Schnittke, Mozart, Bruckner e Santa Cecilia
Schnittke, Mozart, Bruckner e Santa Cecilia
Reportage del Concerto del 17 marzo 2022
Finalmente. Avrei voluto dire. E scrivere.
Purtroppo il boicottaggio dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nei confronti del compositore russo Alfred Schnittke – ma anche di Sofja Gubaidulina – continua da sempre in modo implacabile e non me lo consente.
L’esecuzione della splendida “Cantata Faust (Seid nuechtern und wachet)”, uno fra i suoi più importanti lavori in programma nella stagione sinfonica per i giorni 17 – 18 – 19 marzo - e che avrebbe dovuto porre fine a un triste retaggio - è stata cancellata e neppure rinviata ad altra data. La motivazione ufficiale è data dall’infezione covid contratta dal maestro Pappano, il quale il 12 u.s. aveva diretto La Turandot di Puccini.
Una cosa è certa: la pochezza minimalista statunitense (dei Glass, Adams, Reich) è puntualmente presente ogni anno nelle stagioni sinfoniche dell’Accademia mentre compositori geniali e apprezzati in tutto il pianeta come Schnittke o la Gubajdulina rimangono puntualmente e vergognosamente esclusi.
Affermava a proposito di Schnittke, in modo altamente illuminante, il noto scrittore Alberto Arbasino nel commentare per un quotidiano italiano (La Repubblica, 7 aprile 1996) un concerto diretto dal maestro Gennadij Rozdestvenskij in occasione delle Berliner Festwochen 1995, che presentava l’esecuzione della “Suite Tote Seelen” (Le anime morte da Gogol, studi televisivi Mosfilm 1984, regista Michail Schvejtser): “Subito si sente il compositore di qualità […….] siamo ben lontani dal minimalismo secchione (dei Glass, dei Reich, degli Adams…) con le sue iterazioni seriose e ossequi automatici” [….].
Sono molte le partiture di Schnittke che l’Accademia avrebbe il dovere artistico di proporre: pensiamo ai due concerti per violoncello, ai quattro per violino, al concerto per viola, ai sei concerti grossi, alle sinfonie…
Al termine della triste premessa vorremmo ricordare la vasta produzione cinematografica in cui il grande compositore russo-tedesco è stato coinvolto e che ha dato luogo alla scrittura di sessanta colonne sonore, di cui ci siamo occupati anche recentemente su queste colonne nella recensione della registrazione discografica del CD del Label austriaco Capriccio dedicata ad alcune di queste partiture. Ci siamo occupati di questo repertorio anche in un nostro libro (1) e in altre recensioni discografiche.
Il grande successo delle sue colonne sonore risiede probabilmente nella elevata intrinseca identità che consente alla sua musica di non limitarsi a viaggiare insieme alle immagini ma di saper creare avvincenti atmosfere di contrasto e contrappunto polifonico, volte a sottolineare la contraddizione fra ciò che appare e ciò che è sottinteso, stimolando in questo modo lo spettatore ad analizzare gli aspetti nascosti o inconsci del film.
Fra gli eminenti registi con cui Schnittke ha collaborato ricordiamo Alexander Askoldow, Andreij Chrzanovskij, Jurij Kara, Elem Klimov, Alexander Mitta, Michail Romm, Larisa Sepitko e Michail Shvejtser.
La “Cantata Faust” di Schnittke è stata sostituita dal “Concerto n. 12 in La maggiore K 414” di Wolfgang Amadeus Mozart, piacevole partitura giovanile composta nel 1782 che evidenzia grande freschezza espressiva e notevole inventiva melodica e tematica ma che risulta ancora ben lontana dalla carica intellettuale ed efficace che percorre i successivi numeri 20 in Re minore K 466, 21 in Do maggiore K 467, 24 in Do minore K 491 e 25 in Do maggiore K 503.
Il solista Filippo Gorini affronta la partitura con grande determinazione e in sicura intesa con l’orchestra guidata dal Maestro Hartmut Haenchen che non si limita a una mera funzione di accompagnamento ma assume, in perfetto equilibrio interpretativo, un ruolo protagonistico.
Il pianista sottolinea la ricchezza tematica della partitura coniugando elegante spaziosità di fraseggio e folgorante padronanza tecnica. Le sue qualità artistiche e interpretative lo proiettano verso una imponente carriera nella scena musicale internazionale.
La seconda parte del programma era dedicata alla monumentale “9. Sinfonia in Re minore” di Anton Bruckner, uno dei grandi capolavori del tardo romanticismo europeo. Come pure molte delle sue precedenti sinfonie anche la nona trasmette profonda spiritualità e devozione con una speciale dedica ‘al nostro buon Dio’.
Il lavoro è rimasto incompiuto per la morte che ha colpito il musicista austriaco il giorno 11 ottobre 1986, proprio mentre lavorava alle bozze di quello che avrebbe dovuto essere il conclusivo quarto movimento.
Con il suo severo tratteggio ed imponente eloquenza il primo movimento “Feierlich, Misterioso” trasmette una liturgia sonora dai forti rimandi wagneriani e dalla intensa carica mistica. Il formidabile e travolgente gesto ritmico che percorre il secondo movimento “Scherzo. Bewegt-lebhaft – Trio. Schnell” si presenta come una singolare anticipazione stravinskiana di taglio austriaco. Il monumentale terzo movimento “Adagio. Langsam, feierlich” con i suoi quasi trenta minuti di durata viene annoverato fra le pagine più profonde e toccanti della letteratura musicale. Proiettata verso l’universo espressivo del XXI secolo la musica con eleganti dilatazioni del cromatismo wagneriano (Tristano) esprime il lacerante e trascendente contrasto fra la preghiera dell’interiore desiderio di vita eterna e il dramma del distacco dalla vita terrena. Dolore ed estasi mistica, mentre un finale assorto e contemplativo conferisce un’inattesa compiutezza a tutta la splendida partitura. Assecondato da un’orchestra in stato di grazia, il maestro Hartmut Haenchen si dimostra interprete di grande statura per un’eccezionale esperienza di ascolto. Nella densità e trasparenza degli spessori sonori il direttore tedesco coglie in modo magistrale le dimensioni dell’architettura organistica del tessuto sinfonico bruckneriano e trasmette in modo dirompente all’ascoltatore l’interiore forza narrativa, la carica metafisica e visionaria del linguaggio espressivo del compositore austriaco.
Esperienza bruckneriana memorabile che si aggiunge a quelle vissute sempre a Santa Cecilia negli anni novanta con Claus Peter Flor (8. sinfonia) e Christian Thielemann (5. sinfonia).
In conclusione se Santa Cecilia ci ha tolto Schnittke – e speriamo ripari al più presto – ci ha dato e fatto ammirare allo stesso tempo un grandissimo interprete che in realtà conoscevamo solo di nome.
(1) Paolo Eustachi, Visioni sonore nella Russia del ventesimo secolo, Edizioni della Meridiana, Firenze, 2009