Così nuda così violenta - Enciclopedia della musica nei mondi neri del cinema italiano

cover_libro_cosi_nuda_cosi_violenta.jpgAlessandro Tordini
Così nuda così violenta - Enciclopedia della musica nei mondi neri del cinema italiano
Arcana Edizioni 2012
pp. 383 con 16 pp. di illustrazioni, € 26,50
http://www.arcanaedizioni.com/

 

«Certi musicologi con la puzza sotto il naso non hanno capito che in futuro, per capire il Novecento, si dovrà fare i conti col cinema, che ne è lo specchio più fedele, e con la sua musica».
 In questa affermazione di Ennio Morricone, tanto perentoria quanto sacrosanta, posta ad esergo nella quarta di copertina si racchiudono se così si può dire tutta la filosofia e il metodo di questa incredibile, monumentale operazione editoriale costata al suo giovane autore sette anni di lavoro e di ricerche (filmografiche, discografiche, biografiche, iconografiche, bibliografiche) e sfociata in uno strumento assolutamente insostituibile (non c’è sito web che possa competere con un ricercatore selettivo, intelligente, serio e compulsivo…) per indagare dentro un genere – meglio, un contenitore – che si è rivelato fondativo per edificare l’immaginario cinematografico italiano di una generazione; e che nella musica ha avuto la pietra angolare di questo edificio.
 Di sé l’autore marchigiano, laureatosi con una tesi sulla musica nel cinema italiano di genere, dice di essere cresciuto a musica metal e film horror. Unito alla giovane età, il dato farebbe pensare ad un “fan” febbricitante ed un tantino fondamentalista, dalle passioni incendiate con arroganza e dalla scarsa pazienza filologica.  Errore madornale. Alessandro Tordini impiega quasi tutta la propria premessa “No, non è un clavicembalo…” a scusarsi. Di cosa? Presto detto.
 Del fatto che, non essendo lui un musicista nel senso tecnico del termine (e, aggiungiamo noi per esperienza diretta, essendo pressoché impossibile o comunque faticosissimo per chi si occupa di musica cinematografica attingere alle fonti scritte originali come partiture ecc.), spesso egli fatica a individuare al semplice ascolto le fonti sonore, gli strumenti esatti, i timbri. Il che gli ha fatto a volte confondere un clavicembalo con qualcuno dei suoi parenti stretti (fortepiano, clavicordo ecc.), o un flauto con un oboe, e così via.
 Al di là dell’atteggiamento di umiltà e consapevolezza dei propri limiti (merce in disuso negli adulti e negli anziani, figuriamoci nei più giovani), l’annotazione rivela in Tordini un’onestà intellettuale (esplicitata anche nei numerosi “acknowledgments” finali), un rispetto per la materia trattata e una serietà di approccio che ci auguriamo di vedere al più presto replicati in altri suoi studi e saggi.
 Ciò detto, il volume, dedicato al maestro Francesco De Masi, rifiuta la fisionomia del semplice dizionario alfabetico-compilativo ma è invece fantasiosamente e intelligentemente strutturato come un percorso musicale: dopo un prologo che scava in profondità nel ventennio 1960-’80 in cui il “noir” italiano è divenuto un vero e proprio multigenere di straordinaria fortuna presso il pubblico e comprendente poliziottesco, thriller, giallo, horror puro, melò-erotico ecc., seguito da una introduzione corredata da un impressionante apparato di note e nella quale si ripercorre (sveltamente, non accademicamente) la storia della musica da film popolare italiana, arrivano i titoli di testa, ossia i nomi dell’ottantina di compositori analizzati; poi ecco il tema principale (i più prolifici: Morricone, Piccioni, Cipriani, Ortolani ecc.), i leitmotiv (cioè gli specialisti come Gaslini, Ferrio, Goblin, Donaggio, Micalizzi, Bacalov, suddivisi a seconda dei generi), le variazioni del tema principale (una serie di maestri come Trovajoli, Umiliani, De Masi o Rustichelli che si sono mossi fra tradizione e jazz), i temi atmosferici (poco più di una ventina di compositori che al “noir” si sono accostati sporadicamente ma efficacemente, come Piovani, De Sica, Pregadio, Vlad, Verrecchia e altri), brevi intermezzi (undici casi isolatissimi e particolari che vanno da Maurizio Vandelli dell’Équipe 84 ad un faro dell’avanguardia darmstadtiana come Bruno Maderna), i bonus track (una ventina di “discografie in cerca d’autore”, da Egisto Macchi a Mino Reitano, da Tullio De Piscopo a Umberto Smaila e Ubaldo Continiello) e infine un epilogo sulla “tradizione che lascia lo spazio al nuovo”, ossia il caso-Marco Werba e il Giallo di Argento.
