Before I Wake & The Bye Bye Man

The Newton Brothers, Danny Elfman
Somnia (Before I Wake, 2016)
Varese Sarabande 302 067 412 8
30 brani – Durata: 68’48’’

The Newton Brothers
The Bye Bye Man (Id., 2017)
Sony Classical 889854 061326
33 brani + 1 canzone – Durata: 76’38’’

Diciamolo subito: chi dalla prima di queste score si aspetta un glorioso ritorno di Elfman all’horror rischia di rimanere fortemente deluso. Dimentichiamoci le stratificazioni dissonanti di The Frighteners e l’aggressività tiomkiniana di Sleepy Hollow, perché ci troviamo innanzitutto di fronte a un lavoro in cui Elfman è chiamato a fare da spalla non troppo invadente al duo dei The Newton Brothers - già noto dai tempi di Oculus per una horror music radicalmente elettronica - per un totale di musica scritta in proprio che non supera i quattordici minuti, e dove si sentono semmai echi delle sue opere più pacate (The Family Man su tutte).

Occorre inoltre aprire una parentesi sulla spinosa questione delle collaborazioni artistiche: quasi mai è semplice discernere con precisione in questi frangenti dove finisca il lavoro di uno e cominci quello dell’altro, e non aiutano di certo le schematiche ripartizioni dei contributi indicate nelle tracklist; fortunatamente giungono a volte in nostro aiuto le dichiarazioni fatte nelle interviste, dove si fa spesso riferimento a sedute di brainstorming in cui il materiale tematico delle partiture verrebbe fuori attraverso un procedimento vicino a quello della jam session. E’ stato così per Blade Runner 2049 di Hans Zimmer e Benjamin Wallfisch, e lo è stato anche per Somnia, stando a quanto affermano gli stessi componenti del duo. Anche senza il loro beneplacito, comunque, non sarebbe difficile cogliere lo zampino di Elfman nelle tracce non ufficialmente firmate da lui: il modus operandi eletto dai The Newton Brothers è quello di un’alternanza non originale fra ambient-horror music, grevi soprassalti elettronici e una delicata scrittura per piano, archi e arpa, ma i temi, fin da quello modulante che fa la sua prima comparsa in “Somnia”, portano il marchio inconfondibile del maestro texano, il cui estro è perfettamente in sintonia con l’argomento di questo horror-fantasy: si parla infatti di un “bambino speciale” che, tramite il sogno, materializza ricordi e fantasie di chi gli sta attorno ma anche di egli stesso, ovviamente con terribili conseguenze; e così come nella sua ormai famigerata score per Alice in Wonderland, Elfman lavora su sonorità sempre in bilico tra fiabesca sospensione - ottenuta anche tramite il controllo dei volumi - e dissonanza pre-sussultoria, per luoghi musicali che evocano allo stesso tempo l’estasi liberatoria e la fatale pericolosità dell’immaginazione. E’ ciò che si evince nettamente dalla prima traccia firmata da lui solo: “Sean”, con dissonanze che sfociano in un finale orrorifico, mentre “Christmas” richiama piuttosto il clima delle sue tante score per film a sfondo natalizio; in entrambe, comunque, va da sé che il coro gioca un ruolo fondamentale.
Notevoli anche alcune pagine dei The Newton Brothers soli, che brillano di bei momenti come il baluginare dei violini in “Flashback”, la mesta instabilità armonica scandita dall’arpa in “Cody” e dal piano in “Come To Bed”, o la dolente variazione sul tema principale in “I’m Sorry”. Il resto è una horror music elettronica a volte efficacemente destabilizzante (“Asleep In Class”, “He Won’t Wake Up”), altre fin troppo inerte (“He Needs To Sleep”, “Nightmares”); mentre sul versante opposto, ovvero quello melodico-distensivo, troviamo un pianismo paraminimalista (“A New Home”, “First Day Of School/Afraid Of Sleep”) che strizza l’occhio al Philip Glass di Candyman, senza però replicarne (anche per diverse necessità narrative) la “ritualistica” drammaticità. Ne risulta una certa stasi da cui non è esente neanche l’Elfman della traccia finale: “Defeated” - di quasi dieci minuti - in cui però si riconoscono la calibrata confluenza dei temi, la conduzione quasi palestriniana delle voci e la differenziazione dei momenti - fra incursioni di tonalità minori e meravigliosi arabeschi del piano - proprie di un artista che si riconferma all’altezza del proprio nome: quanto basta, insomma, per chiudere lussuosamente una partitura horror curiosamente bipolare ed efficacemente paurosa.
Per The Bye Bye Man, blanda rivisitazione sul tema del babau, I The Newton Brothers non si avvalgono più del sostegno di Danny Elfman - la cui presenza in Somnia è dovuta molto probabilmente al ruolo di produttore esecutivo svolto dalla figlia Mali - quindi le cose cambiano, e non esattamente per il meglio.
La score è di minore consistenza tematica - e fin qui poco male - ma anche molto meno interessante dal punto di vista timbrico: i suoni synt vanno da banali pulsazioni action (“Losing Track Of Time”) a quieti tintinnii su tonalità distese (“Elliot & Sasha”), senza rinunciare ai soliti choc rumoristici (“Full Moon”); certo, nella scrittura per archi tornano le sfumature più interessanti del loro comporre, come dimostra “In The Basement”, di una certa cantabilità, o la già citata “Elliot & Sasha”, dove l’intervento dei violini è particolarmente suggestivo; ma sul versante schiettamente horror (“Two Coins”, “On The Wall”, “The Gloom Singer”) si tradisce spesso una totale mancanza di idee. Per fortuna il tema presentato in “Don’t Think It, Don’t Say It” - caratterizzato da tre note del pianoforte sul registro grave sovrastate da glissandi di archi (che originalità!) - è discretamente minaccioso e non mancano né riusciti frangenti action (“Train”) né stralci di una horror-music più materica (“I’m Not Going to Let You Catch It”), perché per il resto ci si deve accontentare di un citazionismo invero un po’ sterile (“Snowfall”, dove il duo, forse ancora inebriato dalla precedente collaborazione, si lascia andare a rimembranze da Edward mani di forbice) e di una quasi onnipresente e monotona - per quanto efficace - suspense sonora.
Senza l’appoggio di Elfman sembra dunque che i The Newton Brothers fatichino a trovare una via per districarsi dalle trappole di routine tipiche del genere horror; e se da una parte non si deve fare l’errore di paragonare le loro fatiche a quelle coeve e affini per genere di compositori come Benjamin Wallfisch o Joseph Bishara, operanti in film - e con budget - di maggior rilievo, dall’altra si deve constatare come inevitabilmente proprio a lavori così riusciti e intriganti si deve l’aspettativa che accompagna ogni volta l’uscita di partiture horror come queste. Aspettativa che non tutti - com’è chiaro - sono in grado di mantenere.

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