Jumanji - Welcome to the Jungle

cover jumanji jackmanHenry Jackman
Jumanji - Benvenuti nella giungla (Jumanji - Welcome to the Jungle, 2017)
Sony Masterwork, 889854727420
29 brani – durata: 60’24’’

Era il 1995 quando James Horner compose le musiche per quello che sarebbe divenuto un film cult per molte generazioni di adolescenti. La partitura del compianto maestro di Los Angeles era tributaria di tutti quei temi e stilemi cari al compositore; al primo ascolto la musica scritta per il film di Joe Johnston era chiaramente impregnata di spirito di avventura, momenti delicati e una certa dose di leggerezza che rendeva la colonna sonora godibilissima nella sua semplicità.

Nel 2017, Jake Kasdan ha riportato il gioco Jumanji sul grande schermo dandone una visione calata nei tempi odierni molto cambiati, soprattutto per via dell’uso delle tecnologie. Proprio su una diversa dimensione ludica il film del 2017 si differenzia da quello del 1995; dai giochi da tavolo si passa a giochi virtuali e, consci di questo cambiamento, i produttori e il regista hanno ben pensato di adattare il vecchio plot a una nuova dimensione.
Per questo ultimo prodotto cinematografico a comporre le musiche è stato chiamato Henry Jackman (Captain America - The Winter Soldier, X- Men - First Class, Kingsman). Il compositore inglese compie un'operazione di reinvenzione in linea con quella filmica ma, al contempo, si cimenta in un lavoro che sembra cavalcare le orme del suo predecessore, redigendo una partitura improntata sul classico spirito leggero e di avventura tipico del genere.
La prima traccia - una vera e propria ouverture che contiene un'anima della musica che andremo ad ascoltare e da questo primo brano si rimane stupiti per la classicità che Jackman conferisce alla sua creazione, soprattutto considerando le sue passate incursioni nel mondo dell'elettronica (Big Hero 6, Ralph Spaccatutto) che magari sarebbe sembrata la soluzione musicale più congeniale vista la tematica del film. L'intera score è incardinata sulla calviniana leggerezza che è tangibile in "Trantford High" che pervade tutti i pezzi successivi. A questa leggerezza si intersecano altri fattori come quello tribale di "Into the jungle" nel quale poi si inseriscono proprio quelle percussioni che anche nel primo lungometraggio accompagnavano ogni comparsa del gioco da tavola.
Cifra stilistica che traspare dalle note di questa partitura è dunque una certa levità conferita dall’ariosità musicale che Jackman ha saputo infondere alla sua musica. Pur tuttavia, la mancanza di un centro tematico ben definito risalta, a differenza della precedente OST di Horner il quale, come si sa, era un musicista che componeva su quadri tematici ben precisi. L’idea di Jackman invece è quella di creare una corsa musicale a perdifiato e questa sua volontà traspare dal brano “The power of Brawstone” nel quale archi e fiati si intrecciano in un amalgama da classico fuggi-fuggi che si dipana anche nei brani successivi “The missing piece” e soprattutto in “Albino rhinos”. Solo in “First kiss” si registra un rallentamento e l’apertura di uno squarcio sentimentale il quale, però, non trova adeguato svolgimento; esso infatti viene presto soffocato da una nuova componente di mistero che si insinua nel tessuto musicale e di cui avevamo avuto un primo assaggio in “Flirting with danger”.
Nella terza e ultima parte della score il discorso musicale del compositore inglese non cambia; i medesimi stilemi che avevano caratterizzato i primi brani continuano senza pausa. In “The jaguars”, “The ring of fire” e “Begin the climb” gli archi giocano la parte di protagonisti nel rendere l’atmosfera frizzante e briosa nel continuo andirivieni ed evolversi di una chiara situazione di grande pathos avventuroso. Forse la partitura manca di un centro tematico musicale ben preciso ma la sua essenza va individuata proprio in quella che è la cifra stilistica di ogni brano, quella succitata leggerezza che trova pieno compimento in “Call out its name” il quale costituisce probabilmente la traccia più riuscita, nell’equilibrio raggiunto qui trovato anche grazie ai fiati. Equilibrio che si esplicita nei successivi momenti di distensione che costituiscono i brani finali. In questo, giocano un ruolo determinante “Leaving Jumanji” e “An older friend” dove, non a caso, per la prima volta trova piena realizzazione quella cellula tematica che era stata disseminata lungo tutta la score ma che solo ora si realizza pienamente.
La colonna sonora di Jackman risulta, in conclusione, molto gradevole. La leggerezza e lo spirito di avventura che la contraddistinguono colgono nel segno dando all’ascoltatore un’ora di spensieratezza e assoluta levità tipica del volatile e non “della piuma”, per dirla con Calvino.
           

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