Downsizing

cover downsizingRolfe Kent
Downsizing – Vivere alla grande (Downsizing, 2017)
WaterTower Music WTM39977.2
13 brani + 1 canzone – Durata: 49’44”

Nella biografia dell’inglese Rolfe Kent, classe 1963, colpisce un dato piuttosto inconsueto per un musicista del cinema: è la laurea in psicologia conseguita nell’86 all’Università di Leeds, dove poi ha insegnato la medesima materia per un biennio.
 Questo supplemento di formazione in realtà aiuta a spiegare bene l’approccio di Kent alle partiture soprattutto per i film di quei registi che percorrono strade meno scontate, raccontando storie in bilico tra normalità e follia, disegnando personaggi border line e mescolando con sapienza elementi drammatici, grotteschi e sentimentali.

Sono autori come Neil LaBute (Betty Love), Grant Heslov (L’uomo che fissa le capre), Jason Reitman (Tra le nuvole), Mark Waters (I pinguini di Mr. Popper), e naturalmente il più celebre e talentuoso di tutti, Alexander Payne. Sin dal suo debutto del ’96 con La storia di Ruth, donna americana, proseguendo poi con Election, A proposito di Schmidt e Sideways, Kent ha seguito e accompagnato fedelmente l’umorismo perfido ma anche le pieghe di tenerezza, e soprattutto la forte carica critica di questo autore, scavando con la sua musica elegante, gelida e antiemotiva proprio negli anfratti più riposti di psicologie distorte e relazioni umane precarie.
 Downsizing è probabilmente il capitolo sinora più ambizioso di questo sodalizio, perché agli evidenti propositi di satira sociale qui si sommano chiari elementi fantastici e una vena che potremmo definire di “redenzione sentimentale” spesso ricorrente nella filmografia del regista americano. Questo sentimento di gentile, affettuoso ma implacabile sarcasmo attraversa tutta la partitura ammantandola di una piacevole ma illusoria scorrevolezza, che passa per melodie accattivanti e persino un po’ puerili, o per movimenti quasi coreografici. Se “A lab in Norway” si apre brevissimamente con l’evocazione di un kulning, il tipico canto popolare scandinavo elegantemente sostenuto da archi e flauti, “The world is amazed (Main title theme)” si declina piuttosto sul versante di un ottimismo di facciata, con un fluente tema principale per archi dall’andatura festaiola e disimpegnata, curiosamente memore dell’Intermezzo dalla “Carmen” di Bizet! Su un registro non troppo dissimile si muove “Paul’s theme/Visiting Leisureland”, con la prima parte affidata ad un saltellante e giocoso flauto di Pan e la seconda, più sospesa e incerta, a lunghi accordi degli archi e delicati intarsi dei fiati. A questo si oppone idealmente il “Ngoc’s theme” lento, sommesso, orizzontale (morriconiano?...), per legni e pianoforte con un frusciante, pudico ma luminoso sostegno dell’elettronica.
 Il clima si fa più teso e interrogativo a partire da “Including toward the downsizing procedure”, dove si nota come pur mantenendo morbida e trasparente la strumentazione (archi e legni in prevalenza), Kent adotti un linguaggio armonico più drammatico e presago, trepidante, accompagnato da una mobilità ritmica velatamente ossessiva e incombente. In tale contesto ”The Downsizing waltz” apre una parentesi salottiera, evanescente, di sapore franco-viennese, di irresistibile brio caricata però, soprattutto nel finale della tromba, di un senso quasi stravinskyano del grottesco: anche “Five inches tall and all alone”, con il suo canto sopranile di sapore operistico ripreso poi dalla fisarmonica, sembra deviare l’input malinconico, sconsolato, in una direzione rassicurante, mentre le sapienti variazioni sui temi di Paul e di Ngoc contenute in “Ngoc guides Paul updriver and to the other side of the tracks” e “Paul trends to Ngoc’s needs” si lasciano finalmente possedere da un lirismo aperto, teneramente romantico ma controllato, popolato da inserti solistici (il violoncello) e irrequieti ornamenti dei legni.
 Ritorna il kulning, più suggestivo che mai, tra voce e flauto in “A dock in Norway: the originals” prima del lungo adagio di “Exodus, farewells, lost luggage and reunions”, che sintetizza tutti i colori della score in una versione di nuovo rigogliosa e operistica, e di “The aeroplane home/The rain”, nuova toccante variazione leitmotivica dove pianoforte e archi giocano a rimpiattino tra lievi staccati e cenni pianistici; così come un’ultima, sapida variazione – sul tema di Paul – è anche la dolce “A little change in the weather” finale, affidata al gruppo britannico The Swingles.   
 In sintesi, si deve proprio a Rolfe Kent e al suo tocco originale di “psicologo musicale” se Downsizing individua e mantiene quel tono in difficile equilibrio fra commedia e dramma (il cosiddetto dramedy), ma soprattutto fra paradosso e “racconto morale”, che ne rappresenta sicuramente il valore aggiunto.

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