Music for Solaris a Santa Cecilia

Music for Solaris a Santa Cecilia

La mia decisione di trasporre su grande schermo il romanzo ‘Solaris’ scritto da Stanislaw Lem (1921 – 2006) e pubblicato nel 1961 non è legata a un mio particolare interesse per il genere letterario della science-fiction. Quello che mi affascina in questo lavoro è il tema del conflitto tra il dominio delle proprie passioni, ferme convinzioni e capacità di seguire principi etici e i condizionamenti che il destino pone all’essere umano. L’orizzonte spirituale e la profondità di contenuto del romanzo vanno ben oltre i connotati fantascientifici che molti vorrebbero attribuirgli.” (1)
Il progetto di realizzazione e produzione del film da parte della Mosfilm risale al 1968 mentre le riprese hanno inizio nel 1971 con un cast di grande rilievo che include Natalja Bondarchuk (Harey), Donatan Banjonis (Kris Kelvin) e Jurij Jaervet (Dr. Snaut). Nel 1972 Solaris conquista il prestigioso Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes.

Andrej Tarkovskij (1932 – 1986) ha voluto soprattutto realizzare un dramma psicologico rimettendosi alle profonde riflessioni esistenziali trasmesse dal romanzo di Lem.
La studiosa austriaca Christine Engel afferma efficacemente che “Tarkovskij nei suoi lavori ha saputo coniugare le attese occidentali di autonomia artistica con il carattere tipicamente russo di forte impronta metafisica”(2).
I film del regista russo rappresentano momenti artistici eccelsi la cui ammirazione è forse paragonabile all’ascolto delle “Passioni” o della “Messa in si minore” di Johann Sebastian Bach.
Il grande compositore di Lipsia è sempre stato particolarmente caro a Tarkovskij, che nei suoi diari (2) fa sue le considerazioni di Gustav Mahler sul suo predecessore: “…in Bach sono riuniti tutti i semi vitali della musica, come il mondo è tutto contenuto in Dio. Una tale polifonia è un miracolo inaudito non solo per il suo tempo, ma per tutti i tempi…”.
Il regista sintetizza le sue idee musicali nel libro ‘Scolpire il Tempo’ (3): “L’ impiego della musica a me più vicino è nella funzione di ritornello come nella poesia… il ritornello suscita in noi lo stato d’animo iniziale con il quale siamo entrati in quel mondo poetico… tuffandoci nell’elemento musicale creato dal ritornello torniamo di nuovo alle emozioni che abbiamo già provato, ma con una rinnovata scorta di impressioni…”.
Tarkovskij non abbraccia il concetto di colonna sonora inteso nel senso di una musica che interagisca in forma dialettica con le immagini – come avviene in celebri abbinamenti quali Eisenstein-Prokoviev o Kozintsev-Shostakovich – o che sia chiamata a svolgere un ruolo puramente ornamentale e descrittivo volto assai spesso a sopperire a un’intrinseca precarietà delle inquadrature e dei dialoghi. Il suono nel film deve avere un carattere spontaneo e immanente e deve essere concepito in modo da non travalicare il messaggio trasmesso dalle immagini. Per questo i suoni della natura sono quelli che più spesso accompagnano le immagini del grande regista, il sibilo del vento con il fruscio delle piante, lo scorrere dell’acqua, il cadere della neve…. In questo senso una simbiosi ideale fra suono e immagine viene realizzata nel miglior modo dalla musica elettronica in quanto “…questa possiede la caratteristica di dissolversi nell’atmosfera sonora generale…”. (4)
Il suo concetto viene perfettamente intuito e attuato da Eduard Artemiev (1937), compositore di musica elettronica con specializzazione per il cinema e teatro, nella realizzazione delle colonne sonore dei suoi tre film centrali Solaris, Specchio (Mosfilm, 1974) e Stalker (Mosfilm, 1979).
Nel film Solaris la funzione del ‘ritornello’ è felicemente affidata al “Preludio in fa minore “ per organo di Bach che, nel suo periodico riproporsi, conferisce un’aura poetica al carattere metafisico del dramma. Allo stesso tempo Artemiev elabora un impianto sonoro la cui densità cosmica sa associarsi in modo sbalorditivo all’atmosfera enigmatica e misteriosa che regna nella stazione orbitante intorno al magma solare che avvolge il pianeta Solaris. Particolarmente significative al riguardo appaiono le sequenze dell’apparizione di Harey al risveglio del sonno di Kevin e il ritorno dell’astronauta alla casa del padre avvolta nella pioggia e adagiata su un’isola nel magma di Solaris in un finale che si discosta dal romanzo di Stanislaw Lem e che rimanda piuttosto a un altro suo libro, ‘Il ritorno dalle stelle’.
Il legame fra la musica e l’arte del regista russo è talmente intenso e indissolubile da avere ispirato nuove composizioni a lui dedicate da grandi compositori del nostro tempo. Ricordiamo Toru Takemitsu, Luigi Nono, Beat Furrer, Gyoergy Kurtag, Wolfgang Rihm, Arvo Paert, Stevan Kovacs Tickmayer.
