Una pistola per Ringo & Il ritorno di Ringo

cover_pistola_per_ringo_ritorno.jpgEnnio Morricone
Una pistola per Ringo / Il ritorno di Ringo (1965)
GDM 4134
21 brani - Durata: 74'26''



Ritenuto dal compianto Giuliano Gemma (che lo interpretò) lo “Spaghetti perfetto, che cerca di ripercorrere l'epopea del West sotto una chiave storica”, Una pistola per Ringo (titolo imposto dalla produzione in luogo del meno efficace Troppi morti per un uomo solo, come l'avrebbe voluto intitolare il regista Duccio Tessari) uscì nelle sale italiane nel maggio 1965, incassando alla fine dello stesso anno ben 1 miliardo e 350 milioni di lire. Fu il film che lanciò il talento di Giuliano Gemma (accreditato con lo pseudonimo yankee di Montgomery Wood) e codificò il passaggio dallo stile epico, sontuoso e carico di valori morali del western d'oltreoceano a quello invece più anarchico, irregolare, immorale, maramaldo e opportunista del western di Cinecittà e suoi numerosi derivati. Già Leone con il di poco precedente Per un pugno di dollari aveva rotto con la tradizione americana offrendoci un West molto meno pittoresco, rude e texano, quello che poi Hollywood stessa, a corto di idee, a sua volta adotterà e quello che, fino a prova contraria, ancora resiste (e non solo nel nuovo manierismo di Tarantino).
Ambientato tra il 23 e il 25 dicembre 1894, questo divertente e goliardico film si merita tutto il successo che ha avuto, pur non risultando particolarmente originale nei contenuti e non sconvolgendo il genere come avvenuto invece con la trilogia leoniana. Si fa comunque strada la figura dell'antieroe solitario e infallibile che, da solo, è in grado di sgominare una banda di malviventi traendone ovviamente un utile economico (e mai di natura morale, benché comunque una morale del bene e del giusto sia insita nella cultura primitivamente manicheista con la quale vengono arrangiati i copioni dello Spaghetti). In parte traduce la morale stessa del cinema western che mostra e accumula effetti e celerità sequenziali, ma raramente indaga nella psicologia dei personaggi se non nella loro più tradizionale e di omerica memoria sete di vendetta. È ciò che avviene nel quasi omonimo successivo film Il ritorno di Ringo (L'Odissea dei lunghi fucili nelle intenzioni di Tessari, ovviamente bocciato dalla produzione), stesso cast, stesso regista, stessa produzione, ma con un Ringo più serio e tormentato, un ex soldato nordista e buon marito che quasi nulla ha a che vedere col Faccia d'angelo umorista e dal grilletto facile e infallibile già visto sugli schermi. Il Ringo (che in realtà si chiama Montgomery Brown) che torna dalla guerra è più intimista e lotta per vendicare coloro che, approfittando della sua assenza, novelli Proci in una terra di confine arida e inospitale, gli hanno rubato casa e famiglia, spadroneggiando e seminando soprusi e morte nella cittadina immaginaria di Mimbres. È anche un Ringo meno fortunato al botteghino, specie all'estero, e meno amato dal bel Giuliano, costretto per gran parte del film a un look da ferino mendicante, beffeggiato e umiliato.
Ennio Morricone viene chiamato a musicare questi due western nella stessa stagione dei suoi successi ottenuti con le partiture per il cinema di Leone, che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, incominciando a garantirgli premi, riconoscimenti e fortuna imperitura. Per le musiche principali Morricone si distacca per quel che può dal linguaggio minimalista (ripreso però in alcune scene di background) e beffardo dei film “del dollaro” adottando invece una linea più sinfonica e a tratti melò, visto che buoni e cattivi sono ben tratteggiati e i colpi di scena romanzeschi e inverosimili non si fanno desiderare (specie nel primo film). I titoli di testa di Una pistola per Ringo sono accompagnati dalla bellissima canzone “Angel Face”, su testo inglese di Maurizio Attanasio e Gino Paoli, cantata dallo stesso Attanasio col suo nome d'arte Maurizio Graf, dalla voce potente e dall'interpretazione carica di colori e note sporche. Il sapore potrebbe sembrare americaneggiante, ma c'è qualcosa di mediterraneo che si avvicina molto alla canzone leggera italiana. L'arrangiamento stesso della canzone fa il solletico a “Sapore di sale” di due anni precedenti (cantata, guarda caso, da Paoli e arrangiata da Morricone). La musica intradiegetica e il contesto crono-spaziale specialissimo (il West l'antivigilia di Natale) impostano le scelte del compositore e così il brano “Honky Tonky” si presenta come un delizioso rag pianistico da saloon sulle note abilmente variate di “Stille Nacht”. Ma la maestria compilativa del nostro la si scopre nella “Grotesque Suspense”, ove Morricone gioca con i timbri minimalistici e dinamici facendo dialogare le ripetitive tre note del banjo progressivamente con gli archi, un esitante oboe, un fischio improvviso, la chitarra, i timpani, sempre più stretti e in ascensione orgasmica nel momento in cui Faccia d'angelo fredda i suoi primi quattro