LaVerdi e le musiche della grande Hollywood
Un tuffo nelle spettacolari colonne sonore del cinema hollywoodiano classico insieme all'Orchestra Verdi
Per nulla intimorita dalla canicola opprimente, né da una Milano ancora semi-deserta (fatta eccezione per le lunghissime code di turisti ai padiglioni di Expo), l'Orchestra Sinfonica di Milano 'Giuseppe Verdi' continua la sua stagione sinfonica 2014-15, che prosegue senza soluzione di continuità anche in questi mesi estivi appunto in occasione di Expo, proponendo al suo pubblico programmi ricchi e variegati per tutti coloro che stanno passando l'estate in città, milanesi e non.
Il concerto eseguito Giovedì 20 Agosto presso l'Auditorium di Milano (in replica Domenica 23 alle 18:00) è il primo di una serie di tre programmi tutti dedicati alla musica scritta per il cinema che accompagneranno il pubblico nel corso delle prossime settimane. Ad inaugurare questo ciclo 'cine-musicale' è stato il direttore d'orchestra americano Timothy Brock con un programma dedicato interamente alle musiche del cinema hollywoodiano classico, ossia il periodo che va dal 1930 alla fine degli anni '50 altrimenti noto come 'Golden Age'.
Un vero e proprio viaggio nelle sonorità maestose ed avviluppanti di celebri partiture firmate da alcuni dei più grandi ed importanti compositori attivi in quel periodo: Max Steiner, Franz Waxman, Miklós Rózsa, Bernard Herrmann, Elmer Bernstein, senza dimenticare un autore colto come Leonard Bernstein, qui presente nell'unica incursione cinematografica della sua illustre carriera. Tutti questi autori possono essere considerati i 'padri fondatori' del sound hollywoodiano che ha contraddistinto per almeno tre decenni le pellicole della più importante industria cinematografica del mondo e del quale possiamo trovare tracce più o meno visibili in svariate colonne sonore per il cinema hollywoodiano moderno, pur con le debite differenze stilistiche ed estetiche. E' quanto meno curioso ed eloquente che molti di questi compositori (a cui vanno aggiunti anche Erich Wolfgang Korngold, Dimitri Tiomkin e Alfred Newman) fossero in gran parte europei emigrati negli Stati Uniti per ragioni politiche o razziali, portando dunque con sé un bagaglio di conoscenze e di esperienza che avrebbe largamente influito nell'estetica generale della musica scritta per il cinema, un aspetto che il programma proposto dal Maestro Brock e LaVerdi ha messo ben in evidenza. La grande tradizione sinfonica europea tardo-ottocentesca ha continuato a vivere in molte delle partiture hollywoodiane ed ha conosciuto una inaspettata seconda vita, in modo pressoché antitetico alle pulsioni moderniste e avanguardiste che invece animavano le sale da concerto di quegli anni.
Tuttavia, è toccato a una delle “Expo Variations” del compositore italiano Nicola Campogrande (Torino, 1969) aprire il sipario in questa serata hollywoodiana. Come raccontato dallo stesso compositore nel programma di sala, il progetto delle Expo Variations nasce in occasione della manifestazione che si sta svolgendo in questi mesi nella capitale lombarda e prevede appunto 24 variazioni basate sugli inni nazionali e sulle suggestioni musicali di altrettanti paesi ospiti dell'esposizione. La Variazione presentata in apertura del concerto era dedicata all'Ungheria: un breve ma gustosissimo divertissement nel quale gli echi dei due inni nazionali magiari si inseguono, si sovrappongono e letteralmente giocano uno con l'altro in un concitato caleidoscopio di colori orchestrali, nel quale spiccano due arpe e una nutrita sezione di percussioni (davvero molto bravi e precisi i giovanissimi percussionisti).
