Il sistema

cover il sistemaPino Donaggio
Il sistema (2016)
Rai Com
15 brani - Durata: 44'38''

Carismatico epigono del filone noir-detection all'italiana, Il sistema è una miniserie lunga realizzata da Fulvio e Paola Lucisano in coproduzione Rai Fiction e Italian International Film. Pur non basandosi su una struttura narrativa particolarmente innovativa (quale il tema dell'”infiltrato”), la fiction gode di una intelligenza registica (Carmine Elia) e di un andamento accattivante, a cominciare dagli esordi della premessa drammatica (il presunto suicidio di Raoul Luce) e il tirante intorno al quale viene costruito l'intreccio.

Numerosi i turning point e i guai da cui viene tormentato il protagonista Alessandro Luce (Maggiore della Guardia di Finanza, interpretato da Claudio Gioè), sempre all'altezza di ogni ostacolo ed elegante e composto uomo d'azione (anche la sofferenza fisica del death moment non gli impedisce di affrontare con astuzia il day off, il cui momento culminante sta nel mexican standoff con Nicola Nardelli). Non mancano i cattivi tagliati con l'accetta (il Rosso, criminale che parla in romanesco e nostalgico del regime e Rodrigo Ortega, narcotrafficante sudamericano) e l'ambigua figura di Daria Fabbri (interpretata da Gabriella Pession), una sorta di seducente Milady dall'insondabile interiorità, la cui linea due con il Maggiore Luce finisce con l'intersecare la parte narrativa della linea verticale e a sconvolgerne il finale di serie (o meglio di stagione). Il ritorno allo status quo dopo la battaglia finale non è come il protagonista avrebbe voluto si risolvesse, deludendo con un fulmine a ciel sereno l'affezione dello spettatore, benché le risonanze disseminate e la rimonta del Rosso facciano da collante per un'attesa di risposta ancora calda, evidentemente traducibile, in termini strettamente produttivi, nella presunta e auspicata apertura verso una seconda stagione della miniserie.
Oltre alle penne degli sceneggiatori, la caratura autoriale tocca anche la parte musicale, affidata a Pino Donaggio, affezionato “commentatore” del genere noir, sperimentato in epoche e stili differenti, sia nel cinema che in televisione. Questa fiction certamente mostra un'identità moderna e tecnologica, a cominciare dalla linea grafica e dalla miscela tra elementi tipici del detection peninsulare (come la presenza di caratteristi e di temi personali e familiari, integrati in maniera determinante con la parte narrativa) con uno sguardo verso la serialità d'azione-poliziesca d'oltreoceano, fatta di cervelli elettronici e di squadre speciali che combattono il crimine. Il sound della serie dunque rispetta questa scelta editoriale della produzione e, con la consueta discrezione e aderenza con le quali le musiche di Donaggio si presentano alle immagini che le ispirano, fonde elementi differenti, motivati non solo dai contenuti filmici ma anche dalle scelte compilative del compositore stesso. Sempre ben riconoscibile la base colto-classica, che indirizza l'architettura dei pezzi di commento portanti, alla quale si accosta l'ispirazione melodica (sempre necessaria), mai smargiassa ma quasi contenuta e sospesa, come pronta all'aggiunta di materiale e realizzata in maniera più passionale attraverso una serie di canzoni che assumono funzione leitmotivica e diventano voce privilegiata della linea orizzontale. La stessa scelta strumentale asseconda la costruzione di una colonna sonora perfettamente in sintonia con l'umore del prodotto televisivo; si alterna una parte acustica con l'uso di strumenti orchestrali a una parte di programmazione elettronica, con effetti e suoni artificiali (incentrati principalmente sui ritmi percussivi) che traducono da una parte l'elemento detection (la grammatica degli archi che gira intorno a una serie in modo minore per gradi congiunti) e dall'altra l'elemento action, da fondale per le sequenze cinetiche (e qui prevalgono i colpi e i patterns elettronici abbinati a un andamento più serrato e tagliente degli archi, comunque sempre minimali nel materiale e strutturati su atteggiamenti di imitazione e sviluppo modulare-livellare, anche con avvicendamenti timbrici).
Già la prima traccia che si ascolta nella fiction (“Interrogatorio”) svela un atteggiamento di enigmatica attesa (il palleggio di terza minore su cui si stagliano fasce elettroniche ma anche passaggi di archi veri), una rarefazione destata dalle dinamiche modulari degli archi e degli ottoni di “Action”, inframmezzate da spruzzate di archi veri in delay e infastidite da minacce semitonali della chitarra (forse elettrica o forse elettronica). Oltre alla scena iniziale dell'addestramento (primo bluff per lo spettatore che pensa trattasi di azione autentica), “Action” la ritroviamo in generale nelle scene più adrenaliniche; si pensi alla fuga dalla villa di Ucan, all'arresto del clan dei Palumbo, quando il Maggiore Luce entra nel labirinto di