rivali, interrompendo il gioco della campana nel quale è impegnato con alcuni bambini. Questa scena parla chiaro e il regista dice subito al pubblico che non si sta prendendo troppo sul serio ma che sta “seriamente giocando col genere”, si diverte ma uccide, come Ringo in questa prima sequenza. Il clima di attesa che accompagna i momenti che antecedono la rapina alla banca da parte di Sancho e della sua banda viene commentato dal curioso “Hesitating Rag” che, come dice il titolo, si presenta come puzzle di strumenti esterni in dialogo con il rag pianistico interno “esitante”, source music che si ascolta dal carro dei musici di strada che portano gli auguri natalizi. Nel secondo frammento sono gli archi a riprendere il commento esterno, poi il rag ritorna aumentato di mezzo tono, si inserisce il banjo e infine il piano riprende il minimalistico rag in ripetizione sempre più accelerata fino alla fine. “Heroic Mexico” è invece il brano che commenta la cavalcata della banda di Sancho verso la fattoria, col sound della musica mariachi e i ritmi dell'andamento equino, con le voci maschili a incitazione e in supporto vocalizzato ai disegni messicaneggianti degli archi e alla serie trombettistica. Anche il brano “Bamba bambina” si presenta come una intradiegetica creazione di occasione durante un momento di festa all'interno della fattoria occupata dai banditi con un'allegra bamba per tromba di stampo messicano accompagnata dalla chitarra acustica. In “The Wait” c'è un elogio al salto di quarta discendente tipicamente rag, ossessivamente riproposto dalla chitarra lungo tutto il pezzo, sul quale si insinuano l'oboe (particolarmente utilizzato in questo score) con una rapida successione in scala di note in progressione ascendente e discendente. Nel momento parossistico, il salto di quarta verrà raddoppiato anche dall'oboe e dagli archi supportati dalle rullate del tamburo che poi, per chiudere, riproporranno la cellula in scala già ascoltata dall'oboe, con una sorta di scambio timbrico. “The Clash” invece si presenta come un carismatico gioco contrappuntistico di trombe e archi, con un'acquietamento riservato ai violoncelli sottesi ai medi vibrati archistici. Di intensa e leoniana (e tiomkiana...) memoria è la trenodia in stile degüello del brano “The Slaughter”, una sorta di citazione che Morricone fa di se stesso riecheggiando il precedente Per un pugno di dollari, modello per tanti epigoni successivi e divenuto ormai musica obbligata nell'immaginario dei duelli in stile western. “A Pistol for Ringo” è la versione esclusivamente strumentale (col solo mantenimento dei cori) della sigla “Angel Face”. Il disco include anche “Una pistola per Ringo (Suite)”, nella quale vengono riproposti frammenti in sequenza di tutti i brani che compongono lo score (usati poi seppur separatamente come BG music nel film). Da notare a 1’27” l'interessante sequenza del violoncello che, in una scena descrittiva che ci mostra Ringo intento a piazzare della dinamite su alture rocciose, ripropone le note di “Stille Nacht” (mantenendosi in modo minore) come pretesto metalinguistico essendo la notte di Natale e, soprattutto, riprendendo il livello interno della stessa canzone che viene intonata dai banditi e dai padroni della fattoria loro ostaggi in un divertente quadretto comedy che stempera la crisi causata dalla situazione di stallo venutasi a creare e dall'imprevedibile e furbesco doppiogioco di Faccia d'angelo.
Nei titoli di testa de Il ritorno di Ringo ritroviamo la voce ineguagliabile di Maurizio Graf (che è autore del testo inglese oltre che interprete della canzone). Nelle liriche è già contenuta la morale del film, il tema del “ritorno di Ulisse” e della sua vendetta in chiave western. “The Disguise” riprende malinconicamente il tema principale del film con l'uso dei clarinetti, poi più avanti ripreso dagli archi. Gli fa eco “Sheriff Carson” con il tema eseguito dall'arpa. “The Fuentes” è quasi aleatorio nei glissandi degli archi e i rintocchi del pianoforte, mentre “The Funeral” è un commovente sviluppo intradiegetico del noto tema militare “Silenzio”, con la tromba, gli archi e il coro vocalizzato, utilizzato per commentare il funerale-farsa di Montgomery Brown. “Barnaba's Bamba” ci riporta agli umori vernacolari del vicino Messico riprendendo la bamba, ma con timbrica differente, del film precedente. “The Wedding and the Revenge” è un brano rarefatto in molteplici livelli, dagli archi acuti, al ripetuto del pianoforte, ai destabilizzanti inserti degli ottoni, il tutto in chiave minimalistica. “Peace Comes Back in Mimbres” è la versione strumentale, che accompagna i titoli di coda del film, della song d'apertura. Interessanti poi le ultime due tracce della compilation che ospitano l'audio italiano di una parte del film (per un totale di 35 minuti), per poter ascoltare con precisione la fusione tra le musiche originali di Morricone e i suoni reali della pellicola, dialoghi e rumori.

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