“Il Commissario Montalbano – Visioni in musica”
“Il Commissario Montalbano – Visioni in musica”
Reportage del concerto dell’8 settembre 2019 in Piazzetta della Torre a Torre a Mare (Bari)
Riprendendo dal libretto di sala: “Il Commissario Montalbano, le partiture originali (visioni in musica)” è il concerto che annuncia il Premio Rota. Questo appuntamento, concepito in forma di premio, nasce come omaggio al grande compositore Nino Rota, per anni anima illustre del conservatorio Niccolò Piccinni di Bari, e residente proprio a Torre a Mare. Il premio si svilupperà nella primavera del 2020 […]. Il focus sarà sul cinema italiano, con uno sguardo intenso alla musica delle serie televisive, facendo particolare attenzione ad una generazione di giovani compositori […] con un’idea di musica per le immagini particolarmente innovativa. Il concerto delle partiture originali de Il Commissario Montalbano […] rappresenta tutte le ragioni che sono alla base di questo premio.”
Insomma due belle notizie, il premio Rota e il concerto con le musiche del “Salvo” nazionale dirette proprio dal loro compositore.
Così nel pomeriggio dell’8 settembre scorso, nonostante i ritardi tecnici dovuti al minaccioso temporale di fine estate, riesco ad incontrare il maestro e compositore Franco Piersanti (tra l’altro, assistente di Rota tra il 1975 e il 1977) con il quale scambio due chiacchiere; mi incuriosisce il suo rapporto con la sua stessa musica una volta deciso di eseguirla dal vivo.
Colonne Sonore: Maestro, partiamo dalla categoria “tempo”: che effetto le ha fatto rispolverare le partiture di Montalbano per portarle sul palco dal vivo con l’orchestra? Ha scoperto qualcosa che aveva dimenticato?
Franco Piersanti: Io non sono molto mistico per queste cose, tendo sempre a sdrammatizzare; quando scrivo la musica per un film, nonostante i dubbi, alla fine l’ipotesi compositiva che viene fuori è l’unica possibile, ed è quella che resta lì nel film. Con Montalbano invece è successo che l’ipotesi iniziale delle prime due puntate pilota, è stata la radice stilistica per tutta la serie: il principio che mi ero dato era che non ci fossero cliché televisivi né cliché stilistici tipici del poliziesco o del thriller, in quanto il personaggio protagonista offriva una potenzialità di scrittura di gran spessore sul piano psicologico. Queste premesse iniziali mi hanno guidato dal 1999 fino al 2010; le 4 registrazioni hanno generato più di quattro ore di musica che raccontano tutto l’universo musicale di Montalbano; da anni non tornavo su quelle partiture, e riaprirle, devo dire sinceramente, è stata una sorpresa perché mi sono reso conto di quanto fossi stato capace di aver tenuto fede a quella radice, e di aver mantenuto alto il livello di concezione e di scrittura, soprattutto considerando che la televisione è sempre molto equivoca come sede musicale, a volte troppo sopra le righe e non c’è mai un vero equilibrio.
CS: Il mix della musica attraverso il mezzo televisivo è sempre riduttivo. È stato così anche per questa colonna sonora?
FP: Lì purtroppo c’è poco da fare; per quanto l’ascolto sia tecnicamente migliorato grazie a speaker di maggiore qualità, la fruibilità viene sempre penalizzata; non tutti i televisori sono ben attrezzati con dolby, stereofonia etc.; io stesso quando sento l’ascolto televisivo mi rendo conto della differenza; ovviamente, nella scrittura della colonna sonora, ho tenuto conto del fatto che Montalbano ha una sceneggiatura molto parlata, con pochi spazi per la musica. Faccio spontaneamente attenzione a tenere sempre una trama musicale che non risulti forzata nell’ascolto quando si sovrappone al parlato; la mia è una scrittura musicale abbastanza fisiologica, ciononostante, nel momento in cui la si ascolta in televisione, la musica ne risente comunque; se Montalbano passasse per il cinema sarebbe un’altra cosa.
