1m1: Ritorno al futuro?

Una scena dal film 'Storia di una ladra di libri'

Guardando in anteprima Storia di una ladra di libri (The Book Thief), il film di Brian Percival musicato da John Williams a Marzo nelle sale italiane, si ha quasi la sensazione di essere saliti su una DeLorean, di aver viaggiato indietro nel tempo e di essere testimoni di un oggetto cine-musicale fuori da qualunque tipo di relazione con la nostra contemporaneità. Ascoltando la partitura del compositore decano del cinema americano al lavoro sulle immagini e sulla storia del film pare infatti di rivivere l'epoca in cui i compositori sceglievano di servire e di commentare il film senza rinunciare al valore intrinseco della musica. E dunque guardando e ascoltando il Williams di The Book Thief non è strano se affiorano alla mente il Bernard Herrmann de Il fantasma e la signora Muir o l’Elmer Bernstein de Il buio oltre la siepe. Attenzione però, non si tratta di semplice nostalgia dei 'bei tempi andati': la musica di The Book Thief è talmente lontana e diversa dalla stragrande maggioranza di ciò che oggi ascoltiamo nella musica per film quasi da non sembrare nemmeno più musica per film. E' vero, gli stili evolvono, le mode corrono, i gusti cambiano. Ma, per quanto mi riguarda, non si tratta di capire se un determinato approccio è ‘vecchio’ o ‘nuovo’ e nemmeno se è ‘proattivo’ o è ‘retroattivo’. E' lapalissiano affermare che la musica di The Book Thief non vuole riscrivere o reinventare la storia della musica per film. Ma c’è qualcosa di sorprendente nell’osservare quanto ancora si possa essere espressivi all’interno di canoni musicali più che consolidati e generalmente ritenuti sorpassati.

Era dal 2005 che non ascoltavamo una colonna sonora di John Williams scritta per un film che non fosse diretto da Steven Spielberg. L'ultima volta che abbiamo sentito le note del compositore americano in una pellicola diretta da un altro regista è stata per Memorie di una geisha, il film diretto da Rob Marshall. Ed è dunque con grande curiosità che si attendeva questo ritorno di Williams a un cinema di diversa natura da quella dell’amico regista. Non che Spielberg in questi anni gli abbia fatto mancare occasioni per dimostrare eclettismo e varietà (si pensi al formidabile ‘camaleontismo’ delle partiture per Le avventure di Tintin, War Horse e Lincoln), ma è pur vero che, nel corso della sua lunga carriera, Williams ha dimostrato di saper tradurre in musica generi, stili e poetiche della più varia natura con la medesima convinzione dei suoi risultati spielberghiani, come il cinema di denuncia di Oliver Stone (Nato il quattro luglio, JFK), ma anche le incursioni nel thriller (The Fury di Brian De Palma), nell'horror (Dracula di John Badham), nel courtroom drama (Presunto innocente di Alan Pakula) e nelle atmosfere agrodolci (Turista per caso di Lawrence Kasdan o Lettere d'amore di Martin Ritt).

E allora ecco arrivare The Book Thief, film tratto da un bel romanzo 'young adult' scritto dall'australiano Markus Zusak e diretto dal britannico Brian Percival (regista e co-produttore dell'acclamata serie tv Downton Abbey). Si tratta di una piccola produzione senza divi (gli unici nomi noti sono Emily Watson e Geoffrey Rush, due formidabili attori di altissimo calibro, ma certamente non delle superstar) né particolare appeal commerciale: la storia è ambientata nella Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale e la protagonista è una ragazzina rimasta orfana che scopre il ruolo della Parola e della Lettura come scrigni dove custodire l'immaginazione e la salvezza dello spirito, in un percorso di improvvisa perdita dell'innocenza causata dagli orrori della guerra e della persecuzione nazista nei confronti degli ebrei. Insomma, tutto si poteva pensare tranne che un compositore come Williams potesse scrivere la colonna sonora di un piccolo film come questo. E infatti pare che sia stato proprio lui a cercare e trovare questo incarico. Come ha dichiarato in alcune interviste, il compositore ha offerto i propri servigi alla produzione dopo aver letto il libro di Zusak ed essersene appassionato. Non è la prima volta che Williams si spinge in questa direzione: era infatti capitato per Le ceneri di Angela (1999) e per il già citato Memorie di una geisha, ma anche per il primo capitolo di Harry Potter. Lo status leggendario di cui Williams gode da tempo nel panorama cine-musicale gli dà il privilegio di poter scegliere personalmente i progetti su cui lavorare e soprattutto oggi, alla veneranda età di 82 anni, si concede di scrivere solo quello che stimola il suo interesse e la sua curiosità, che siano partiture per il cinema, per la sala da concerto o pagine di circostanza per occasioni e manifestazioni celebrative di varia natura.

