Reportage del concerto del Duo AulosVox per Ennio Morricone

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Flauto e Soprano per Ennio Morricone
Reportage del concerto del Duo AulosVox tenutosi presso l’Auditorium del Goethe-Institut di Roma il 15 novembre 2023

Non vi tragga in inganno il titolo di questo reportage, ovvero “Flauto e Soprano per Ennio Morricone”, che vi porterebbe a pensare all’istante che sia stato un concerto unicamente omaggiante il Maestro romano due volte premio Oscar, scomparso nel luglio del 2020, perché sarebbe errato. Ve lo confesso, è un tipico titolo acchiappa click, come si usa spessissimo da molti anni a questa parte sul web e sui social, con quella comunicazione indirizzata, immediata e semplice che permette al lettore distratto (anche quello invero attento) di essere subito attenzionato e (magari) portarlo a leggere l’articolo, che coi tempi e ritmi veloci odierni non è poi così sbagliata e aggressiva. Ora, a svelarvi questa cosa è il sottoscritto che ha ovviamente deciso il titolo da dare a questo pezzo, non soltanto per il motivo appena descrittovi bensì perché il Duo AulosVox, che ha eseguito magistralmente il fitto programma (abbastanza inusuale nell’ambito concertistico non solo italico per il tipo di combinazione strumento-voce) di musica assoluta, antica e contemporanea, all’interno del rinomato Auditorium del Goethe-Institut di Roma (in Via Savoia 15), è formato dal flautista Paolo Zampini e dal soprano Silvia Capra.

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Il flautista ha collaborato con Ennio Morricone in qualità di solista per tantissime registrazione di sue colonne sonore e nei concerti in giro per il mondo (dal 1985 all’ultimo nel gennaio del 2020), tra l’altro registrando l’opera omnia “Absolutely Ennio Morricone” insieme ad altri due storici collaboratori del nostro Premio Oscar, la pianista Gilda Buttà e il violoncellista Luca Pincini – vi invito a recuperare la puntata a loro dedicata di Soundtrack City (parte 1 e parte 2) e la mia recensione del primo album morriconiano summenzionato –. Eppure non solo questo va a giustificare il titolo del reportage, anzi è solo un tassello; difatti codesto è principalmente scaturito dal fatto che nel programma del concerto sono stati inseriti due brani di musica assoluta di Morricone: “Wow!... per una cantante attrice che vuol fare quello che vuole” del 1993, composto per una cantante lirica che soleva dire Wow!, come esclamazione di apprezzamento, ogni qualvolta a pranzo o a cena in casa del Maestro romano – raccontato simpaticamente da Zampini prima dell’esecuzione; narrazione che sia Lui che la Silvia Capra hanno fatto con dovizia di particolari e brillantemente per ogni brano in scaletta, cosa che non sempre accade in contesti concertistici ‘seri’ del genere, errando a mio modesto parere, perciò plauso aggiuntivo ai due interpreti –, e in prima esecuzione assoluta (elemento che ha donato maggiore eccezionalità a questo concerto) “CinquantEnNico” per flauto solo del 2013, dedicato all’amico Nicola Schittone che il 20 settembre del 2013 compì cinquant’anni. Il titolo del brano, inventato allegramente da Morricone, se avete ben letto e soprattutto notato, fa coerentemente riferimento al mezzo secolo festeggiato dall’amico di origine siciliana – un dermatologo che non ha nulla a che fare con il mondo professionale musicale di Ennio però suo grandissimo e appassionato cultore –, che per più di 40 anni ha trascorso momenti felici e rilassanti in famiglia (la sua numerosa e quella di Ennio) in vacanza o in vari eventi pubblici e professionali, serbando ricordi straordinari della loro riposta, affettuosa e speciale amicizia, e ai nomi dei Due (Ennio e Nicola ossia ‘EnNico’).

