Lost in an Orchestral Mood

cover_lost_in_an_orchestral_mood.jpgFabrizio Campanelli
Lost in an Orchestral Mood (2015)
Candle Studio
24 brani – Durata: 42’10”



Di rado provo un’emozione fortissima e indescrivibile ascoltando per la prima volta una nuova colonna sonora (di solito ciò avviene sempre quando mi trovo dinnanzi ad una nuova score del mio mito assoluto, John Williams, ma in quel caso sono di parte!), perché oggi è difficile sentire musiche originali, temi che colpiscono subito le orecchie e la mente fin dalle prime note, carpire uno stile che abbia una sua impronta autentica e particolare.
Musicalmente, i tempi che stiamo vivendo sono altresì un rimpasto di ciò che è stato scritto ed eseguito magistralmente già nel passato da nomi che hanno fatto grande la Storia della Musica, un passato nemmeno così lontano in verità; e questo specialmente nella musica applicata è facilmente riscontrabile, dato che oggigiorno la maggior parte delle soundtracks originali sono puri tappeti sonori, sound design senza alcuna forma armonica o tematica, leitmotiv intercambiali a seconda il bisogno (buoni per tutti i generi cinematografici e televisivi), composizioni atmosferiche o minimali che forse non nascono per mancanze di idee, bensì a causa di una totale assenza di spunti o storie che veramente valgano la pena di essere musicate come è giusto che sia; in poche parole il Cinema odierno e anche la TV non richiedono grandi colonne sonore con grandi temi e grandi orchestre ad eseguirle (certo non si deve fare di tutta l’erba un fascio!), quindi quando ci si trova ad ascoltare, con nessun pregiudizio e con la mente ben aperta (doveroso precisarlo!), un tale lavoro, come questo che vado a recensire, che abbina eccelsa qualità compositiva a straordinaria qualità esecutiva, allora scatta subito l’applauso con tanto di standing ovation. “Lost in an Orchestral Mood” è una raccolta di musiche scritte da uno dei maggiori giovani talenti compositivi del nostro Paese, Fabrizio Campanelli (ha composto musiche per film tra cui Solo un padre, per il quale riceve la nomination al David di Donatello 2009 e al Nastro d’Argento 2009 come migliore canzone originale), il quale ha desiderato riunire in un solo album le sue composizioni nate per l’immagine, che essa sia uno spot, un’istallazione multimediale, un cortometraggio, un documentario o uno spettacolo teatrale. Ma in realtà questo prezioso scrigno di geniali e poeticamente sbalorditive idee tematiche e cellule armoniche è prima di tutto un viaggio sonoro stupefacente che apre diversi mondi musicali che prescindono dalla committenza per cui sono nati, difatti il quarantunenne Campanelli intende questa raccolta compositiva come uno sguardo (il Suo che diviene il Nostro) avvinto, unico e raro di note tra le immagini fisse (istallazioni/evento) o in movimento (spot/corti).  
Questa sensazione di movimento, di spostamento, di viaggio senza fine e senza meta, se non una meta dell’anima, cerebrale e spaziale, la si percepisce fin dal primo brano “Progresso”: un canto lirico per soprani, tenori e piano ondivago che presenta un tema sinuoso e seducente, supportati da archi in controcanto, un crescendo imperioso e delicato nel medesimo tempo. Subito dopo la candida voce avvolgente di Dorotea Mele canta in inglese, su liriche dello stesso compositore, “Lovely on my Hand”, una canzone, oramai stracelebre, dalle morbide note orchestrali in levare, epiche ed eteree al contempo, della Czech National Symphony Orchestra e Coro diretti da Enrico Goldoni (il quale cura magnificamente le orchestrazioni, insieme a Campanelli, di tutte le musiche): colonna sonora pubblicità Calzedonia, con speciale edizione Life is a Journey con protagonista Julia Roberts. La Budapest Symphony Orchestra e Coro, sempre diretti da Goldoni, eseguono un altro tema tratto da uno spot Intimissimi, “La rosa nel vento”, un leitmotiv di grande respiro sinfonico, epico e guerresco, adatto per un’avventura nel deserto vecchio stile hollywoodiana. Tiziano Poli al piano accompagna l’afflizione elegiaca per soprano, contralti e tenori di “In Perpetuum”: un brano che strazia il cuore per quanto idilliaco e struggente. I sei movimenti, per l’appunto, di “Sei epigrammi (su natura nascente)”, nati per il raffinato spot cortometraggio di Cantine Ferrari, sono un effluvio di sonorità incalzanti, avvincenti, delicate e ariose, aperte a mille interpretazioni emotive, con un dolcissimo tema portante per piano solo: l’esecuzione della Budapest Symphony Orchestra e Coro, diretta egregiamente da Enrico Goldoni, con la soprano Paola Matarrese, il piano di Tiziano Poli,  Campanelli e Goldoni, chitarra di Antonio Neglia e batteria di Cristiano Micalizzi sono la summa di queste bellissime pagine dal lirismo soffuso ed esteso con reminiscenze di Michael Kamen e Alexandre Desplat. “Blu moderato”, per assolo di piano di Campanelli, è una pagina intensa ed emozionale che racchiude in sé la pura essenza del viaggio personale di un autore colto ed elegante nel tocco e dalla fragilità sonora disarmante. “Tiffany” per violino (Francesca Crotti) e violoncello (Amerigo Daveri) è un brano puntillinistico di una grazia incredibile, profuma di prati in fiore, di ruralità ancestrale. “Tra le nuvole” è un valzer fanciullesco elegante (una grande Budapest Symphony Orchestra) che ad un tratto si trasforma in scherzo birichino e sgraziato, per ritramutarsi in valzer gentile dalle sonorità rotiane per il Maestro Fellini. “Il grande disegno” tratteggia una Budapest Symphony Orchestra borbottante e giocherellona, quasi una personificazione di Lucignolo di collodiana memoria, irriverente, furbo e maldestro: un divertissement orchestrale piacevolissimo! I sette movimenti sinfonici di “Glass Suite” sono una magmatica ostinata emanazione musicale classicheggiante tra Vivaldi, Mozart e Rossini con spruzzate williamsiane che le danno quel tocco di modernità: sempre superba la Budapest Symphony Orchestra diretta da Goldoni, il quale compone una delle pagine, “Two Lights” dalle coloriture barryane-williamsiane, di una bellezza ardente. “Concrete Walls” per archi e piano è avanguardia pura e dura, di quelle scritture atonali tanto care a Bartok e Cage, con un ostinato compulsivo. “Il mondo dall’alto” sembra uscire dalle viscere di un’entità in cui nasce il Suono e si fa Poesia: la Budapest Symphony Orchestra soffia nell’anima di chi ascolta rasserenandolo. Il conclusivo “Metropolis”, per piano solo di Campanelli, suggella con le sue note reiterate e minimali, dai colori dark e malinconici, un album da possedere ad ogni costo, ascoltare e riascoltare di continuo; un concept album che fa capire quanta speranza c’è ancora nella musica applicata, grazie all’enorme talento di giovani leve come questo compositore, il quale ha dimostrato una volta di più di possedere una vena creativa fenomenale ed unica.           
Non ho voluto specificare la provenienza di alcune tracce per lasciare spazio alle parole di Fabrizio Campanelli stesso che abbiamo interpellato in occasione dell’uscita di questo album, così da spiegare egli stesso il suo percorso sonoro tra le immagini:
1. Progresso - 4. In Perpetuum - 22. Concrete Walls - 11. Blu Moderato in Where Architects Live, 2014, Installazione/evento ufficiale di apertura dell’ultimo Salone del Mobile, curata da Francesca Molteni e Davide Pizzigoni: “esplorazione nei luoghi privati di 8 protagonisti dell’architettura mondiale: Shigeru Ban, Mario Bellini, David Chipperfield, Massimiliano e Doriana Fuksas, Zaha Hadid, Marcio Kogan, Daniel Libeskind e Bijoy Jain/Studio Mumbai. Sullo sfondo, 8 metropoli internazionali al centro di una profonda metamorfosi: Tokyo, Berlino, Mumbai, San Paolo, Milano, Londra, Parigi e New York. Un’occasione per avvicinarsi alle molteplici forme dell’abitare, a latitudini diverse, attraverso la costruzione di racconti personali, storie di spazi e oggetti, immagini inedite e indizi nascosti