John Williams durante la registrazione della cs di The Book Thief

Ma veniamo al film e alla sua musica. Come si diceva, era da tempo che non sentivamo e vedevamo Williams all'opera in un contesto cinematografico che non fosse quello spielberghiano (ma anche 'starwarsiano' o 'harrypotteriano') e la sensazione che provoca oggi, nel 2014, è quasi straniante: non siamo più abituati a guardare ed ascoltare un film musicato in questo modo e l'effetto può essere duplice sullo spettatore. Se da una parte il cinema hollywoodiano odierno è accompagnato in modo pressoché omogeneo e conformato da martellamenti di strumenti campionati e sintetizzatori vari, anche le pellicole di natura più intimista e drammatica sono sempre più omologate in approcci musicali pseudo-minimalisti o di pura atmosfera, relegando così il commento sonoro ad un sottofondo poco intrusivo (che spesso fa rima con anonimo e impersonale). E dunque vedere e sentire all'opera una partitura che non si vergogna affatto di esprimere il suo carattere specificamente musicale (sembra un'affermazione assurda, ma non lo è affatto) equivale oggi ad una presa di posizione stilistica ed estetica che verrebbe quasi da definire audace. Si badi bene, The Book Thief non è un film d'autore e nemmeno un'opera fuori dagli schemi, si tratta pur sempre di cinema mainstream che si rivolge ad un pubblico ampio. E' tuttavia un film realizzato con quell'onestà intellettuale tipica del cinema hollywoodiano d'altri tempi (una qualità che sembra ormai essere scomparsa del tutto dalle produzioni odierne d'oltreoceano), dove appunto si riconosce l'importanza e la dignità del lavoro del compositore e del ruolo della musica come elemento espressivo centrale e non soltanto di mero decoro. E' probabilmente in questa onestà che Williams ha trovato un ideale veicolo di ispirazione per la sua partitura, che accompagna il film in modo puntuale e discreto attraverso registri sussurrati e sovente in punta di piedi, con accorati assolo di pianoforte, oboe, clarinetto e arpa, avendo grande cura di tutte le necessità drammaturgiche ed espressive del racconto e delle sue pieghe più delicate. Come sempre il compositore accompagna la vicenda e i personaggi con leitmotiv immediati e riconoscibili, in questo caso tutti dominati da un intrigante gioco di continua alternanza tra tonalità maggiore e minore, immersi in un fluido ma sorvegliatissimo impianto strumentale cameristico. E non mancano nemmeno i momenti dove Williams può librarsi in volo e concedersi alcune struggenti pagine di sincero lirismo, in modo non dissimile da come fece in Le ceneri di Angela (partitura di cui The Book Thief è quasi una continuazione). Mi preme soprattutto sottolineare come la partecipazione emotiva del compositore – indubbiamente la qualità intrinseca più importante del suo approccio alla musica per film – raggiunga qui vertici degni dei migliori esempi della sua carriera. L'esito emotivo dell'ultimo atto del film è infatti quasi esclusivamente incentrato su un uso efficace della pista sonora, dove la voce narrante e la musica di Williams convergono in una splendida sinergia di rara espressività. Mi riferisco soprattutto la sequenza in cui la Morte (ovvero la voce narrante) arriva a prendere tutti gli abitanti di Himmelstrasse eccetto Liesel, mentre nel frattempo le bombe alleate radono al suolo la piccola città di Molching. Williams accompagna la scena con un estatico adagio per archi e arpa ricco di cromatismo, in cui gli acuti herrmanniani dei violini comunicano una placida rassegnazione gonfia di struggente bellezza, arrivando ad un risonante accordo in Si bemolle maggiore nel momento in cui le bombe cominciano ad esplodere (senza però sentirne il rumore). A questa sequenza segue poi un'altro momento di grande pathos, ovvero l'addio tra Rudy e Liesel, che Williams commenta con un altro adagio per archi, stavolta di impronta barberiana, in un crescendo emotivo di grande potenza espressiva.

A qualcuno tutto questo sembrerà un inutile esercizio di stile totalmente fuori tempo. Ma siamo così sicuri che gli infiniti pedali sinfo-elettronici o l'ennesima tiritera diatonica 'piano e archi' simil-Philip Glass siano approcci meno risaputi? Mentre guardavo il film e ponevo attenzione al ruolo e alla funzione del commento musicale di Williams, mi è venuto in mente un ulteriore esempio recente ad opera dell'altro 'Grande Decano' della musica per film, ossia Ennio Morricone e la sua partitura per La migliore offerta di Giuseppe Tornatore. Anche in questo caso abbiamo un ultraottantenne che si mette ancora una volta al servizio del film con tutto il suo talento e la sua profonda conoscenza, cercando di trovarne l'anima e lo spirito profondo, reinterpretando il film attraverso il linguaggio squisitamente musicale e riscattando pienamente la dignità e il valore del lavoro del compositore. In un'epoca in cui il dilettantismo e l’improvvisazione dilagano in modo preoccupante sino al punto di diventare riferimento per stuoli di aspiranti “compositori”, esempi come quello di Morricone per La migliore offerta e di Williams per Storia di una ladra di libri ci ricordano quale sia il livello a cui può arrivare e a cui dovrebbe sempre tendere quest'arte ancora giovane e tutta da esplorare.

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