La Musica e oltre. Colloqui con Ennio Morricone

cover libro caramia morricone la musica e oltreDonatella Caramia
La Musica e oltre. Colloqui con Ennio Morricone (2022)
Brescia, Morcelliana (seconda ed.)
pp. 208
€ 18,00

Contano di più l’opera o i discorsi sull’opera? Italo Calvino osservava che “un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma puntualmente se li scrolla di dosso” (1). Altri intendono l’indagine critica come un’opera parallela, insieme esercizio interpretativo e riflesso speculare. Ma quando il pulviscolo è suscitato dall’autore medesimo che di sé parla e scrive: si chiarifica, si commenta, si fa icona autoreferenziale? Chi si accosti alla musica di Ennio Morricone dovrà di necessità confrontarsi, oltre che con l’opera e relativa esegesi esterna, con le riflessioni del compositore; che, soprattutto nel nuovo millennio variamente sollecitato, ha costruito un autoritratto imponente. E non ci riferiamo alle dichiarazioni estemporanee rilasciate all’invadente giornalismo cartaceo e radiotelevisivo - già a partire dai Sessanta, dall’epoca dei western leoniani - e che, raccolte, riempirebbero scaffali di biblioteche, emeroteche, mediateche; ma che, proprio per il legame con la stretta attualità connessa a fattori contingenti - dagli umori dell’attimo all’insipienza dell’intervistatore sprovveduto in materia e alla ricerca di dichiarazioni clamorose -, non possono rappresentare un attendibile materiale di studio (anche se poi sarebbe giusto per non cascare in una bovina genericità, distinguere: se a porre le domande è, poniamo, Sandro Cappelletto, avremo risposte di un certo spessore; nel caso dei troppi altri di cui è bello tacere, si scade nell’aneddoto, nel pettegolezzo, nella superfluità del privato, con risposte vaghe e superficiali, prevedibili anche). Il nostro pensiero si dirige piuttosto ai vari «colloqui» che nel corso del tempo hanno costruito una (in)volontaria autobiografia insieme confessione, autoesegesi, forsanche autocelebrazione inconsapevole. Un fenomeno probabilmente unico per caratteristiche (non mettere nero su bianco la propria vita come in Malgrè moi, musicista di Mario Nascimbene, invece riviversi sotto gli stimoli di un interlocutore) ed ampiezza (tutto in Morricone è stato all’insegna di una quantità qualitativa davvero di pochi). Ad iniziare la prassi «colloquiale» fu – anche in ciò pioniere - Sergio Miceli che nel 1989 pose in appendice al suo La musica nel film. Arte e artigianato (Discanto 1982) un “Colloquio con Ennio Morricone” preceduto dalla dizione “Il musicista nel cinema d’oggi” (2). Ma è dopo la consacrazione degli Oscar nel 2007 e 2016 che il fenomeno assume piena consistenza. Nel 2010 Lontano dai sogni, nel 2016 Inseguendo quel suono, nel 2018 Ennio. Un maestro: faccia a faccia con Antonio Monda, Alessandro De Rosa e Giuseppe Tornatore (quest’ultimo, in verità, un doppione scorciato di De Rosa). Tra Monda e De Rosa si incunea il contributo di Donatella Caramia (Morcelliana 2012, seconda edizione dicembre 2022), che presenta una peculiare impostazione. Si mantiene la modalità dialogica, però la dialettica domanda/risposta è in ogni capitolo preceduta da una breve e succosa lezione che introduce all’argomento dei singoli colloqui ed offre al lettore le basi per contestualizzare le considerazioni del Maestro. V’è un intento didascalico insomma, fondamentale per accedere ad argomenti non necessariamente noti a tutti (avremmo voluto usare il termine «divulgativo»; e però, constatando come la nobile arte di «diffondere tra la gente» le cognizioni sia divenuta oggi merce svenduta sul mercato mediatico ove, citando Manzoni, ogni scalzacane vuole dire la sua – e ci scusiamo con i pochissimi che si salvano -, abbiamo preferito il grecismo).
