Nine

Cover NineMaury Yeston
Nine (id. – 2009)
Geffen Records  602527275017
16 brani  – Durata: 57'34"

All'inizio degli anni '80 lo scheletro drammaturgico di 8 e ½ di Federico Fellini viene preso in prestito da Arthur Kopit e Maury Yeston che ne faranno un musical di grosso successo. Questo l'antefatto.
Un regista in crisi creativa, dunque, al centro di una girandola di donne, più fantasticate che realmente vissute e conosciute. Un ego infantile e capriccioso, imbevuto di narcisismo, impegnato a mettere ordine nella propria identità d'uomo e d'artista. Questo il plot.
A completare il quadro, ora Rob Marshall, regista della versione cinematografica, forma un cast di straripante fascino e comprovato talento. Tanta, troppa carne al fuoco, e il rischio di bruciarsi è forte. Malgrado la campagna pubblicitaria rumorosa e l'atmosfera scintillante da celebrazione fuori tempo massimo della “Hollywood sul Tevere”, Nine non è un musical forzatamente accattivante ansioso di solleticare tutti i palati. È triste, anzi, freddo, rigido.
Si apre con un’Overture di quattro minuti priva di azioni e dialoghi cantati, e tanto basterebbe per inimicarsi tutti gli spettatori insofferenti verso gli intermezzi musicali poco dinamici; in Nine tutte le canzoni sono cantate “in solitaria”, non ci sono duetti o parti corali trascinanti. Ogni personaggio è chiamato ad intonare il proprio monologo, quasi sempre incastrato in uno spazio scenografico astratto, che si colloca in un luogo della mente fatto di pensieri, sogni e ricordi.
Pensa Guido (Daniel Day-Lewis), pensa in segreto nell'introduttiva “Guido's Song”, rimugina sulla propria confusione che nessuno deve conoscere, pena il discredito e la derisione che un regista come lui non può permettersi; dà voce alla sua megalomania d'artista (“I would like to be Christ, Mohammed, Buddha, but not have to believe in God”) e si crogiola in quella venerazione femminile che è per lui nutrimento e stimolo.
Primeggia, nel folto gruppo delle signore, Marion Cotillard, per importanza drammaturgica (la sua Luisa è il personaggio più consistente, l'unico a poter legittimamente rivendicare posizione di co-protagonista di fianco a Guido), per numero di canzoni (due, di cui una - “Take it All” - scritta appositamente per la versione cinematografica del musical), oltre al magnetico fascino di donna e d'attrice: la sua interpretazione di “My Husbad Makes Movies” è struggente, delicata, bella. Non meno adorabile è Penélope Cruz, penalizzata forse da una canzone, “A Call from the Vatican”, divertente ma vacua, e tuttavia in grado di illuminare le parti recitate di quel suo personalissimo e  smagliante talento per la commedia. Tra una Sofia Loren sprecata in un ruolo troppo simbolico ed evanescente, e una Judi Dench sempre ottima ma tenuta ai margini del cuore del racconto, gli occhi e le orecchie sono tutti per il numero musicale di Fergie, quel “Be Italian” martellante e vorticoso che è probabilmente l'unica parentesi spensierata e trascinante dell'intero musical, nel guardare all'infanzia di Guido, piccolo apprendista seduttore: “Be a singer”, così lo esorta la Saraghina, “be a lover, pick the flower now before the chance is past”.
Lode, infine, ad Andrea Guerra, autore dello score (non presente nel CD): brevi brani strumentali che accompagnano le parti non cantate con grazia, eleganza e ottima adesione alle atmosfere.

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