1m1: Field of Dreams... James Horner (1953-2015)

foto_james_horner_new.jpg1m1: Field of Dreams... James Horner (1953-2015)

La morte improvvisa del compositore americano James Horner lascia un vuoto profondo nei cuori di tutti gli amanti e gli ammiratori della musica applicata per molte ragioni. La prima è indubbiamente la scomparsa prematura di un musicista nel pieno della sua attività, colto oltretutto in un periodo particolarmente fecondo sul fronte cinematografico, ma anche su quello della musica per la sala da concerto, a cui aveva dedicato da poco due composizioni (il Concerto per violino e violoncello “Pas de deux” e il Concerto per quattro corni “Collage”). E' sempre doloroso veder strappata una vita ancora piena di creatività e promettente di nuovi successi. La storia della musica e delle arti in generale è tristemente piena di casi come questi, ma tutto ciò non appare come un grande conforto.

La seconda ragione è l'identificazione pressoché totale di Horner con l'immaginario cinematografico collettivo di almeno un paio di generazioni di spettatori, soprattutto di coloro che erano ragazzini nei primi anni '80. Il compositore è stato infatti la voce di numerosi successi di quegli anni (che ora sembra quasi superfluo stare ad elencare), ma anche di tanti film di genere oggi ritenuti, a torto o a ragione, dei cosiddetti cult movies. Nostalgia a parte, è fuori discussione quanto l'inconfondibile firma musicale di James Horner sia stata decisiva per la definizione di uno stile cinematografico e musicale di cui lui è sempre stato uno dei massimi esponenti. Già dal suo ingresso sulle scene cine-musicali hollywoodiane, l'allora nemmeno trentenne Horner dimostrò di essere un degno prosecutore della scuola classica dei grandi compositori del cinema americano, sulla scia della “restaurazione” gransinfonica appena approntata da John Williams e raccolta immediatamente anche da personaggi come Jerry Goldsmith, Elmer Bernstein, John Barry, nonché da una nuova leva di giovani talenti come Basil Poledouris, Michael Kamen, Bruce Broughton e appunto James Horner. Il cinema di intrattenimento popolare aveva nuovamente bisogno del suono lussuoso ed avvolgente della grande orchestra per accompagnare i suoi sempre più sbalorditivi spettacoli, ma tutto questo è potuto avvenire solo grazie al talento di nomi come quelli citati qui sopra, che hanno saputo raccogliere una immensa eredità e rinnovarla rimanendole fedeli. Si sottovalutano sempre troppo da più fronti il peso e l'importanza che la musica per il cinema ha avuto nei confronti di una larghissima porzione di spettatori, i quali hanno fatto esperienza del suono di un'orchestra sinfonica proprio grazie alle soundtrack di questi compositori (con buona pace di una critica cinematografica e musicale spesso miope se non addirittura snob nei riguardi di questa disciplina). E dunque tornano alla mente le tonitruanti fanfare che accompagnano le battaglie navali nello spazio della Enterprise in Star Trek II... i violoncelli che intonano un tema commovente mentre la nave aliena ascende in cielo in Cocoon... l'avvolgente melodia degli archi che accompagna il volo del supereroe in Le avventure di Rocketeer... l'emozionante martellare di percussioni e ottoni in Aliens – Scontro finale... solo per citare alcuni dei lavori più esuberanti ed amati del compositore.

