Reportage dello spettacolo Ulisse: l’ultima Odissea

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Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza
Reportage dello spettacolo Ulisse: l’ultima Odissea andato in scena al Teatro degli Arcimboldi il 26 novembre 2023

Uno dei versi più celebri della Divina Commedia di Dante nel Canto 26 dell’Inferno, ove protagonista assoluto è l’eroe mitologico Ulisse, l’acheo Re di Itaca, figlio di Laerte, che espugnò Troia con il famoso Cavallo di legno, è “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.  Nel Cinema, nella TV e nella Letteratura il condottiero senza paura che contrastò diversi Dei e nemici con le sue gesta ricche di arguzia e sprezzanti di ogni pericolo, è stato trasposto sin dal 1911 in un film muto di Giuseppe de Liguoro, anche se la versione più nota, seppur lontana dal testo di Omero, è quella della sala cinematografica di Mario Camerini del 1955, Ulisse, con interpreti Kirk Douglas nel ruolo dell’eroe leggendario e Silvana Mangano nelle vesti di Penelope, con colonna musicale di Alessandro Cicognini.

Vi fu lo sceneggiato Rai del 1968 Odissea, molto aderente allo scritto omerico, regia di Franco Rossi, con Bekim Fehmiu e Irene Papas e partitura di Carlo Rustichelli, poi una versione assai alternativa che prese addirittura spunti da altri poemi epici, con la regia di Andrej Končalovskij del 1997, L’Odissea, interpretata da Armand Assante, nella parte del protagonista, Greta Scacchi, Isabella Rossellini, e ancora Irene Papas, con score originale di Ėduard Nikolaevič Artem'ev. Perfino come personaggio collaterale, il nostro Odisseo, meglio noto come Ulisse, apparve nel film Troy di Wolfgang Petersen del 2004 con Brad Pitt, interpretato da Sean Bean, con musiche di James Horner. Nel 2012 su Rai 2 va in onda un cartone animato chiamato Ulisse. Il mio nome è Nessuno, con musiche di Vanni Boccuzzi, che narra le avventure del nostro acheo, tuttavia inserendo fatti o personaggi immaginari e non presenti nel poema di Omero. Lo scrittore Valerio Massimo Manfredi, sempre nel medesimo anno, pubblica un romanzo con un titolo assai similare: "Il mio nome è Nessuno".

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Adesso giunge al TAM Teatro degli Arcimboldi di Milano questo spettacolo ideato e diretto da Giuliano Peparini, con oltre 100 artisti sul palco, prodotto da Fondazione Inda, mix di danza, prosa e musica, dal titolo Ulisse: l’ultima Odissea con colonna sonora originale della band indie canadese di ispirazione folk-rock Reuben and the Dark, guidata dal cantante e cantautore Reuben Bullock, con Sam Harrison Brock Geiger, Nathan da Silva e Brendan ‘Dino’ Soares, direttamente da Calgary, Alberta. Un folto pubblico, nell’entrare agli Arcimboldi, si è trovato dinnanzi una grande porzione di un’ala aereoportuale, con tanto di sedili per l’attesa, banco check-in, tutto argenteo metallizzato, bianco accecante e dai tratti architettonici ondeggianti, curvilinei, con un grande display-pannello centrale, a sovrastare tutta la scenografia, riportante i voli per varie destinazioni nel mondo, tra cui Itaca (ovviamente) e al contempo pubblicità di varie compagnie aeree – una simpatica e immaginaria Itaca Airlines – che all’improvviso riportano non ritardi nei voli bensì totali cancellature: da qui inizia modernamente, futuristicamente, straniamente e incantatoriamente la narrazione omerica – i viaggi perigliosi e sorprendenti tra le grinfie di Calipso, il Ciclope Polifemo,  le Sirene canterine, Circe, Scilla e Cariddi, l’Ade – del guerriero prode quanto sagace e scaltro Odisseo/Ulisse interpretato sia fisicamente che recitativamente assai muscolarmente da Giuseppe Sartori, contornato da Massimo Cimaglia (Aedo/Polifemo), a tratti incomprensibile in scena (pecca comunque di una buona fetta delle parti impersonate con un audio percepito bassissimo in platea e in galleria), Giulia Fiume (Calipso/Anima di Anticlea), la migliore sul palco sia dal punto di vista dell’animosità interpretativa che da quella corporalmente performativa, Alessio Del Mastro (Anima di Tiresia/Lo spazzino), Giovanna Di Rauso (Circe) e da uno stuolo di incredibili ballerini e una parte di allievi dell’Accademia d’Arte del dramma antico, ammantati da effetti scenografici e soprattutto di luci da restare a bocca aperta, onirici e concreti costumi (divise tipiche delle compagnie aeree, abiti moderni da uomini in carriera, canottiere bianche, abiti femminei eterei dal sapore antico, maschere mefistofeliche o angelicate e altre affini vestiture surreali), reale fascinazione di tutta l’opera concepita da Peparini, su libretto del grecista Francesco Morosi, nobilitata ancor di più da una musica e alcune canzoni della band canadese che risaltano prontamente all’orecchio per impattante comunicabilità, dal taglio sì attuale – suoni sintetici minimali o new age alla Vangelis, percussioni tribali sanguigne e visceralmente cavernose alla Popol Vuh e leitmotiv reiterativi romanticamente desplatiani – però con qualcosa di ancestrale che permane sotto pelle anche dopo il termine della rappresentazione scenica.

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Come enuncia una sezione del comunicato stampa dello spettacolo, <<danza contemporanea e il teatro dialogano in modo fluido, restando al servizio del testo classico di Omero. Proiezioni e luci completano la visione poetica di questi quadri che faranno leva anche su costumi espressione di forti contrasti e contrapposizioni tra passione, trasgressione e amore per la patria>>, stanno a significare, dopo tutto quello recensito sino a qui, un gioco d’arti che dovrebbe rendere attuale uno dei testi greci più famosi, mescolando tre arti fondanti come prosa, ballo e musica, tuttavia non tutto funziona egregiamente, perché nell’ingranaggio omnicomprensivo dello spettacolo proprio la parte recitante in alcune pagine risulta quella più debole e a tratti soporifera – attorno a chi vi scrive molti spettatori sonnecchiavano – risvegliando i sensi emozionali degli astanti con scene e interventi musicali di portentosa sarabanda visual danzante – apogeo scenografico-coreografico Odisseo che prende il mare in tempesta con i ballerini che movimentano grandi e lunghi teli bianchi a simular le onde burrascose, avvolgenti il nostro eroe greco, e il ballerino che si issa sul pennone della nave inesistente in evoluzioni danzanti-performanti da cardiopalma – che se fossero stati elemento primario dell’intera opera di Peparini l’avrebbero resa indimenticabile.

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Si ringrazia Cristina Atzori per la disponibilità e cortesia

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