La ragazza nella nebbia

cover la ragazza nella nebbiaVito Lo Re
La ragazza nella nebbia (2017)
San Isidro Edizioni Musicali/Universal Music
27 brani – Durata: 43’01”

Il notevole profilo accademico e culturale (direttore d’orchestra con vasta esperienza anche operistica, compositore, orchestratore, musicista di teatro, cinema e tv, più una laurea in Scienze Politiche) fa di Vito Lo Re una figura del tutto a sé stante nel panorama musicale italiano: lo si potrebbe definire “crossover”, ossia trasversale a generi e stili, se non fosse che l’enunciazione rischia di suggerire un che di (seppur nobilmente) dilettantistico che nel suo caso è del tutto fuori luogo. Lo Re sembra piuttosto attratto irresistibilmente da una volontà di esplorazione dei linguaggi che non gli preclude alcuna direzione, ma porta in ciascuna il bagaglio e rigore della propria preparazione e l’indefettibile passione per il repertorio classico. Difficile dunque etichettarlo come “musicista applicato” visto che anche il suo rapporto con la musica per immagini è particolare, ed impostato in modalità tutt’altro che convenzionale.

 Quanto il cinema attiri Lo Re per le sue potenzialità di espressione e linguistiche, era evidente –  dopo l’esordio per l’intenso Lacrime di San Lorenzo, 2015, di Giampiero Caira, che conteneva anche un tema di Marco Werba – nel recente CD 35 mm edito da Stradivarius e qui recensito da Massimo Privitera, con annessa intervista al maestro: si trattava di un omaggio alla settima arte sotto forma di una sorta di “library” contemporanea popolata da suggestioni, stati d’animo, apparizioni sonore, fonti ispirative apertamente o velatamente declinate. Insomma, una dichiarazione d’amore insieme lucida ed emotivamente coinvolgente, ma anche un manifesto programmatico e metodologico di lucido pragmatismo.
 Da molti anni in sodalizio con Donato Carrisi per i suoi lavori teatrali, Lo Re accompagna ora il debutto dello scrittore nella regia, all’insegna del thriller, con una partitura di misteriosa fascinazione e grande raffinatezza stilistica. Agli antipodi dalla chiassosa tappezzeria che comincia a dilagare anche in tante score nostrane, Lo Re si presenta con un suggestivo tema principale (“Flores”) iniziato dal pianoforte, ripreso dal violino e poi sparso per tutta la partitura: un tema di sapore molto mediterraneo, che riecheggia il melodismo malinconico di Nino Rota ma in una chiave più solitaria e meno colloquiale. Delegando a parchi effetti elettronici (ad esempio “Casa di Anna Lou”) il compito di restituire l’atmosfera più dark e cupa, Lo Re si adagia invece in un’orchestrazione sofisticata e diversificata nel pedinare la tormentata e dolorosa ricerca della verità che è il centro narrativo del film. La brevità delle pagine in tal senso giova all’esito complessivo, perché così facendo la score si propone come un puzzle emotivo continuamente cangiante ma intimamente unitario: dunque il cupo fraseggio di celli e bassi in “Maria e Bruno” e “Bruno Kastner”, la voce femminile salmodiante di “L’appello”, “La veglia” e “Beatrice Leman”, l’agitato sommovimento degli archi con il tema principale baluginante sullo sfondo dagli ottoni con sordina in “Delirio di onnipotenza”, sono tutte fasi di un percorso musicale psicologico molto sottile ed elaborato dove si combinano le esigenze di una drammaturgia di genere (“Nessun urlo” o “L’escursione” sono autentica, efficacissima musica da suspense) con il gusto di una forma compiuta e chiaramente “colta”: lo testimoniano il bell’adagio pianistico di “Clelia e Loris”, la forma quartettistica di “Maria Kastner” o l’assolo di cello sull’ostinato del flauto in “Ostinato” (appunto).
 Nello sviluppo drammaturgico della partitura non tardano a farsi largo presenze neoclassiche (la spinetta che appare in “Il diario”, pagina di squisita e accasciata bellezza) che assumono talvolta connotazioni da melodramma operistico, mentre enunciazioni del tema principale fanno capolino in “25 minuti di vantaggio” inserite in repentini sommovimenti ritmici degli archi; ancora quel tema ricompare, pianistico, introducendo nel “Finale” una specie di episodio concertante cui gli archi conferiscono tonalità romantiche molto forti. E quasi a ribadire la centralità di questa idea ma anche la sua polivalenza, Lo Re la declina ancora, sempre in do minore, in forma mossa sul ritmato degli archi, in “Titoli di coda”, e poi affidata alla tromba, in una versione che ne svela più che mai gli echi rotiani, in “La ragazza nella nebbia”.
 Ma quando parliamo di echi o di suggestioni, in questo compositore, non c’è da essere fraintesi: non si tratta di meri procedimenti imitativi o citazioni di comodo, bensì di un ricco patrimonio di formazione, di conoscenze e di affetti culturali che Vito Lo Re amministra magistralmente ponendolo a disposizione di un’ispirazione autentica e toccante.

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