14. Il Grande Disegno - 13. Tra le Nuvole in Design Dance, spettacolo teatrale in scena al Teatro dell’Arte in Triennale a Milano, evento ufficiale di apertura del Salone del Mobile 2012, di Michela Marelli e Francesca Molteni (http://www.designdance.it): “i protagonisti sono 456 oggetti che hanno fatto la storia del design italiano che recitano e attorno a cui si recita, acquistando grandezza proprio nel rapporto con il corpo umano. Con le coreografie di Francesco Sgrò con il Collettivo 320 Chili, compagnia di circo contemporaneo già vincitore del Premio Equilibrio Roma 2010 per la danza, si fondono con la scena e dodici tra attori, danzatori e acrobati la utilizzano, dando vita a un’originale e ambiziosa opera teatrale che fa parlare proprio gli oggetti, illuminandone l’anima, rinchiusa nel corpo di legno, alluminio, plastica o acciaio. Una storia raccontata non solo con figure affascinanti che interpretarono con genialità il cambiamento, uomini come Gio Ponti, Achille Castiglioni, Vico Magistretti, Ettore Sottsass o donne come Anna Castelli, Maddalena De Padova, Antonia Astori - ma anche e soprattutto attraverso i tantissimi oggetti che hanno creato, oggetti che raccontano la storia italiana, ormai icone della nostra contemporaneità.