CS: C’è qualcosa in queste partiture che viene naturalmente messa in risalto (o anche messa in ombra) nelle esecuzioni dal vivo rispetto al mix delle registrazioni? Quanto la sua direzione riesce a modificare il balance delle incisioni?
FP: Certamente puoi permetterti delle cose diverse rispetto a quello che avevi pensato per l’incisione, soprattutto sul piano espressivo; però la particolarità della musica scritta per Montalbano è che le mie partiture sono molto estese; considerando l’arco temporale della serie, ho pensato fosse meglio scrivere della musica che avesse un suo respiro, e che contenesse piccoli frammenti che mi sarebbero poi serviti per ogni film; a volte si è trattato di interventi anche di soli venti o trenta secondi che ho estratto dalle partiture per inserirli nel singolo film; in concerto però quegli stessi estratti pensati per una scena più sintetica, vengono messi tutti sullo stesso piano e la musica è conseguente a se stessa. L’esecuzione dal vivo è fedele al brano che ha generato quell’anello, ha un respiro più musicale pur essendo sempre riscontrabili le ragioni extramusicali, per cui quegli estratti sono stati creati, ovvero le immagini di cui dovevo tener conto.
CS: Ogni orchestra ha un suo suono o una sua peculiarità. Durante le prove con l’orchestra quali sono stati quei passaggi che hanno richiesto più attenzione, quelli sui quali ha dovuto insistere maggiormente?
FP: L’orchestra ha parecchio peso, ci sono problemi che la musica scritta presenta sempre, come trovare l’affiatamento, l’insieme, il dialogo tra solisti e l’orchestra, tutti punti che ormai so che vanno seguiti con cura e messi a punto; soprattutto il cercare di tirar fuori un certo modo di eseguire queste musiche, altrimenti emerge un sapore sifonico che non gradisco molto; cerco invece un suono molto più impalpabile, più “sporco”, più popolare, pur avvalendomi comunque di un impianto tipicamente sinfonico.
CS: Una suite di un’ora le ha sicuramente permesso di inserire le varie atmosfere della colonna sonora. Ciononostante, c’è qualche brano che, suo malgrado, è rimasto fuori dalla suite?
FP: Tantissimi, si potrebbe fare una seconda o terza suite per questo!
CS: Quale altra sua colonna sonora le piacerebbe dirigere dal vivo?
FP: Ce ne sono molte alle quali sto cercando di lavorare per dare una assetto un po’ più organico come per Montalbano; per esempio le musiche che ho scritto per il cartone animato francese Corto Maltese, Il Segreto del Bosco Vecchio di Ermanno Olmi, Il Caimano stesso, e poi due film televisivi ai quali tengo molto e che hanno molto materiale, I Ragazzi della Via Pal e Cuore, molto popolari ma sempre con una forte idea musicale.
CS: Quanto oggi si sente compositivamente o stilisticamente diverso rispetto al tempo della scrittura di queste partiture? Quanto è diverso quel compositore da quello di oggi?
FP: Sicuramente non è la televisione il terreno sul quale posso misurarmi; rispetto a Montalbano, e a parte altri lavori televisivi fatti soprattutto con Alberto Sironi al quale mi ha legato molta stima, amicizia e una reciprocità nella visione espressiva dei lavori fatti insieme, non mi trovo così distante da certe idee usate allora se dovessi usarle adesso; invece nel cinema mi trovo molto cambiato soprattutto nell’approccio, nel modo di guardare; mi pongo problemi diversi oggi rispetto a dieci anni fa.
CS: Mi spieghi meglio.
FP: È una cosa impalpabile che va da regista a regista, ma oggi cerco di essere più astratto, meno invadente; anche quando mi chiedono una maggiore incisività musicale, cerco sempre di restare ai margini, perché mi sembra che il discorso musicale sia diventato oggi molto sensibile sul piano dei film, così cambiati stilisticamente e sempre in una sorta di strana competizione con la realtà; i film che mi capita di fare hanno sempre molto aggancio col mondo reale; è uno strano sentire che mi mette su un piano di attenzione verso una certa retorica e verso l’autenticità delle cose: la mia più grande paura è quella di non essere creduto quando faccio della musica per un film.