 Seguono i titoli di coda, cioè le appendici: dedicate ad alcuni solisti fondamentali per i propri contributi a questi universi sonori (Edda Dell’Orso, per dirne una), alle principali case discografiche italiane di colonne sonore, e ad alcune conversazioni con registi e sceneggiatori come Pupi Avati, Aldo Lado o Antonio Bido. A chiudere quattro apparati: bibliografia, filmografia, discografia e sitografia. A metà volume sedici pagine di illustrazioni a colori con locandine originali, manifesti, fotogrammi, copertine di dischi.
 Pressoché inutile ricordare che la semplice descrizione del libro non rende ragione del suo valore e, diciamolo, del divertimento avido e curioso con il quale lo si sfoglia. Anche perché una volta impadronitisi della particolare struttura di questa che è pur sempre un’enciclopedia, navigare dentro di essa si rivela estremamente agevole e fruttuoso. Se prendete a caso una qualunque delle oltre 250 schede filmografiche proposte troverete nell’ordine: titolo, regista e anno, trama in sintesi (senza nessun finale “svelato”), descrizione-valutazione critica del film (qua si può essere o meno d’accordo con Tordini, ma sempre meglio di certi giudizi talebani alla “stracult”), descrizione dettagliata della musica, referenti discografici con gli esecutori. Al termine delle schede filmiche, che come s’è detto sono raggruppate per musicisti, ci sono per ciascuno di costoro un elenco di altri film pertinenti ma non analizzati, una compiuta scheda biografica, l’esordio cinematografico, i principali sodalizi professionali coi registi e una filmografia essenziale relativa ad altri generi frequentati,
 Lo sforzo è impressionante, perché denota nell’autore un’abitudine all’ascolto, all’analisi e alla enucleazione dei temi, dei momenti, delle sequenze, a sua volta motivata da attitudine e pazienza laboratoriali: le quali, unite alla mole di dati raccolti, configurano una delle più compiute e imprescindibili operazioni di ricerca sul cinema italiano mai affidate ad un volume. Inoltre una plusvalenza del libro è costituita dal fatto che, come si può ben immaginare, un conto è perlustrare nel dettaglio soundtrack celeberrimi e di riferimento ormai storico come Profondo rosso dei Goblin o Svegliati e uccidi di Morricone, ma tutt’altra cosa è – e con tutto il rispetto – addentrarsi in Napoli si ribella di Franco Campanino o Pensione paura di Adolfo Waitzman…
 Questo solo per significare che la trasversalità con cui questo “megagenere” ha percorso il cinema italiano del periodo (e di cui oggi s’è smarrita ogni traccia perché, come ci disse amaro l’amico Dario Argento, «registi e produttori italiani non hanno più né i soldi né le idee per fare il cinema di genere») ha caratterizzato con forza sia il prodotto d’autore (Argento, Leone, ma anche Rosi, Damiani, Bolognini ecc.) sia i filoni e i registi meno noti e financo più oscuri, mediocri o addirittura pessimi. Ma ha continuamente ispirato, a volte tanto più felicemente proprio in quanto legate a prodotti di scarsa qualità filmica (e citeremo solo le magnifiche, polistilistiche partiture di Nico Fidenco per le varie Emmanuelle di Joe D’Amato/Massaccesi) musiche spesso straordinarie e ancor più spesso orientate ad una spassionata e libera ricerca e sperimentazione su fonti, strumenti, stilemi, generi.
 Ad Alessandro Tordini va attribuito il merito di aver per la prima volta raccolto tutto ciò in un unico, preziosissimo strumento conoscitivo e consultivo: in un volume che andrebbe vivamente consigliato, prima che a chiunque altro, proprio a coloro con quella “puzza sotto il naso” evocati dal grande Ennio…

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