Finding Dory

cover finding doryThomas Newman
Alla ricerca di Dory (Finding Dory, 2016)
Walt Disney Records D002227202
33 brani + 1 canzone – Durata: 68’22”

Il cinema di animazione “mainstream”, ossia quello generalmente prodotto da grandi compagnie e destinato a largo successo di pubblico, soffre di un problema comune: prodotti come questo, o come Pets o Ozzy – per citare alcuni esempi recentissimi – soffrono infatti di una sorta di costrizione ai parametri dell”'action movie”. Sono cioè prevalentemente strutturati secondo lunghe, esagitate e spettacolari sequenze obbligate di inseguimenti, ribaltoni, piroette e cascatoni vari, non necessariamente – anzi, raramente – coesi da un filo narrativo convincente e dall'indispensabile profilo dei personaggi. Ciò è probabilmente dovuto all'urgenza di inseguire il prodotto “live” sul suo stesso terreno, dove la concorrenza è ormai spietata e la serialità diffusa.

 Il fenomeno ha evidenti ripercussioni sul piano musicale. Anche i compositori infatti faticano a farsi largo con originalità, e a differenziare le partiture di questo genere da quelle “reali” trovando in questi film spunti persuasivi per nuove idee.
 Per capirlo basterebbe un semplice confronto fra i due score scritti da Thomas Newman per Alla ricerca di Nemo, quattordici anni or sono, e questo suo fiacco, tardivo sequel: freschezza di invenzioni, visione unitaria, massima concentrazione nel primo. Professionale ma generico manierismo, grande frammentazione, assenza quasi totale di un'idea forte nel secondo. Il problema di Newman infatti (che di tutti i rampolli dell'omonima dynasty è senz'altro il più talentuoso e richiesto) è quello di essere diventato un musicista per tutte le stagioni e tutti i generi, con evidenti e inevitabili conseguenze sul piano della qualità.
 Intendiamoci: non sono in discussione il mestiere o la capacità, come dire, di “stare sul pezzo”. Anzi, in questa circostanza il maestro sembra accentuare, seguendole alla lettera, le procedure di “mickeymousing” richieste dal contesto, utilizzando proprio la brevità a volte fulminea di alcune tracce (“Kepcake”, “Main title”, “Migration song”) per confezionare rapidi siparietti strumentali di pizzicati (il primo, ma anche “Hide and seek” e l'efficace “Hank”, comprensiva di nacchere!...), partenze in quarta della percussione, staffilate a sorpresa dei fiati, e altre trovate che sembrano quasi rinviare a certe memorabili partiture per i dinamici e irrequieti cartoon di Tex Avery. I nodi vengono però al pettine quando si tratterebbe di contrapporre, o almeno giustapporre, questi aspetti ad una visione più ampia e omogenea della partitura; viceversa Newman sembra inseguire una parcellizzazione quasi rapsodica, o comunque episodica, orientando lo score in mille rivoli separati, quasi sketches dal potenziale evocativo più o meno riuscito.
 L'effetto “marinaresco” ottenuto coi synt in alcune pagine (“Main title”, “Nobody's fine” o la luminosa “Open ocean” che ricorda quasi “Ask the mountains” di Vangelis, il brano reso celebre dallo spot per una marca di lavatrici...) è ad esempio centrato, nella propria funzionale semplicità, ma altrove, come in “Lost at sea”, si fa strada un impressionismo un pò ingenuo e superficiale, che in Nemo era quasi totalmente assente. Fortunatamente non manca una componente che in Newman è abbastanza ricorrente, ossia l'humour; così, gli effetti caricaturali dei legni di “Rebecca darling” e la coreografica, nitida trasparenza timbrica di “Meet destiny” assolvono ad una salutare esigenza di autoironia. Ma è senz'altro sul fronte più movimentato e d'azione che il compositore trova l'ispirazione più felice: pagine come “Squid chase”, “Becky flies” e soprattutto l'imperiosa “Hands!” pulsano infatti di un dinamismo ritmico e di una varietà timbrica (percussioni, fiati e archi alternati) mai appesantita o ridondante, ma sempre all'insegna di quella “grazia” che è una delle grandi doti di questo musicista. Anzi, la corale “O,we're going home” o la stravagante “Sigourney Weaver” raggiungono punte di autentica comicità musicale, alternate ad aperture liriche ariose e fluenti o a energiche parentesi all'”Americana” (“Quarantine”). E tuttavia, è ancora una volta la discontinuità, l'estrema segmentazione del discorso musicale a risultare spiazzante, impedendo di cogliere nella partitura quel “fil rouge” che servirebbe a dare al tutto un minimo di coerenza stilistica. Così, si trascorre dalla vigorosa “Hide and seek” alla descrittiva “Quite a view”, dalla schiettamente cartoonistica “Loon tune” alla conclusiva “Release”, veloce trionfo di effetti “acquatici”, senza avere mai il tempo di annoiarsi ma nemmeno quello di concentrarsi.
 Né può mancare, naturalmente, il solito hit canoro di cartello: qui “Unforgettable”, e indovinate di chi? Ma di Sia, naturalmente, sempre lei!...

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