Lady in the Water

cover_lady_in_the_water.jpgJames Newton Howard
Lady in the Water (id., 2006)
Decca B000730902
16 brani (12 di commento e 4 canzoni) - durata: 59'48"

La collaborazione tra Newton Howard e Shyamalan è ormai entrata a far parte di quella cerchia ristretta di grandi sodalizi cinematografici (inutile citare elenchi, tutti sappiamo di chi si parla), motivo per cui ogni nuova stazione del loro percorso creativo è attesa con interesse e trepidazione.
Dal raggelante sguardo sull’universo dei morti di Il sesto senso, alla straziante allegoria sull’ineluttabilità del dolore raccontata in The Village, ogni tappa ha offerto capolavori musicali, tra i più importanti della film music degli ultimi anni. Anche se in questa quinta, ispirata ma difficile parabola narrata dal giovane autore indo-americano si nascondono pericolose insidie per la sua carriera, il perfetto connubio artistico con Newton Howard non perde energia.
L’ostinata prosecuzione lungo un cammino narrativo personale ed iniziatico, che ha spinto il regista a scontrarsi con i potenti produttori della Touchstone pur di non subire ingerenze sulla trama, lo ha alienato (speriamo momentaneamente) alle simpatie della parte “grossa” del pubblico, che ha disertato in gran numero le sale di proiezione. Non solo: questa volta anche la critica si è in buona parte schierata nel plotone di esecuzione. Shyamalan esce dall’esperienza con qualche incertezza in più sul suo cammino futuro nel grande ventre di Hollywood. Ma i suoi estimatori, quelli che entrano in vibrazione con il suo diapason ispiratore, gli sono sinceramente grati per questo nuovo, controverso e mal compreso regalo. Tra essi, figura senz’altro anche Newton Howard. Il compositore, con una sensibilità che ha del sovrumano, inquadra subito alla perfezione quali sono i registri adatti per plasmare sulle sequenze del film il contributo musicale perfetto: discreto, non invasivo, inietta brividi lungo la schiena con subliminale maestria. In questo caso, la partitura è meno strutturata e monolitica rispetto agli episodi precedenti, dei quali conserva non pochi elementi stilistici. Il sound che Newton Howard regala al cinema di Shyamalan è inconfondibile. C’è del magico nella capacità di trarre dall’orchestra le timbriche e le sonorità giuste per evocare, fin dai primi accordi, impalpabili universi onirici, estasi ipnotiche, impressioni fantastiche.
La chiave di lettura per Lady in the Water (film e musica) è l’ineffabile concetto di “interrelazione”, il vincolo invisibile e potente che lega ogni essere vivente a tutti gli altri. Prima ancora di apprezzare le sue solide componenti melodiche, la partitura ci seduce con l’utilizzo delle tecniche del minimalismo di Adams e Glass, mediante cui trasmette una sensazione di fluidità, di reciproca dipendenza, di progressivo disvelamento. I personaggi archetipici del racconto, ognuno con un ruolo preciso da scoprire e interpretare, sono pedine dell’interminabile gioco della vita. La scacchiera su cui agiscono è rappresentata dal Condominio, evidente allegoria di un mondo divenuto tascabile e claustrofobico, un universo umano in cui non c’è più spazio per magia e fede, ma solo per le regole dogmatiche e ciniche della prevaricazione (le linee guida proposte dal Critico), in realtà un appiglio ingannevole ed effimero per tentare di decodificare i misteri dell’esistenza. Solo la ritrovata sinergia dei personaggi innesca il meccanismo salvifico, così ben rappresentato dal musicista in momenti come “Charade” o “Cereal Boxes”. Quando finalmente la soglia dell’incredulità viene oltrepassata, si comprende il seducente messaggio della fragile “musa” ispiratrice, interpetata dall’elfica Bryce Howard. Shyamalan suggerisce che l’invisibile motore che suscita le migliori facoltà umane origina da una contemplazione simbiotica della natura. I cori, gli accordi evocativi e un magnifico tema conduttore sono lo strumento con cui Newton Howard ci insegna a trovare la giusta sintonia con queste difficili e stimolanti parafrasi etiche proposte dal regista (“Prologue”, “The Healing”, “The Blue World”). La sublimazione del processo di rivelazione giunge con “The Great Eatlon”, la grandiosa epifania tematica conclusiva, in cui l’enfasi orchestrale non più trattenuta conferma quello che ormai abbiamo intuito: il potere maieutico della musica e dell’arte si alimenta con la fiamma che brilla dentro di noi. Lasciamo che queste splendide musiche interagiscano con essa e scaldino il nostro spirito intorpidito e atrofizzato. La rivelazione può scegliere strade inconsuete per raggiungerci, non sarebbe la prima volta che comunica per allegorie. Di fronte a tanta ispirazione è quasi un peccato essere accidiosi e indifferenti. Un peccato… imperdonabile, per dirla con un eufemismo.

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