Il tema vero e proprio della serata è cominciato immediatamente dopo con l'ouverture tratta dalla suite sinfonica di Quarto potere (Citizen Kane, 1940), partitura seminale composta da un allora ventinovenne Bernard Herrmann (1911-1975) per la pellicola diretta da Orson Welles, ritenuta ancora oggi come il più grande film di tutta la storia del cinema. L'ouverture è un piccolo bonbon in forma di polka, nel quale Herrmann gioca con gusto quasi “shostakovichiano” con tutte le sezioni dell'orchestra. A seguire è stata la volta di un estratto da un'altra partitura di grande valore storico, ovvero King Kong (id., 1933) di Max Steiner. Il compositore austriaco (1888-1971) è stato uno dei veri pionieri della colonna musicale sincronizzata in modo preciso e cronometrico alle immagini: la partitura di King Kong ne è uno dei primissimi esempi e probabilmente ancora oggi uno dei migliori e più efficaci. La forza bruta e l'aspetto colossale del gigantesco gorilla vengono tradotti in musica da Steiner con una serie di figurazioni musicali altrettanto barbare e primitive, accompagnate da archi in costante turbinio e da percussioni incandescenti; l'orchestra Verdi ha dunque potuto mostrare i muscoli in tutte le sue sezioni, grazie anche all'ottima concertazione di Timothy Brock. E' toccato poi ad un estratto da un'altra partitura dei primordi: La sposa di Frankestein (The Bride of Frankestein, 1935), composta da Franz Waxman (1906-1967), dalla quale è stato eseguito il brano che accompagna la sequenza della creazione della sposa. Su un incessante 4/4 scandito dai timpani, l'orchestra acquista sempre più forza e dimensione, presentando cellule motiviche talora aspre e dissonanti fino al momento in cui la sposa prende vita e dove il tema a lei dedicato esplode in tutto il suo fascino, in un irresistibile crescendo di percussioni, archi e celesta: davvero curioso vedere come all'epoca si dovesse ricorrere alle risorse dell'orchestra per creare veri e propri 'effetti sonori' altrimenti non realizzabili. Un balzo avanti di una decina d'anni ci porta invece alle sonorità 'teutoniche' di Miklós Rózsa (1907-1995) e della sua partitura per Giorni perduti (Lost Weekend, 1945), dalla quale è stata eseguita una lunga ed affascinante suite di 12 minuti preparata da Christopher Palmer ed incisa negli anni '70 da Elmer Bernstein in un bellissimo 33 giri dedicato alle musiche del compositore ungherese. Il film di Billy Wilder fu il primo ritratto spietato e realistico in una grande produzione hollywoodiana del problema dell'alcolismo, reso ancora più toccante grazie all'interpretazione indimenticabile di Ray Milland. Il vortice di perdizione nel quale cade il protagonista è accompagnato da Rózsa con il suono onirico e angosciante del theremin (che il compositore utilizzò con altrettanta efficacia nella colonna sonora di Io ti salverò, scritta nel medesimo anno), ma non manca comunque l'abbagliante nitore delle melodie che hanno reso celebre Rózsa, che per questo film scrive uno dei più bei temi d'amore della storia del cinema. Anche qui l'Orchestra Verdi e il direttore hanno dato prova di grande spessore, restituendo molto bene la densità della partitura. Un altro immortale capolavoro diretto da Billy Wilder è stato l'oggetto della pagina presentata successivamente: Viale del tramonto (Sunset Boulevard, 1950), musicato da Franz Waxman. Il cinico e decadente ritratto di una dimenticata diva del cinema muto interpretata dalla straordinaria Gloria Swanson dà l'occasione al compositore tedesco di scrivere una delle sue partiture più belle ed affascinanti, giustamente premiata con l'Oscar per la Migliore Colonna Sonora Originale. Dall'irresistibile allegro del preludio passando per la dolcezza del tema d'amore fino ad arrivare alla magnifica trasfigurazione straussiana del finale, la partitura di Waxman accende tutta la compagine milanese e le regala un'altra bella occasione per far risplendere il loro bel suono.
La seconda metà del programma ha presentato una selezione dove è stato possibile ravvisare l'evoluzione dello stile e della forma all'interno della musica hollywoodiana, grazie all'apporto di compositori forse più predisposti alle influenze della modernità. E' toccato alla magnifica suite sinfonica tratta da Fronte del porto (On The Waterfront, 1954) di Leonard Bernstein (1918-1990) fare da apertura a questa seconda parte. La bella scrittura di Bernstein ha dato ai solisti Massimiliano Crepaldi (flauto), Sandro Ceccarelli (corno) e Alessandro Caruana (tromba) l'occasione di dimostrare la loro bravura. Il programma è proseguito poi con la suite tratta dalla colonna sonora de La donna che visse due volte (Vertigo, 1958), composta da Bernard Herrmann per il film diretto da Alfred Hitchcock. Forse una delle più grandi mai scritte dall'irascibile e geniale compositore americano, la partitura di Vertigo è un vero e proprio caposaldo della musica applicata e la sua trascrizione da concerto (preparata dallo stesso Herrmann) è sempre più presente nei programmi delle orchestre sinfoniche di tutto il mondo. La Verdi l'ha eseguita già diverse volte nel corso degli anni e la lettura data insieme al Maestro Brock è stata un'ulteriore dimostrazione dell'affinità della compagine per la scrittura herrmanniana. Affinità che è stata ancora più evidente nella seguente selezione, ovvero la Suite per orchestra d'archi tratta dalla colonna sonora di Psyco (Psycho, 1960), l'altro grandissimo capolavoro di Bernard Herrmann per Alfred Hitchcock. Dal concitato allegro dei titoli di testa alle angoscianti tessiture che accompagnano la follia di Norman Bates fino all'ormai arcinoto glissato che dipinge brutalmente le coltellate dell'assassino, la modernità della scrittura di Herrmann è venuta fuori con vigore grazie all'esecuzione precisa della sezione degli archi dell'orchestra Verdi, ben concertata dal Maestro Brock. E' toccato infine ad un altro grande classico della cine-musica hollywoodiano chiudere il sipario sulla serata: il tema principale de I magnifici sette (The Magnificent Seven, 1960) di Elmer Bernstein (1922-2004) ha salutato il pubblico coi suoi ritmi sincopati e le sue trascinanti ed ariose melodie da cavalcata nella praterie, un vero e proprio marchio di fabbrica della musica western.
Un bel concerto che il pubblico presente in sala ha mostrato di apprezzare molto e che testimonia, casomai ve ne fosse ancora bisogno, quanto la migliore musica scritta per il cinema possa vivere di vita propria in sala da concerto senza sfigurare o perdere di alcun valore intrinseco, nonché contribuire ad arricchire i programmi delle orchestre nostrane.