A questi si aggiungono altri lavori come la trilogia scritta per quartetto con piano, fisarmonica, violoncello e sassofono soprano (‘Nostalghia-Song for Tarkovsky’ e ‘Tarkovsky Quartett’) e per piano solo (‘Un jour si blanc’) firmata dal pianista e compositore francese Francois Couturier e la suggestiva produzione visiva ‘Visual Sonorities’ realizzata dell’International Institute Andreij Tarkovskij di Firenze, con immagini tratte dai lavori del regista accompagnate dalle musiche dal vivo composte e improvvisate dal pianista Stefano Maurizi e dal suo trio con violoncello e oboe. Il Duo Natasha e Raffaella Gazzana (violino e pianoforte), brillantemente affermato a livello internazionale, è da tempo impegnato nella presentazione al pubblico di programmi di partiture legate al ricordo del grande artista.
‘Music for Solaris’ è una partitura composta dal musicista australiano Ben Frost nel 2010 su commissione dell’Unsound Festival a Cracovia, è stato presentato in diverse capitali europee e, nel luglio scorso, al Chigiana International Festival per poi approdare all’Auditorium del Parco della Musica a Roma lo scorso 20 novembre.
Afferma Frost al riguardo della colonna sonora originale elaborata da Eduard Artemiev: “Dal punto di vista musicale la scrittura non raggiunge mai il risultato perseguito dal regista, quello di trasmettere la contrapposizione dello spazio interiore dell’anima con quello del mondo circostante” (5).
L’organico orchestrale prevede archi, percussioni, chitarra e pianoforte preparato, è diretto dal musicista islandese Daniel Bjarnason con Ben Frost solista alla chitarra.
Le sopra riportata dichiarazione di Ben Frost lascia capire quanto egli sia distante dal mondo di Tarkovskij e con quanta presunzione egli possa pensare di poter sostituire con una sua scrittura la colonna sonora originale di Eduard Artemiev che invece risponde con maestria alla visione artistica del regista impegnato a suscitare una riflessione spirituale e esistenziale nello spettatore. Pur presentando momenti sicuramente atmosferici e coinvolgenti, il linguaggio di Frost risulta fortemente influenzato dal fascino della rarefatta essenzialità nordica, incantata assorta sospensione e introspezione punteggiata da spigolose percussive interiezioni proprie di compositori baltici come l’estone Lepo Sumera (si ascolti “Symphone” per archi e percussioni o anche il 2° Movimento Larghetto dal “Concerto per violoncello e orchestra” o ancora la “4^ Sinfonia Serena Borealis”) e non evidenza una propria personale marcata originalità.
Una partitura che poi si propone per sovrapporsi in modo intrusivo ed esornativo alle meravigliose immagini di Solaris è proprio quanto Tarkovskij con il suo concetto musicale, ha sempre cercato di evitare e quindi non troverebbe il suo apprezzamento.
Il compositore australiano forse farebbe bene a riflettere anche sul fatto che Solaris non è un film muto, dove la musica assume una funzione atmosferica e narrativa protagonistica, ma un film sonoro dove attraverso un accurato montaggio si deve perseguire un adeguato equilibrio con dialoghi e rumori di fondo e un armonico e penetrante incontro con le immagini.
Alla parte musicale vengono associate installazioni visive realizzate da Brian Eno e Nick Robertson dove scorrono immagini deformate dei volti dei principali protagonisti del dramma e le suggestioni bruegeliane dei ‘Cacciatori della neve’.
Onestamente riteniamo che dovendo in modo forzato cercare un’alternativa alle musiche di Artemiev il compositore con il linguaggio espressivo più indicato per il suo carattere esistenziale, cosmico e dirompente sarebbe stato Alfred Schnittke (1934 – 1998), quasi coetaneo e vicinissimo al regista dal punto di vista artistico e spirituale. Pensiamo agli accenti del suo affascinante “Epilogue” dal balletto ‘Peer Gynt’ per violoncello e nastro magnetico o alla carica contemplativa del “Concerto Grosso n. 2 per violino, violoncello e orchestra”.
Ferme restando le riserve sopra esposte lo spettacolo risulta, nella sua scarsa ora di durata, pienamente godibile con l’esecuzione attenta e intensa della partitura da parte dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia guidata da Daniel Bjarnason accolta da calorosi applausi del pubblico. In conclusione riteniamo che ‘Music for Solaris’, presentato a Roma in una collaborazione fra l’Accademia di Santa Cecilia e il Festival Roma Europa vada considerato esclusivamente come un omaggio in ricordo di Andreij Tarkovskij e Stanislaw Lem nella speranza possa anche rappresentare un positivo impulso per quanti ancora non abbiano avuto occasione di vedere il film e avvicinarsi all’arte dell’indimenticabile regista russo.

(1) Maya Turowskaja, Tarkovskij: Cinema as Poetry, Faber and Faber, 1989
(2) Christine Engel, Geschichte des sovietischen und russischen Films, J.B. Metzler, Stuttgart, 1999
(3) Andrej Tarkovskij, Scolpire il tempo, a cura di Andrej A, Tarkovskij, Istituto Internazionale A. Tarkovskij, 2015
(4) Ibidem
(5) Caspar Llewellyn Smith, Solaris-review, The Guardian (16.03.2016)

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