27 Ott2015
Spectre
Thomas Newman
Spectre (Id. – 2015)
Decca Records 4759509
26 brani – Durata: 63’00”
In Spectre, per intenderci meglio, vi sono riferimenti espliciti e appassionati, in particolar modo nelle sequenze d’azione, ai film migliori, a detta di tutti i bondiani Doc, della lunga saga di 007, a partire da Dalla Russia con amore, passando per Goldfinger, Al servizio segreto di sua Maestà per citare i più evidenti, col finire con quelli di Roger Moore (vedi Bersaglio mobile), con una delle scene “gunbarrel” più esaltanti e adrenaliniche che si siano mai viste nella filmografia di James Bond, girata in parte in pianosequenza da quel talento di Sam Mendes (omaggiante Vivi e lascia morire) a Città del Messico durante il Giorno dei Morti, una festa celebre sudamericana, che fa presagire un grande, ennesimo, film di Bond. Invece quando parte con la trama vera e propria perde qualche ingranaggio, risulta telefonatissimo in molti dialoghi e situazioni che vorrebbero essere “nuove ed incredibili” ma che per un fan bondiano risultano già note e prevedibili, con scene d’azione molto rapide e “appiccicate” ad una trama noir scritta da troppe mani (le otto di John Logan, Neal Purvis, Robert Wade, Jez Butterworth), una Bond Girl tra le migliori della saga (Lèa Seydoux, affascinante e conturbante nella sua finta tenerezza disarmante e fragile) – della Monica Bellucci è meglio non dire niente per quanto imbarazzante (recita perfino meglio in inglese che quando si doppia in italiano), ma fortunatamente presente nel film per poco più di 5 minuti – un cattivo (storico, lo scoprirete, ma in realtà non spoilero nulla di già supponibile) poco convincente (il bravissimo, in altre occasioni, Christoph Waltz), superato di gran lunga dal killer spietato, alla Squalo e Oddjob, in verità citando anche il Grant di Robert Shaw di Dalla Russia con amore, Mr. Hinx, interpretato da Dave Bautista (I guardiani della galassia) e una musica di Thomas Newman debitrice del precedente Skyfall ma non impattante e tragica (ma, ribadisco, Skyfall era tutto un’altra cosa!) come quella. A ripensarci bene, forse Newman non è stato una delle migliori scelte per commentare musicalmente le ultime due gesta bondiane di Craig, sebbene il suo sodalizio con Mendes ha sempre dato ottimi risultati (sentire Era mio padre su tutti) e comunque per Skyfall la sua impronta drammaturgica compositiva era stata, anche nelle pagine d’azione, molto valida e aderente. Non che non lo sia anche in questo Spectre, però tutto risuona già sentito e poco ispirato, ma andiamo per gradi, non dimenticando un’altra considerazione fondamentale in un film di James Bond (e qui Newman non ha nessuna colpa!): la canzone dei titoli di testa di Sam Smith (non inclusa nel CD) è una delle più raccapriccianti e brutte della storia delle songs per 007 (altri commenti sarebbero superflui!). “Los muertos vivos estan” apre la score newmaniana con ritmiche sudamericane (commenta la scena gunbarrel) dei Tambuco e il tema stranoto di Monty Norman che serpeggia sottilmente tra le pieghe del pentagramma per presentarci Bond-Craig che si aggira tra i festanti (una notevole scena di massa) in cerca della sua prossima vittima. “Vauxall Bridge” è puro “Newman Style” con il suo incedere drammatico tra ritmiche soffuse e archi ondeggianti e un flauto che accenna un temino che sembra essere quello di Bond ma camuffato e sinuoso. Thomas Newman è un raffinato cesellatore di suoni, le sue armonie e timbriche sono architetture sonore particolari che solo un ascolto attento in cuffia può renderle evidenti e intriganti: questo lo si denota dal tema corale e liturgico su ritmi frenetici e sintetismi tensivi della visione di Roma in “The Eternal City” con una chiusa orrorifica tra sospensioni e un tappeto d’archi semiaccennato e angoscioso (adesso l’organizzazione criminale mondiale della Spectre fa il suo ingresso in una sequenza alla Eyes Wide Shut dell’orgia satanica). “Donna Lucia” (la Bellucci) inizia su un suono synth ricco di tensione che si stempera nel tema d’amore tra Bond e l’italiana appena diventata vedova con un morbido e suadente motivo che ricorda qualche passaggio di American Beauty: breve ma intenso! “A Place Without Mercy” è il primo movimento d’azione dello score con archi ondivaghi, ottoni marcanti l’adrenalina ma troppo breve per essere impattante, cosa che invece lo è il successivo “Backfire” (inseguimento notturno per le strade deserte (sic!) romane fino alla conclusione sul lungotevere) che rammenta non poco le pagine al fulmicotone di Don Davis per la trilogia di Matrix, con l’orchestra e la sezione ritmica in una corsa frenetica, a rotta di collo sul tema normaniano mescolato e skakerato questa volta, ed un coro (London Voices) e gli ottoni che glorificano un inciso eroico davvero affascinante, con finale del tema di 007 accennato dal