Un'altra ragione del vuoto che lascia James Horner è la sua specifica personalità musicale. Per molti aspetti, il compositore è stato uno dei rappresentanti più noti dei dilemmi e delle ambiguità di cui la musica per film (specie quella hollywoodiana) non di rado viene tacciata: sentimentalismo, manipolazione delle emozioni, il ricorso al suono opulento della grande orchestra, saccheggio sistematico della letteratura sinfonica di fine '800/inizio '900. Questi sono i bersagli preferiti di chi spesso ha voluto liquidare con superficialità il lavoro di tanti autori di film music sin dai tempi di Korngold, Steiner e Newman, spesso e volentieri non cogliendo il lavoro raffinato se non addirittura pregiato di artisti che hanno quasi sempre lavorato nell'ombra. Sin dai suoi primi lavori, Horner ha dimostrato di essere un fine drammaturgo, capace di interpretare e tradurre in musica le necessità del film, accompagnando le immagini e la storia come un vero e proprio storyteller. E' proprio in questa innata sensibilità musicale “narrativa” (qualità sempre più rara nell'odierno panorama cine-musicale internazionale) che possiamo trovare uno dei talenti maggiori di questo autore. Le sue partiture si sono sempre sposate con i film in modo inappuntabile, ma ancora di più ne hanno contribuito a costruirne l'identità fondante, a volte anche scegliendo la strada della sperimentazione elettronica o quella dell'ibridazione di generi e stili (jazz, rock, musica etnica), rinunciando ad una scrittura sinfonica nella quale era sicuramente più a suo agio. Da questo punto di vista, James Horner è da considerare quasi come un filmmaker oltre che un film composer, un membro della troupe pronto a collaborare in modo attivo col regista per trovare la soluzione musicale più giusta e pertinente. Poi se si analizza la sua vastissima filmografia (oltre 150 titoli) e si indaga sulla sua produzione è innegabile trovare picchi e vallate, così come in alcuni casi il ricorso al puro mestiere di servizio, ma forse è inevitabile quando si deve lavorare ai ritmi pressanti richiesti da un'industria come quella di Hollywood, nella quale Horner ha comunque sempre navigato con successo e consumato professionismo. Al netto di tutto ciò, l'eclettismo e il talento poliedrico del compositore appaiono ancora più notevoli: nel corso della sua carriera ha visitato quasi tutti i generi cinematografici, abbracciato stili differenti e lavorato con registi della più varia natura ed esperienza, anche molto al di fuori dei blockbuster e delle grandi produzioni multimilionarie degli studios con cui viene quasi sempre identificato. Le sue partiture dimostrano inoltre un senso del comando orchestrale di rara bravura, sia nel modo in cui si contrappuntano alle immagini che in quello del puro senso della costruzione e dell'architettura.

foto_james_horner.pngUn'altra qualità innegabile che oggi appare sempre più come un vuoto è la capacità di tradurre in musica il cuore emotivo della storia e dei personaggi dei suoi film. A volte la linea tra emozione e sentimentalismo è molto sottile e indubbiamente Horner ha talvolta ecceduto nel secondo, ma nella stragrande maggioranza dei casi ha avuto una sensibilità e un'attenzione particolari nel camminare come un vero equilibrista su questo pericoloso confine. La sua musica è sempre stata diretta, emozionale e il suo approccio si potrebbe quasi definire anti-intellettuale. E qui è impossibile non pensare ai suoi tanti temi lirici, alle sue melodie lunghe ed avvolgenti, alla sua capacità di invenzione melodica con cui ha sigillato tanti film come Braveheart, Vento di passioni, Glory, L'uomo senza volto, L'uomo dei sogni, A Beautiful Mind e, ovviamente, Titanic.

La miriade di post, commenti, omaggi e tributi a James Horner e alla sua musica che hanno inondato i social network ieri hanno messo in luce un aspetto importante, che l'improvvisa dipartita del compositore non può che far risaltare ancora di più: la musica per il cinema può arrivare a toccare le emozioni delle persone in modo vivo e profondo, forse molto più di quanto noi stessi non ci rendiamo conto quando siamo di fronte allo schermo avvolti dalla storia, dai personaggi e da ciò che accade di fronte a noi. Come ha scritto ieri il critico e giornalista americano Jeff Bond “per gran parte del pubblico la musica per film è una disciplina arcana e misconosciuta, ma forse è l'unico modo in cui tante persone faranno mai esperienza del potere e della capacità espressiva di un'orchestra sinfonica”. James Horner ne è stato senza dubbio uno degli esempi migliori in questo ultimo trentennio di storia del cinema e della sua musica e, insieme a una manciata di pochi altri colleghi illustri, è riuscito a raggiungere moltitudini di persone in tutto il mondo grazie alla sua arte. Trovarci a celebrarne la memoria in modo così prematuro e repentino non fa che aumentare il dispiacere, ma auguriamoci che i futuri talenti che si dedicheranno a questa disciplina raccolgano ancora una volta l'eredità di chi li ha preceduti, per riconoscerla e comprenderla... un po' come accade al personaggio interpretato da Kevin Costner nel commovente finale de L'uomo dei sogni, quando finalmente si ritrova a giocare a baseball con suo papà, accompagnato da una delle pagine più belle mai composte da James Horner.

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