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Il Duo AulosVox Zampini/Capra – dove ‘aulos’ sta, come spiegato da Wikipedia, per antico strumento musicale greco, di provenienza lidia o frigia, formato di un tubo di legno al quale si adattava una imboccatura a forma di piccolo bulbo allungato, con un’ancia semplice o doppia, quindi un flauto e ‘vox’ non sto nemmeno a dirvelo data la logica risposta –, partendo proprio da questi due brani morriconiani, ha dato ulteriore dimostrazione, essendo giunti in scaletta quasi sul finire del concerto, di una maestria, intensità e interpretazione (perché dire esecuzione sarebbe troppo riduttivo e collettivo) ben oltre il comune senso performativo di queste tipologie musicali dal vivo, facendo sì di trasmettere al pubblico presente – composto e semi nutrito, nonché ricettivamente soddisfatto – un’emozionalità tale – tra il sacro e profano, tra il serio e faceto, tra il gaudente e l’introspettivo – rasentante l’unicum già di per sé insito nelle composizioni pensate da Morricone. La soprano Capra, paragonabile per presenza scenica, eleganza e bellezza alla Audrey Hepburn di Colazione da Tiffany, con una voce cristallina, densa e carezzevole per tutto il concerto, ha interpretato a bocca chiusa, ridicolamente e con un tocco recitativo di stizzosità femminea da nobildonna dell’800, scherzando amorevolmente sul palco con il flautista che cercava di svicolar via nella sua parte attoriale di nobiluomo ricercato, il pezzo (tutto scritto su spartito seppur sembrante improvvisato lì per lì) “Wow!... per una cantante attrice che vuol fare quello che vuole”, scaturendo ilarità gioviale tra il pubblico e stemperando i toni gravi e melanconici delle precedenti composizioni già compite. Zampini nell’inedito “CinquantEnNico”, per flauto solista, ha creato una performance intimamente empirica come il brano stesso di Morricone che sa essere antico e moderno al tempo stesso, verticale e orizzontale insieme, mediterraneo (come il dedicatario del pezzo) con bagliori cinematici western tipici del primo Ennio per Leone. Una composizione, come una buona fetta di quelle di musica assoluta morriconiane, di non facile resa immediata che deve fluire sensazionalmente in maniera reiterativa per coglierne ogni intrinseco valore. Un commosso Schittone, presente in auditorium per ascoltare in prima assoluta come tutti gli astanti il brano, seduto vicino a chi vi scrive, perché dallo stesso invitato data la forte amicizia cinemusicale e territoriale che ci unisce, è rimasto quasi impietrito dalla tensione emotiva che finalmente, dopo 10 anni dalla composizione del pezzo, ha visto la luce esecutiva nella città natale del suo Ennio da parte di uno dei suoi più preziosi ed egregi solisti.

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A parte Morricone con questi succitati brani, il programma ha narrato opere per solo soprano, per solo flauto (o flauti) e per entrambi scritte da Luciano Berio (1925 – 2003), Hildegarda di Bigen (1098 – 1179) – ritenuta la prima compositrice della Storia della Musica colta –, Barbara Strozzi (1619 – 1677), Claude Debussy (1862 – 1918), André Caplet (1878 – 1925), Albert Roussel (1869 – 1937), Paul Hindemith (1895 – 1963) e Kaija Saariaho (1952 – 2023), scomparsa recentemente. Tutte figure compositive classiche grandemente e nobilmente autoriali, sistematicamente poco eseguite – tranne Hindemith, Berio e Debussy (tralasciando ovviamente Morricone che è un caso a parte per la sua tripla valenza sonora tra musica assoluta, musica popolare e applicata alle immagini e la fama internazionale immutabile conseguita) – che il Duo ha portato sul palco del Goethe-Institut per l’Istituzione Universitaria dei Concerti (IUC) con una partecipazione, intenzione e divulgazione performante eccellente, trasportante e chiara, pur nella complessità di alcune pagine compositive non di istantanea fruizione ad un primo ascolto, della loro datazione e (almeno su pentagramma) qual certa estraniazione per un pubblico sempre meno avvezzo a codesta musica, non per tutti i palati musicali, ancor più di nicchia rispetto a quella per film ritenuta così erroneamente tutt’oggi invece di più ampio abbordaggio popolar globale.

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Tra canti d’amor perduto e affanno infinito (Strozzi con “L’Eraclito amoroso” per voce e flauto, Roussel con “Deux poèmes de Rosard” e Caplet con “Écoute, mon coeur” per voce e flauto), implorazioni funeree (di Bigen con “O magne Pater” per voce sola), frammenti di stile (Hindemith con “8 Stücke” per flauto solo), adagi tristemente contemplativi (Debussy con “Syrinx” per flauto solo), pagine illustrative e melanconiche al contempo (Saariaho con “Changing Light” per soprano e flauto), ciò che ha colpito ad una tale profondità viscerale colui che vi scrive è stato il brano d’apertura “Altra voce” di Berio, per mezzo soprano e flauto contralto e Live Electronics a cura di Yeshi Silvano Namkhai e Martino Piccoli Mazzini: una composizione lunga e perigliosa per chi la esegue, con un gioco contrappuntistico tra picchi vocali e cantati e flautistici che rasentano (anzi ne toccano il vertice) la dissonanza, portando colui che ascolta ad una specie di viaggio onirico alienante – salta alla mente, in maniera quasi oscurante tutti gli altri pensieri o visioni possibili correlate al brano, la sequenza conclusiva di 2001 odissea nello spazio di Kubrick, quella per capirci in cui il protagonista David si trova su Giove di fronte al monolito ed entra in una nuova dimensione di spaziotempo, quella quadrimensionalità dell’Io incorporeo e solo spiritual ascetico che lo conduce dinnanzi a Dio e alla reale coscienza dell’Universo – che Zampini/Capra disvelano alle nostre orecchie con una dinamica abbacinante, stordente e stupente nota dopo nota, vocalismo dopo vocalismo, flautato dopo flautato. Non un concerto di musica per immagini, come avete ben letto, eppure una musica colma di immagini.

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Un sentito ringraziamento di cuore a Nicola Schittone e alla figlia Simona Schittone, al duo Silvia Capra e Paolo Zampini per la preziosa disponibilità e grande cortesia e a Giovanni D'Alò per la gioviale e conviviale partecipazione, nonché al signor Tonino per averci fatto vivere nella sua vineria un momento magico tra le note di Morricone eseguite dal flauto intimista di Zampini.

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