flauto (egregie le orchestrazioni di J.A.C. Redford). “Crows Klinik” gioca sulle ritmiche (onnipresenti in questa partitura, ma come non farne a meno in un film di pura azione) e sugli archi che presentano un tema arioso su base tensiva. “The Pale King” esplode con un tema prepotente per archi e ottoni che subito si smorza in un lungo ed atmosferico, tra sottigliezze da scary music, momento di scoperta e di confronto con uno storico rivale in decadenza. “Madaleine” (la bond girl Lèa Seydoux) per Newman, tra arpe e archi morbidi, è la figura dolce e tragica al contempo di un mondo di cattivi e spie in disfacimento; un bel leitmotiv intriso di predestinazione ma non eccelso come quelli scritti per le bond girl di Skyfall. “Kite in a Hurricane” è musica di commento, giocata sulla tensione sintetica, sul rumore ancestrale degli archi tirati e di effetti angoscianti e taglienti con un inciso da film dell’orrore (proprio di tortura trattasi!). “Snow Plane” che cita a piene mani tutte le sequenze di inseguimento sulla neve dei migliori 007 è il pezzo più sorprendente di tutta la partitura: un ostinato tra ritmiche e archi infuocati su ottoni esplosivi (la direzione dell’orchestra di Newman è pregevole) che via via deflagra in un turbinio compulsivo di quelli che ti trascinano corporalmente nell’azione insieme a Bond (probabilmente ad un attento ascolto questo brano risulta debitore di tanta musica action televisiva odierna però la sua carica vitalizzante è davvero trascinante!). “L’Americain” altra traccia imperniata sulla tensione e ricerca di un indizio che sveli l’arcano che poi così arcano non è; brano dall’andamento africaneggiante (siamo a Tangeri) con ondulazioni timbriche. “Secret Room” gioca anch’esso sullo svelamento di un trama senza veri colpi di scena, con un piano mesto (lo stesso Newman) che si incunea tra strumenti etnici e archi soffici in controcanto, sino a un pulsante ritmo etnico pop che scompone il puzzle così poco intricato a dire il vero. “Hinx” fa luce sul killer di Bautista con una pagina tensivamente compulsiva e in crescendo tra archi, ottoni ribattuti. “Writing’s on the Wall (Instrumental)” è la versione solo musica della canzone dei titoli di testa che commenta la scena d’amore appassionata tra Bond e Madeleine, e la si può finalmente ascoltare non rovinata dalla voce scheccante di Sam Smith in un arrangiamento degno dei film bondiani, ad opera di Simon Hale. “Silver Wraith” è traccia di puro commento senza infamia e senza lode; “A Reunion” è agghiacciante nella sua gelida e asettica configurazione sonora (il villain Waltz si mostra in tutta la sua composta e mefistofelica cattiveria d’antan), con un breve accenno tematico quasi a voler dare una forma al capo della Spectre. “Day of the Dead” che rompe la cronologia della partitura rispetto a quella filmica, composto da Newman su parole di Bill Bernstein e dei Tambuco, è allegoria messicana ritmica. “Tempus Fugit” salva la vita a Bond grazie ad uno dei suoi marchingegni letali regalatogli da Q in una sarabanda musicale in crescendo tra orchestra, elettronica ed evoluzioni psichedeliche sintetiche. “Safe House”, bella pagina iniziale action in cui gli archi primeggiano su tutto il resto per poi diventare cedevole e sottolineante la risoluzione della storia con finale esplodente: in ogni caso Newman si dimostra buon tessitore orchestrale e ritmico. “Blindfold” energeticamente incalzante descrive un’imboscata che i colleghi di Bond cercheranno di sventare (dimenticavo che i ruoli di Moneypenny, Q ed M in questo film vengono fuori in maniera più determinante e forte). “Careless” fa cadere Newman nello zimmerismo più scontato e troppo simile a tante score per serie TV come 24 et similia. “Detonation” insieme a “Westminster Bridge” descrivono la resa dei conti tra Bond e il cattivo di turno (quanto vorrei proferire il suo nome che l’ufficio stampa del film ci ha chiesto di non svelare, ma tanto voi lettori lo sapete già, non è vero?) e Thomas Newman si ingegna in un susseguirsi di momenti di alta tensione con archi in levare e ottoni deflagranti al calor bianco dove si può benissimo visualizzare il countdown tra le increspature del pentagramma con l’interpolazione del tema di Monty Norman che urla vendetta (tema che a dire il vero nel CD non viene mai sviluppato a pieno ma che nella pellicola si ascolta nel suo arrangiamento più classico, quello geniale di John Barry). “Out of Bullets” penultimo pezzo prima di “Spectre (End Title)” che chiude l’album con una sorta di ricapitolazione degli spunti tematici della score tra mistero e garbo, è il faccia a faccia finale in cui si accenna al tema d’amore di Lèa Seydoux e delicatamente si manifesta una nuova vita per Bond (almeno così sembra!). Una partitura non memorabile che si lascia ascoltare velocemente e che si dimentica con altrettanta velocità.