Annabelle: Creation

cover annabelle 2 creationBenjamin Wallfisch
Annabelle 2: Creation (Annabelle: Creation, 2017)
Silva Screen Records - SILCD1551  
23 brani + 1 canzone – Durata: 48’27”



L’horror è un genere cinematografico più visivo, la scuola ideale per crearsi uno stile, perché in esso, più dei personaggi e delle vicende, conta la maniera di filmare e raccontare”. Parafrasando questa celebre dichiarazione di Brian De Palma, che del genere ne sa qualcosa, possiamo affermare che per un musicista dello schermo l’horror è forse la palestra più efficace per la definizione di una grammatica musicale distintiva; non ci fossero già stati Beltrami, Lo Duca, Christopher Young e molti altri a provarlo, ci sarebbe ora Benjamin Wallfisch con questo Annabelle 2 che conferma la sua capacità (già evidente nel lavoro per Lights Out) di coniugare un approccio inequivocabilmente moderno al genere, pieno di sussulti sonori di ogni tipo, con una vena melodica mite e quasi vintage.

Una scelta stilistica certo incoraggiata dal film stesso: un prequel ambientato tra gli anni ’40 e ‘50 che colloca le gesta della bambola demoniaca Annabelle - ma innanzitutto, come da titolo, la sua creazione - in un contesto rurale da horror d’altri tempi. Di qui le atmosfere gotiche presenti fin dal primo brano (“Creation”) che presenta il materiale tematico, scarno e carpenteriano, e stabilisce un tono di inquietudine sottile quasi alla Goldsmith, grazie a una vibrante scrittura per archi, piano e legni, salvo poi irrompere nel territorio dell’horror puro con l’intervento dei glissandi degli archi, del pianoforte preparato e di minacciosi suoni ambient. La successiva “The Mullins Family”, con le sue armonie distese, è la traccia più pacata dell’album mentre “A New Home” si colora di toni fra il melanconico e lo speranzoso anche grazie ai suggestivi fraseggi dei violoncelli; parzialmente sulla stessa scia “Bee’s Room” che nella seconda parte si scioglie in accordi ancora più intensi ma che presenta inizialmente atmosfere incredibilmente cupe e rarefatte, frutto di un attentissimo studio sul sound. E’ solo a partire da “Annabelle Awakened”, col suo insostenibile clima di minaccia, che Wallfisch comincia a fare sul serio; di qui in poi, tranne qualche quieta parentesi dove si riaffaccia quasi sempre il tema principale (“Bunkmates”, “Bee’s Photo”, “Avatars”, “Linda’s Suspicion”), è tutto un susseguirsi di agghiaccianti spauracchi musicali: spasmodici crescendo ed esplosioni da salto sulla sedia (“Shadows and Sheets”), accumuli roventi di dissonanze organizzati in soluzioni sempre diverse (il clima di attesa stupendamente concepito di “Samuel’s Death”, l’ostinato scomposto per archi di “The Possession” che degenera  in una magmatica stratificazione sonora) e ancora un uso quasi grottesco dei glissandi degli archi (“Jannabelle”) e degli ottoni (“Your Soul”, pagina horror di magistrale fattura) oltre naturalmente ai più comuni espedienti del terrorismo musicale, come i ronzii in continuo crescendo (“Tranformation”), i fragorosi clangori delle percussioni (“Demonquake”) e i minacciosi interventi del piano suonato sul registro grave (“Demon Fishing”, dove si fa un uso davvero spregiudicato delle più disparate tecniche d’avanguardia). In “Our Beloved Bee” le angosciose atmosfere horror si tingono di un sofisticato lirismo melodrammatico fino al definitivo ritorno del tema ai violoncelli, mentre a partire da “Police” (pagina ancora indecisa tra il gotico e l’horror puro) il tono sembra assestarsi su un clima fra il triste e il risolutivo (“The House is Blessed”, “Adoption”) salvo poi tornare inaspettatamente al più genuino shock sonoro con “Conduit”, traccia cui spetta l’onore di chiudere questo ottimo lavoro di Wallfisch; una partitura di suggestione così alta che persino la tranquillissima canzone di Charles McDonald “You Are My Sunshine”, posta in conclusione dell’album, sembra doversi spezzare da un momento all’altro in deflagranti soprassalti da trauma acustico.

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