I demoni di San Pietroburgo

cover_demons_stpetersburg.jpgEnnio Morricone
I demoni di San Pietroburgo (2008)
KeepMoving Records KMRCD 028
16 brani – durata: 57’25”



I demoni di San Pietroburgo segna la dodicesima collaborazione tra il Maestro premio Oscar Ennio Morricone e il regista Giuliano Montaldo, iniziata nel lontano 1967 con la pellicola Ad ogni costo. A tutti gli effetti si può parlare di lungo sodalizio, quello tra il compositore romano e il regista ligure classe 1930, che ha avuto l’apice creativo nello sceneggiato televisivo Marco Polo (1982) e nel film Sacco e Vanzetti (1971) con cui Morricone vinse il Nastro d’Argento, non dimenticando pellicole importanti quali Gott Mit Uns (1969), Giordano Bruno (1973), Gli occhiali d’oro (David di Donatello per le musiche).
I demoni di San Pietroburgo del 2008 è il penultimo film per il grande schermo di Montaldo, prima de L’industriale (2011) con le musiche di Andrea Morricone (da noi recensite), e narra la storia del noto artista Fjodor Mikhajlovic Dostojevskij, tra aspetti bibliografici e biografici (a tratti romanzati) in un momento particolare della sua vita in cui dovrà lottare contro i suoi personali demoni (letterari, umani, sociali e politici). Un film fortemente voluto da Montaldo dall’alto dei suoi 83 anni, ideato da Andrei Konchalovsky, dall’impronta sociale e politica marcatamente intrinseca, forse fin troppo verboso e teatrale nella sua impostazione filmica e attoriale,  seppur interpretato magistralmente da attori del calibro di Miki Manojlovic (Dostojevskij) e Roberto Herlitzka (Pavlovic), con le presenze femminili di Carolina Crescentini, Sandra Ceccarelli e Anita Caprioli, nonché l’apporto di Filippo Timi.
Musicalmente Morricone serve la pellicola con la sua irraggiungibile maestria e carica compositiva con una score che, grazie alla giovane e intraprendente etichetta russa di colonne sonore KeepMoving Records, vede la luce dopo sette anni dall’uscita nelle sale. Il Maestro romano apre l’album con l’ottimo pezzo “Nuovo attentato”, una marcetta in moto ascendente per archi, percussioni e ottoni, carico di tensione con una cellula leitmotivica di poche note: un classico brano tensivo in crescendo nella migliore tradizione compositiva morriconiana. Si prosegue con la traccia “Dolorosamente sempre” in cui si palesa un tema di matrice russa, modulato marcando sui pedali del sospetto in cui si arrovella Dostojevskij.  
“Dolorosamente amore I” espone il tema di cui sopra in maniera accorata, dove brillano di luce propria i violini, la viola e il violoncello (i solisti Marco Serino, Prisca Amori, Fausto Anzelmo e Luca Pincini): un leitmotiv tormentoso e appassionato di quelli che ti entrano immediatamente nel cuore. In “Colloquio” riappare il tema russo nella sua più ambigua e dubbiosa anima armonica, con gli archi sullo sfondo che delineano ancor di più la matrice terroristica del racconto (nel film si parla di attentati da parte di un gruppo terroristico ai reali di San Pietroburgo). Una nota del piano in modalità estenuantemente ribattuta e tappeto d’archi (la Roma Sinfonietta diretta e orchestrata da Morricone stesso) in sospensione creano un viaggio angoscioso in “Una storia”.  “Dolorosamente amore II” tramuta il tema per così dire d’”amore” (per la patria, per la sua arte, di  Dostojevskij) in un peregrinare alla ricerca di se stesso con gli archi e fiati che parlano tra loro in modo tormentato. Un altro crescendo di tensione si innesca tra le note di “Nel sotterraneo”, un continuum melodrammatico, a tratti dal lirismo enfatico, seppur arginato, in cui gli archi la fanno da padrone, facendo esplodere il tema di Dostojevskij in tutta la sua essenza lirica. “Dopo l’incontro” segna un altro momento tensivo nel film e nella OST, dove i tanto amati archi (e il piano, i fiati e l’arpa soli) primeggiano.
“Siberia” espone il tema portante con un vocalizzo iniziale, che si ripresenta lungo l’arco del brano, di Paola Cecchi, la quale si contrappone alla viola solista, su di un tensivo tappeto d’archi, perché Morricone ci tiene a sottolineare in tutta la partitura l’aspetto tragico degli eventi e la sofferenza dei protagonisti. Il compositore romano, proprio mentre lo sconforto e la mestizia ci assale, sforna un nuovo tema, “Per tre” anch’esso a dire il vero desolante. La colonna sonora sobbalza con “Inseguito”, una composizione in cui la Roma Sinfonietta può mostrare i denti nei suoi andirivieni ostinati e quietamente trattenuti, un movimento in salita, quasi a perdifiato.
La maestosità sofferta delle ideologie politico-culturali-patriottiche di  Dostojevskij viene cantata dagli archi nel breve “La bandiera”.
Lo score si chiude con gli end credits del bellissimo e lungo pezzo “A mio padre” nel quale Morricone può e deve dar voce ai suoi temi, visto che il più delle volte li ha dovuti frenare liricamente, partendo mestamente con gli archi che a poco a poco accendono in tutta la loro grazia, finalmente liberatoria, i leitmotiv. La voce sopranile della Cecchi a metà del brano si innesta su di un magmatico intarsio di tromba solista (Andrea Di Mario), una perorazione ostinata della viola e ambiente atmosferico rigoglioso,  celestiale: sono di quei topos di bravura morriconiani che ti fanno gridare al genio!     



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