Prestigiosa neurologa accademica nella Facoltà di Medicina, docente ed esperta di neurofisiologia clinica, ma anche fine musicologa e musicista”: così Donatella Caramia viene presentata da Rino Caputo, presidente dell’Università di Roma “Tor Vergata” (dove la professoressa insegna Psicologia della musica agli studenti del DAMS), nella prefazione. E dunque un’interlocutrice competente, mirata, affabile e soprattutto entusiasta, innamorata dei suoni del Maestro. Ma è il binomio neurologia/musica a indirizzare il dialogo e a differenziare questi «colloqui» dagli altri supra ricordati, nei cui confronti si pongono come necessario complemento. Le «conversazioni» non mirano a un’aneddotica più o meno minuziosa come in Lontano dai sogni e (solo in parte per la verità) nel successivo Inseguendo quel suono. Anche qui Morricone si racconta, tuttavia il taglio è teoretico e quasi filosofico, in tale direzione orientato dalla controparte, che punta a risposte a quesiti del tipo “[la musica] da dove viene e come si compone? Perché più di ogni altra arte o forma d’arte ci ispira e ci commuove? E che differenza c’è tra ascoltarla, amarla, suonarla, cantarla o comporla?” (p. 10). Insomma, l’oltre enunciato nel sottotitolo, tentativo di riflessione metamusicale ovvero la musica che parla di se stessa, si interroga: sui suoi meccanismi, i suoi effetti; e si indaga “come fulcro metodologico per studiare i correlati neuronali delle emozioni e delle funzioni cognitive” (Ibidem). Donatella Caramia approfitta dell’amichevole frequentazione con il Maestro (dottore honoris causa della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “Tor Vergata”) per sondarlo sull’oggetto dei propri studi; convinta che “la scienza non può rispondere pienamente a quesiti sulla musica e il suo processo creativo senza l’apporto di chi personalmente la crea […] chi meglio del Compositore può aiutare il ricercatore a far luce sul rebus della musica?” (p. 11). E chi meglio di Ennio Morricone, aggiungiamo, poteva illuminare sulla complessità di quel rebus, alla luce di un’esperienza compositiva pluridecennale e plurima e di un’attitudine speculativa che, pur rifuggendo in egual misura i facili schematismi e le elucubrazioni intellettualistiche, ha da sempre accompagnato il suo «fare» con i suoni?
I colloqui sono sei, ciascuno polarizzato su di un nucleo tematico: Homo musicus, Il mistero della composizione, “Minimalismo” e immobilità dinamica, Il suono e le immagini, Neuroscienze & Music for Peace, La musica come arte sublime e trascendente, Sul potere della musica. Molteplici i temi correlati: musica e DNA, musica e matematica, musica e inconscio, il potere percettivo del suono, musica e cervello, musicoterapia, meloscetticismo… Le risposte del Maestro aprono orizzonti di fascinazione non meno delle sue note e rivelano un affabulatore di prim’ordine. Possono essere agili compendi come quando delinea una breve storia della melodia o il passaggio nel Novecento dalla musica melodica a quella colta. O rivendicazioni di una libertà compositiva criptica e insospettata: “Ho applicato la teoria dodecafonica alla musica tonale creando cose completamente diverse: la non ripetizione degli accordi così come la libertà di tanti altri suoni. In certe mie musiche tonali, ad esempio in “Se telefonando”, si perde il senso metrico della verticalità accordale, poiché i tre suoni sono sovrapposti a una metrica di quattro, senza quell’accento tonico, armonico che in genere ha la musica. […]. I tre suoni non erano mai sullo stesso accento forte della battuta. Si tratta di una melodia fantasma che acquisisce quella caratteristica proprio per la mancanza dell’accento tonico che invece i quattro suoni collocano in tempo pari. Quindi gli accenti sono sfalsati” (pp. 95, 102) (Sergio Miceli ha evidenziato la persistenza di tali principi fino a Mission, dove addirittura il tema delle cascate recupera quei tre suoni lontani sottoponendoli ad aumentazione) (3): ecco un modo per “fuggire dai vizi melodici storici” (pp. 139-140). Il compositore anche sottolinea il carattere “privato” delle sue sperimentazioni, paragonandosi a un monaco del Medioevo che lavora in segreto su più livelli, cercando di soddisfare la committenza e insieme portando avanti i procedimenti della musica assoluta (p. 129). Egli, ricordiamolo, è sempre stato geloso di questo lavoro tra le righe - del quale i registi e chi ascolta nulla devono sapere -, come di qualche cosa di intimo, da non mettere in piazza: un pudore estremo oggi tanto raro. Impressionano poi talune dichiarazioni apodittiche, aspiranti alla concisione acuta e pregnante dell’aforisma. “La musica non appartiene a questo mondo” (p. 163). “La musica è un miracolo che avviene” (p. 165). “La musica non dovrebbe comunicare