Amadeus – Il concerto: Oltre il sipario, al di là del palcoscenico

Amadeus – Il concerto: Oltre il sipario, al di là del palcoscenico
Reportage della versione in forma semiscenica di John Axelrod tratta dal testo teatrale di Peter Shaffer, tenutosi presso l’Auditorium di Milano il 27, 28 e 30 Ottobre 2016

Una bellissima ed inedita esperienza che unisce musica e teatro quella proposta dal poliedrico direttore d’orchestra statunitense John Axelrod insieme all’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi nell’ultimo fine settimana di Ottobre. In concomitanza con il 225° anniversario della morte di Wolfgang Amadeus Mozart, il Maestro Axelrod ha portato sul palco dell’Auditorium di Milano la sua singolare versione in forma semiscenica in due atti di Amadeus, la celebre piéce teatrale del commediografo inglese Peter Shaffer, da cui è stato tratto l’altrettanto famoso film omonimo di Milos Forman del 1984, vincitore di 8 premi Oscar.

La versione del direttore d’orchestra cerca di unire il senso del testo teatrale con le suggestioni della riduzione cinematografica, creando una sorta di ibrido che vede nella presenza scenica dell’orchestra sul palco insieme ai tre attori principali l’aspetto più suggestivo dell’operazione. La piéce di Shaffer lavora sul presupposto letterario (immaginato da Puskin) dell’accesa rivalità tra il compositore italiano Antonio Salieri e il genio di Salisburgo, spinta fino al punto in cui Salieri decide di eliminare il suo avversario avvelenandolo col cianuro. Nel suo senso profondo, l’opera si propone come una profonda riflessione sui limiti umani di comprendere ciò che viene definita “l’ispirazione divina”. Ed ecco allora che Salieri – l’Io narrante con cui viene chiesto di identificarci – ingaggia un dialogo serrato con lo spettatore, ma allo stesso tempo con Dio, chiedendogli conto, da uomo pio e devoto quale é, di che cosa ne è dell’Uomo di fronte a un Genio fuori da qualunque schema capace di trasformare la sua musica nella vera e propria “voce di Dio”, mettendo dunque in scena un affascinante variazione dell’eterna hubris dell’Uomo verso Dio. Genio e mediocrità, Dio e l’Uomo, Mozart e Salieri si presentano trasfigurati al pubblico, che in questa versione diventa partecipe soprattutto del mistero della creazione musicale, grazie ai sette interventi musicali scelti come vera e propria punteggiatura drammaturgica del racconto, portando lo spettatore/ascoltatore fuori e dentro la scena, ma anche fuori e dentro la musica stessa. Come dice Axelrod nelle note introduttive sul programma di sala “è fantastico suonare la musica di Mozart dal vivo, ma […] questo compenetrarsi di teatro e musica, […] sfida la tradizionale nozione di concerto e offre nuovi paradigmi ed un’esperienza che è al contempo concreta e astratta”. Il primo movimento della “Sinfonia n°25 K.183” fa alzare il sipario come una vera e propria ouverture – indubbiamente memore della versione cinematografica, che si apriva con questa composizione – portando il pubblico in media res tra le pieghe del genio mozartiano, restituito da Axelrod e la Verdi con grande nitore drammatico. Ed è qui che fa il suo ingresso in scena l’anziano Antonio Salieri (interpretato da Luca Barbareschi, vero e proprio mattatore dello spettacolo), pronto a fare la sua grande confessione di fronte a Dio e al pubblico. Il primo esempio di Mozart come “voce di Dio” arriva con l’”Adagio dalla Serenata per 13 strumenti K.361”, introdotta da un Salieri che si tormenta per l’esperienza del sublime che questa musica gli suscita; Axelrod concerta questa gemma mozartiana con grande cura e attenzione, dove hanno brillato tutti i fiati della Verdi. Non può mancare un riferimento al Mozart operistico, nella fattispecie quello celebre del singspiel, con un estratto da Il ratto del serraglio: l’aria “Martern aller arten” – eseguita con il dovuto eccellente virtuosismo dal soprano Marie-Pierre Roy – ci presenta il Mozart giocoso, brillante, quello dei fuochi d’artificio musicali, che il Salieri di Shaffer definisce “esibizionistico, ridicolo” e che gli causò il celebre rimprovero dell’Imperatore Giuseppe II (“troppe note, Herr Mozart!”). Ed è qui che entrano in scena anche Mozart (interpretato dall’ottimo Francesco Bonomo) e Costanze (la bravissima Dajana Roncione), portando il pubblico di fronte alla rivalità tra i due compositori nonché al dramma di un’artista quasi sempre sul lastrico, che spesso si trovò ad accettare suo malgrado commissioni per far fronte ai propri ingenti debiti. La “voce di Dio” torna con l’”Adagio dal Concerto per Pianoforte n°23 K.488”, uno dei più toccanti e sublimi composti dal genio di Salisburgo, facendo calare il sipario sul primo atto. L’”Ouverture” da Le nozze di Figaro apre il secondo atto, eseguita con brio e notevole piglio melodico da Axelrod e la Verdi. Il racconto di Salieri prosegue, portando il geniale Mozart sull’orlo del baratro psicologico, facendo comparire lo spettro del padre Leopold, a cui si lega successivamente una imponente presentazione di un’altra celeberrima “Ouverture” avanti d’opera, ossia quella del Don Giovanni. L’insinuazione psicologica di Salieri torna con ancora più angosciante insistenza, tramutandosi nell’anonimo committente della messa da Requiem che diventerà il canto del cigno del compositore. La Morte si fa incarnazione del senso di colpa e del tormento, con il “Requiem” che diviene allo stesso tempo pietra tombale dell’esperienza umana e sublimazione finale del divino. Il commiato di Salieri, che confessa il suo diabolico piano finale di sfida a Dio, diventa lo specchio in cui lo spettatore viene costretto a riflettersi, in cui fare i conti coi propri fallimenti e con la propria fallibilità di essere umano. E dunque “Antonio Salieri, Santo Patrono dei Mediocri” si congeda dal pubblico e dalla storia, lasciando il vuoto che può essere riempito solo dalla musica di Mozart: il Coro Sinfonico di Milano diretto da Erina Gambarini si unisce all’Orchestra Verdi per una mirabile e potentissima lettura del “Requiem” mozartiano, capolavoro totale della musica di ogni tempo. Insieme ai solisti Marie-Pierre Roy (soprano), Eva Vogel (mezzo-soprano), Patrick Grahl (tenore) e Thomas Tatzl (basso), orchestra e coro diretti da un Axelrod particolarmente ispirato regalano al pubblico dell’Auditorium il momento più bello e intenso della serata, che ripaga la forte emozione con un lungo e meritatissimo applauso per tutti gli artisti sul palco. Il giusto tributo a una riuscitissima sintesi tra musica, teatro e suggestioni cinematografiche, ulteriore segno della necessità di nuove esperienze possibili nella tradizionale sala da concerto.

Foto di Luca Barbareschi ad opera di Francesco Squeglia

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