La musica nel cinema thriller

cover libro musica nel cinema thriller werbaMarco Werba
La musica nel cinema thriller (2019)
Manuale di composizione e analisi di partiture
Edizioni Falsopiano (www.falsopiano.com)
pagg. 266 – 19 euro



Si tratta di un unicum. Un libro in cui un autore di musiche per film mette a disposizione sue partiture a corredo di una breve storia della musica nel genere thriller. Il merito è di Marco Werba, già intervistato per ColonneSonore in merito al presente libro e – si sa – autore di alcune delle più interessanti musiche per il cinema di genere nostrano: Giallo di Dario Argento (2009) e le recenti Seguimi e Pop Black Posta sono forse le più memorabili. Con Giallo il compositore volle far tornare l’orchestra nell’universo sonoro argentiano, dopo la netta prevalenza nel suo immaginario delle sonorità progressive-rock dei Goblin (a partire da Profondo rosso); così anche il libro, che vede la luce 10 anni esatti dopo il maggior lavoro di Werba, si propone di illustrare le potenzialità dell’organico orchestrale, in tutta la duttilità permessa dalle sue pressoché infinite risorse espressive.

Proprio la partitura per il controverso film di Argento del 2009 è pubblicata in coda a questo manuale, ma non prima che siano state messe in luce quelle che Werba ritiene le tappe fondamentali nella definizione dei tópoi compositivi di genere. In questa parte iniziale si trovano non solo esempi degli arcinoti Bernard Herrmann e John Williams – con le inflazionate Psyco e Lo Squalo –, ma anche, ad esempio, di un importante compositore ahinoi spesso dimenticato in ambito accademico come James Bernard, autore delle seminali, violentissime partiture per gli horror di casa Hammer: Dracula il vampiro, Il mastino dei Baskerville e tante altre; musiche che hanno fondato un immaginario non meno delle pellicole della famosa casa di produzione inglese – il regista e compositore John Carpenter cita James Bernard tra i suoi compositori preferiti…
Dunque è la volta degli immancabili Jerry Goldsmith, Ennio Morricone e Pino Donaggio, di cui si citano – tra gli altri – lavori dell’importanza de Il presagio, La cosa e Vestito per uccidere; successivamente si parla, oltre che di compositori per lo più fortemente specializzati come Franco Micalizzi (The Visitor) e Fabio Frizzi (Zombi 2, L’aldilà e tanti altri titoli di Lucio Fulci), pure dei meno assidui John Barry e Stelvio Cipriani, il cui stile compositivo – non istintivamente votato al brivido – ha sortito lavori di intenso lirismo anche in film adrenalinici come King Kong (1976) di John Guillermin e Piranha II (dell’esordiente James Cameron, coadiuvato significativamente dal produttore Ovidio G. Assonitis). Il più giovane compositore citato è il prodigio della scuola ispano-latinoamericana Fernando Velázquez, autore di torride partiture per autori del calibro di J. A. Bayona (The Orphanage e The Impossible), Andrés Muschietti e Guillermo del Toro. E dopo un capolavoro come Drag me to Hell (per l’omonimo film di Sam Raimi), in un libro del genere non poteva certo mancare il nome di Christopher Young (sue anche le musiche per il cult Hellraiser di Clive Barker).
Ma tale rassegna impallidisce di fronte alle restanti sezioni del manuale, costituite da analisi strettamente tecnico-compositive: per prime la già citata Psyco e la sinuosa, conturbante Basic Instinct di Jerry Goldsmith. Più interessanti delle parti “teoriche”, in cui si può dissentire sulle mancate menzioni di compositori-cardine quali Marco Beltrami e Danny Elfman (ma non solo…), risultano infatti quelle in cui Werba fornisce al lettore vere e proprie chicche sul rapporto tra musicista e regista, sulla gestione di suoni e silenzi nel commento sonoro, ovvero su tutto ciò che è stato suggerito prima di tutto dall’esperienza sul campo. Sono allora scusate le suddette mancanze, poiché è evidente che l’intento non era tanto quello di fornire un quadro completo, uno “stato dell’arte” della musica per film di genere, quanto quello di redigere un’ideale autobiografia in forma di manuale, dove la scelta dei modelli da tramandare sembra essere in gran parte conforme a quella che l’autore ha assunto nella propria formazione di compositore. D’altronde tutto ciò è confermato dalla parte più cospicua del volume, ovvero quella dedicata all’analisi di Giallo, partitura orchestrale dove si palesano le influenze dei maggiori compositori citati in precedenza: un vero condensato di espedienti musicali atti a provocare disagio, dai lividi ostinati alle modulazioni per toni minori lontani, fino all’utilizzo raffinato di soli strumentali – efficaci, come sempre, quelli del violino. Nelle analisi viene messa in luce la ricchezza tematica, la mirabile capacità variativa, con un entusiasmo che si capisce essere rivolto specialmente a un’utenza di possibili compositori, o ascoltatori già iniziati, nella certezza che confideranno di più – dopo la lettura – nel potere evocativo della scrittura orchestrale.

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