niente” (p. 131), ovvero “oggi si cerca di fare una musica che vale per se stessa […] una scultura di suoni” (p. 37). “La musica è la pausa del silenzio” (p. 107: da incorniciare). “Il compositore non è mai uguale, è uguale a se stesso” (p. 73). Et alia. E ci delizia quando «spiega» alcuni suoi lavori come “Gestazione”, “Totem terzo”, i “Tre pezzi brevi” del 1957-58, “Voci dal silenzio”, “Abolisson”, Malena. E discorre di minimalismo, di John Cage, della scuola di Darmstadt, della funzione “catartica” e compensativa della sua musica per lo schermo. Alla domanda “Che cosa significa scrivere musica per il cinema oggi?”, la risposta è univoca: “Per me significa essere interpreti del nostro tempo, sintetizzando concezioni diverse e lavorando su commistioni fra generi e forme, fra Oriente e Occidente, fra colto e popolare, nel tentativo di coniugare l’armonia tradizionale con la ricerca e la sperimentazione” (pp. 132-133). Una summa della sua opera e dei principi che la ispirano. Qui ci arrestiamo, saranno i lettori a scoprire le molte sorprese che la narrazione del Maestro riserva, e a udire quella voce sapienziale, enunciatrice di limpide verità, dispensatrice di saggezza: una prudentia esposta con semplicità competente, messa a disposizione di quanti vogliano ascoltare la musica - non solo la sua - non in maniera passiva, emotiva, o peggio per «passatempo» (le categorie adorniane funzionano sempre) ma con cognizione di causa ed ansia di scoperta. Solo ancora ci preme sottolinearne l’understatement riguardo all’essere artista: “Non mi sono mai chiesto se sarei stato un artista. Forse non lo sono nemmeno adesso…” (p. 78). Una signorile modestia d’altri tempi.
La diffusa attenzione agli enunciati morriconiani non deve far dimenticare che La musica e oltre è un libro doppio, scritto dal Maestro romano e dalla professoressa Caramia. Le sue introduzioni ai «colloqui» aprono al lettore l’universo avvincente e complesso delle neuroscienze applicate alla musica. La difficoltà della disciplina è attutita da una didassi (“l’arte di fare scuola” secondo Giovanni Gentile) piana e cordiale che accattiva senza scivolare nel semplicismo. L’uomo come specie musicale, i meccanismi uditivi, la musica come archetipo materno, gli effetti della medesima sulle cellule cerebrali: ci si appassiona, si comprende o almeno si intuisce, qualcuno sarà stimolato ad approfondire. La nutrita bibliografia italiana e straniera offre poi un ventaglio assai ampio di proposte di lettura sulla materia.
Colpiscono le pagine dedicate al «meloscetticismo»: un atteggiamento negativo verso la musica, accusata di manipolare i cervelli e le coscienze grazie al fortissimo potere di suggestione (musica instrumentum diaboli?), originatosi in Francia qualche decennio fa in seguito al saggio di Pascal Quignard Haine de la musique, “odio della musica” (1996), e che associa la musica ai totalitarismi novecenteschi, nazismo in primis. Morricone confida al contrario nel bene della musica, “penetrazione positiva nell’animo umano, moto creativo e rinnovatore strettamente legato all’universo che ci circonda, quindi anche alla natura” (p. 178). E parla (per la prima volta crediamo; l’argomento verrà ripreso in Inseguendo quel suono) di un suo progetto del 1970, un film sulla morte e resurrezione della musica, sottoposto a Pasolini e a Fellini. Non se ne fece nulla: il primo non si riteneva all’altezza, il secondo, pur entusiasta, si lasciò assorbire da altri impegni e la cosa rimase nel limbo delle intenzioni e delle opere da immaginare.
Con le parole di Donatella Caramia, coautrice e maieuta, vogliamo siglare la nostra breve rassegna: “Perfetto emblema del grande secolo delle rivoluzioni, Morricone riassume il Novecento in tutte le sue sfumature, spaziando dalla ricchezza espressiva al minimalismo, fino alle molteplici espressioni e sperimentazioni della musica elettronica e di quella orientale, per poi tornare a dialogare con l’essenza del suono e sorprenderci nuovamente” (pp. 92-93). Non si sarebbe potuto dire meglio.
Gli amanti dell’opera di Ennio Morricone e tutti i cultori della Musica sono i destinatari di elezione di questo livre de chevet che ci stimola a meditare sulla più esoterica delle arti.

(1)    ITALO CALVINO, Italiani, vi esorto ai classici, “L’Espresso”, 28 giugno 1981.
(2)    Riportato poi in ID., Musica e cinema nella cultura del Novecento, Roma, Bulzoni, 2010, e ancora nella nuova edizione di Morricone, la musica, il cinema, Lucca, Ricordi-LIM, 2022; Musica e cinema nella cultura del Novecento propone altri due «colloqui» con Nino Rota e Franco Piersanti.
(3)    SERGIO MICELI, Parola di musicologo, in Inseguendo quel suono, Milano, Mondadori, 2016, p. 402.

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