CS: Creduto?
FP: Sì, il rischio è quello di diventare retorico come musicista rispetto al racconto delle immagini; oggi molti servizi giornalistici che raccontano la cronaca mettono musiche di commento a certi fatti per lo più drammatici; questa cosa mi mette a disagio nel momento in cui sono io a dover descrivere uno stato d’animo dentro un film, sento molto la necessità di stare un gradino più su rispetto alla realtà per diventare musicalmente credibile.
CS: Probabilmente un compositore dovrebbe sempre avvertire un’etica, una sorta di responsabilità.
FP: Esattamente, c’è un’etica della quale, in qualche modo, bisogna sempre tenere conto.
CS: Infine, Maestro, a cosa sta lavorando attualmente?
FP: Al nuovo film di Nanni Moretti, tratto dal romanzo Tre Piani dell’autore israeliano Eshkol Nevo, il film probabilmente si chiamerà La Nostra Strada.
Salutato e ringraziato il gentilissimo Franco, faccio qualche foto e prendo posto in platea. Pur conoscendo già le musiche di questa fortunata serie televisiva, sia grazie ai ben tre CD della colonna sonora che dagli episodi trasmessi in TV nell’arco di venti anni, l’esecuzione dal vivo per mano dell’orchestra sinfonica del Teatro Petruzzelli di Bari, e per mano (anzi, per bacchetta) del maestro Piersanti, ha donato nuova luce e nuova bellezza a queste composizioni. Nonostante qualche mix non sempre azzeccato dalla regia audio (soprattutto per i passaggi poco strumentati), le dinamiche, il calore, il pathos, le atmosfere rarefatte, talvolta irreali, talvolta tetre e di sottile bellezza già presenti nelle pulite e perfette registrazioni, hanno goduto di una seconda fioritura, di nuovi colori quando la partitura ha cominciato ad animarsi davanti all’ascoltatore grazie a tutte quelle mani esperte. L’esecuzione dal vivo è sempre magica, non c’è niente da fare: i concerti di musica per film sono oggi più frequenti rispetto al passato, ma sempre abbastanza rari.
Certo la cornice era dispersiva (concerto gratuito in piazza di domenica al mare) il cui programma (la suite dura circa un’ora) veniva riconosciuto dai più soprattutto per la popolare sigla e per qualche brano interno più melodico di altri. Ma per fortuna lo spazio non proprio adatto non ha rovinato l’ascolto per chi, seduto in platea, ha potuto godere delle tessiture complesse e al tempo stesso fluide e propulsive delle composizioni, mai fini a sé stesse e pronte a sospendere per un momento tutta la platea che rimaneva in quei passaggi d’attesa, come in un’altra dimensione, un altro stato di coscienza dell’ascolto che ormai aveva psicoacusticamente cancellato ogni vocio o rumore molesto circostante. La dissonanza diventa fenomeno naturale, il gesto musicale mai scontato, anzi, sempre pieno di sorprese.
Insomma questo concerto è stato una goduria, soprattutto quando si è percepito che l’orchestra si era finalmente riscaldata. Non rimane che attendere la primavera del 2020 e il Premio Rota, anticipato da questo prezioso concerto sostenuto dal Comune di Bari e da Apulia Film Commission, e istituito e organizzato da Time Zones, storica associazione culturale barese che organizza da ben 17 edizioni l’omonima rassegna, e che vanta innumerevoli primati di artisti ospitati di caratura mondiale: tra gli altri, il primo concerto in assoluto di musiche di Ennio Morricone dirette dallo stesso compositore, edizione 1990. Qui invece i miei reportage dell’edizione 2009 dedicata alle sonorizzazioni dal vivo.