncellista Silvia Chiesa e il pianista, Direttore Artistico e fondatore del Festival Maurizio Baglini esaltano con il proprio profondo impegno intellettuale ed elegante gesto gli accenti poetici e la sottile tensione drammatica che percorre la magnifica partitura in un’esecuzione accolta festosamente dall’attento pubblico che gremisce l’imponente Forum, nuova sala della musica realizzata dalla Fondazione Bertarelli che sostiene il Festival, sorta in località Poggi del Sasso in provincia di Grosseto ai piedi del Monte Amiata, nella straordinaria cornice dei paesaggi collinari tappezzati dai rigogliosi vigneti e oliveti del Montecucco.
Il concerto si era aperto con il giocoso e misuratissimo modernismo della singolare parafrasi mozartiana composta da Jean Francaix (1912 -1997), denominata “Hommage à l’ami Papageno” ed eseguita con grande maestria, eleganza di accenti e magnifiche sfumature di fraseggio dal pianista Maurizio Baglini e dall’Orchestra da camera I fiati di Parma. Semplicemente strepitosa la seconda parte della serata.
In programma il “Concerto” per violoncello e orchestra di fiati del leggendario Friedrich Gulda (1930 - 2000). Pianista austriaco fortemente carismatico, geniale e sregolato, molti lo ricorderanno per le straordinarie interpretazioni dell’opera pianistica di Bach, Mozart e Beethoven. L’universo classico gli stava molto stretto e decise quindi di aprirsi ad altri generi, in particolare il jazz, che lo porteranno ad esibirsi con artisti come Herbie Hancock, Chick Korea e Joe Zawinul.
Il suo Concerto per violoncello e orchestra di fiati composto nel 1980, dedicato al violoncellista Heinrich Schiff e ispirato alla Zauberflöte di Mozart è fra i suoi lavori più amati e conosciuti.
Di forte matrice polistilistica è costruito su una debordante fantasia motivica, carica ritmica e frequenti mutazioni atmosferiche percorse da una formidabile tensione emotiva che avvolge e avvince l’ascoltatore in modo dirompente.
Nel suo eclettismo polistilistico anche Alfred Schnittke (1934 - 1998) aveva introdotto elementi di jazz e musica popolare in un lavoro imponente come la sua Prima Sinfonia, ispirata al bellissimo film documentario Eppure credo. Il mondo oggi (Mosfilm, 1976) realizzato da Mikhail Romm. Nell’organico della sinfonia è previsto infatti anche l’impiego di una jazz-band.
Rispetto all’impegno artistico di grande compositore sinfonico quale era Schnittke, Gulda evidenzia un approccio più disinvolto, scanzonato e sicuramente anche meno intellettuale nel suo associare jazz e classico in modo altamente singolare.
L’organico orchestrale prevede i seguenti strumenti: violoncello solista, chitarra elettrica, contrabbasso, batteria (con tamburino e triangolo), due fagotti, due oboi, ottavino, flauto traverso, due clarinetti, due corni, due trombe, trombone e tuba.
La partitura è articolata in cinque movimenti: “Ouvertüre”, “Idylle”, “Cadenza”, “Menuett”, “Finale alla marcia”.
Davvero formidabile la “Cadenza”, culmine della partitura, in cui l’orchestra tace e il solista si lancia in un folle e complesso percorso musicale attraverso disparate esperienze stilistiche, da Bach fino al rock con portentosi virtuosismi e stacchi improvvisati. Semplicemente irresistibile e galvanizzante poi il “Finale alla marcia”, giocoso caleidoscopio motivico in cui il compositore intesse in modo geniale ritmi di polka, banda militare e richiami jazzistici.
Con la sua imponente arcata, chiarezza di articolazione, straordinaria forza espressiva, strabiliante virtuosismo, impressionante capacità di andare oltre la partitura, coglierne e rappresentarne in modo magistrale la psicologia drammaturgica che la anima, Silvia Chiesa si conferma fra i maggiori interpreti della letteratura del suo strumento. Insieme alla magnifica compagine da camera I fiati di Parma guidata con raffinatezza e sensibilità dal Maestro Claudio Paradiso firma un’esecuzione assolutamente stellare della partitura di Gulda che rimarrà a lungo impressa nella memoria del numeroso e attento pubblico presente.
Successo trionfale con immancabili fuori-programma.