23. Il Mondo dall’Alto - 12. Tiffany in Il Posto delle Fragole, gli Artisti e le Città, SKY Arte HD. Direzione creativa di Luca Lucini e Mauro Belloni: “da un’idea di Riccardo Crespi che si concretizza nel progetto ideato dalle case di produzione Mare Mosso e Puntodoc in collaborazione con Illycaffè. L’esperienza professionale delle studio visit, comunemente praticata da curatori e galleristi, viene qui trasferita al pubblico televisivo, tramite l’incontro con l’artista e il suo lavoro nello spazio privato dello studio, ma anche nei luoghi del suo quotidiano che hanno ispirato o influenzato la sua opera. Il lavoro di Jannis Kounellis e Cesare Pietroiusti, Maria Morganti e Serse Roma, Letizia Cariello e Adrian Paci, Michelangelo Pistoletto e Marzia Migliora, visto attraverso il rapporto con la realtà che li circonda, secondo un punto di vista, interno e appassionato e senza mediazioni

24. Metropolis in Milano Mai Vista, mostra/cortometraggio attualmente in Triennale, Milano, a cura di Fulvio Irace e Gabriele Neri, regia di Francesca Molteni (http://www.triennale.org/it/mostre/future/3842-milano-mai-vista-la-citta-e-il-suo-inconscio-architettonico#.VRax5Wb1F0U): “La mostra Milano Mai Vista, a cura di Fulvio Irace e Gabriele Neri, nasce proprio dall’intenzione di rendere visibile la parte nascosta dell’iceberg urbano. Alla Triennale viene raccontato, attraverso una vasta selezione di progetti irrealizzati per Milano, ciò che la città sarebbe potuta essere se le porte della storia si fossero aperte e chiuse con tempi diversi, durante le tre grandi fasi storiche della sua trasformazione: l’ottocentesco Piano Beruto con l’asse di Via Dante, la piazza del Castello e i nuovi quartieri; il Piano regolatore di Cesare Albertini negli anni Trenta con i primi grattacieli di piazza San Babila, l’asse della Stazione, piazza Diaz e la prima Fiera, la Milano verde dei razionalisti; la grande ricostruzione negli anni del miracolo economico con la visione della città aperta, il centro direzionale e la conquista della periferia, sino ai grandi cantieri di questi ultimi venti anni. Il racconto è presentato in maniera dinamica e immersiva, grazie a un cortometraggio realizzato da Francesca Molteni, MUSE, che mette a confronto la città reale e quella rimasta sulla carta.”

15. Glass Suite - I - A Large Point of View
16. Glass Suite - II - Stable Canon
17. Glass Suite - III - Two Lights
18. Glass Suite - IV - Masquerade
19. Glass Suite - V - Invisible to the Eye
20. Glass Suite - VI - Central View
21. Glass Suite - VII - Behind the Door
colonna sonora di How You Make It in un’installazione multimediale curata da Ron Gilad e Francesca Molteni presso il padiglione espositivo di Molteni&C: “Gilad reinterpreta i temi distintivi dell’identità aziendale: i materiali - il legno prima di tutto - la qualità, l’esperienza, la tecnologia, l’industria e l’artigianalità, i prodotti e le collezioni. Sperimenta nuove possibilità e osserva allo stesso tempo come un artista e come un entomologo: decostruisce, al microscopio, per mettere a fuoco i dettagli. Gioca con le proporzioni ed espone dettagli tecnici e campioni di pelle come un pattern artistico. Cuore del progetto, una Wunderkammer, curata da Francesca Molteni, dove realtà (i prodotti monocromi) e fantasia (le proiezioni della realtà virtuale) giocano a inseguirsi e a mescolarsi, attraverso la tecnologia multimediale del 3D mapping, ricostruendo e rimodellando ambienti e oggetti in un ambiente visivo e sonoro site-specific.”

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