Ortega, al blitz dei finanzieri per liberare Alessandro ingabbiato fisicamente dal Rosso o nella scena conclusiva della grande retata presso l'agriturismo che conduce all'arresto dei Talarico e del Sistemista. Anche in “Agguato al sistema” ci troviamo di fronte a una costruzione per sovrapposizione di cellule musicali di produzione acustica ed elettronica che si incastrano anche con le immagini che supportano, lasciando spazio a loro e a una melodicità non realizzabile ma inibita dalla priorità causata dai tiranti: perché Raoul si è suicidato? Con chi era colluso? L'imprenditore Setola è entrato nel giro? Di che cosa si occupa Daria Fabbri? Sono tutti quesiti che lo spettatore, attraverso la mente dei personaggi che vede (il Maggiore Luce o gli altri finanzieri del GICO) si pone nell'inconscio “desiderio di sapere”, attraverso suspense ed empatia e fino alla risoluzione finale, quasi sempre inattesa o sospesa. La traccia simbolo della miniserie è “Dentro il sistema”, una sorta di passacaglia poliziesca, con una linea di ostinato pianistico e urgenze elettroniche su cui si adagia lo scuro tema degli archi, di derivazione anni Settanta (rievoca vagamente Corruzione al Palazzo di giustizia nella successione della cellula seriale), con un progressivo articolare di stretti ritmi di corde e innesti di trombe che tracciano il gioco di imitazione e spostamento progressivo in un'aumentazione data dal naturale sviluppo dell'accentuazione intensiva, cui si aggiungono tutti i moduli (ce n'è anche uno fatto di voci sintetiche). È il brano usato per il trailer e poi in alcune sequenze all'interno della fiction, naturalmente legate a momenti critici, in genere piccoli climax (il mexican standoff tra il Maggiore Luce e Manomozza o quando quest'ultimo organizza l'assalto alla scorta che sta traducendo il Rosso, suo fratello, dall'ospedale al carcere di Rebibbia, turning point che consente la rimonta del cattivo - oppure nel confronto finale tra il Maggiore e il Rosso nel duello presso l'appartamento di Daria). Sempre in un'ottica di misterica rarefazione, votata verso una dolcezza melanconica ma tormentata da un soffuso ignoto, è l'intento di “Fine settembre”, ove il tema è rigirato in variante e gli intervalli pianistici scrutano l'interiorità del personaggio muto e in compimento drammaturgico. “Sistema nascosto” ripropone il tema portante in maniera aperta e viene usato per i titoli di coda delle singole puntate ma funge anche sporadicamente da traccia interna, per esempio quando il Maggiore torna al GICO di Roma per indagare sulla morte del fratello Raoul e sceglie di infiltrarsi per guadagnare la fiducia del Rosso. “Sistema politico” ripropone il tema del Sistema ma quasi in chiave di ouverture, ovvero si espone in maniera diretta ma con la contaminazione di altri momenti di natura ritmico-modulare e descrittiva, funzionale anche in collage per alcune chiusure di sequenza (si pensi al rallenty sul Maggiore che, durante un allenamento podistico, rievoca mentalmente la morte del fratello e gli avvenimenti successivi, quasi sorta di narrazione sostitutiva). Ancora il tema, ma con condimento di ritmi elettronici e polifonie di archi e ottoni, in “Sistema”, il cui uso è abbinato di norma ai cliff, ai colpi a sorpresa: l'osservazione del braccialetto che Raoul ha regalato a Daria (cliff della prima puntata), quando il Maggiore e il Rosso vengono aggrediti e pestati dai Palumbo (cliff seconda puntata), quando Grandi scopre che il Maggiore è stato smascherato e portato via dal Rosso (cliff quarta puntata) o quando il Maggiore rivela al Rosso di essere un finanziere; quando l'avvocato Alcamo passa il check-in di Fiumicino e poi, sequestrati il figlio e la cognata del Maggiore, si dirigono con lui verso la frontiera e sostano a far benzina; e poi nel finalissimo di sesta puntata con la ripresa aerea del Maggiore che, sconvolto dalla latitanza imprevedibile di Daria e dal suo sms, rimane solo e confuso, mentre gli archi di questa traccia si ergono in un pedale acuto che incornicia il cliff-hanging di stagione. Come si accennava, una certa rilevanza, specie per la linea orizzontale, assumono le canzoni. Oltre a quella che si ascolta nei titoli di testa delle puntate (che dà voce al tema ma che non è presente nell'album Rai Com), la più importante e usata è sicuramente “Live On”, interpretata da Marco Schwaiger. Essa ha una funzione decisamente leitmotivica perché strettamente associata alla linea due tra il Maggiore Luce e Daria Fabbri, poi determinante anche nella linea verticale, tanto da sconvolgere la narrazione stessa, disorientando lo spettatore. Il primo uso è in corrispondenza dell'annuncio del “suicidio” di Raoul e poi sempre presente nelle scene di effusione e copulazione tra Alessandro e Daria (finale di terza puntata e inizio di quarta o nella sesta quando il Maggiore abbandona la copertura della donna). “Did I Ever”, interpretata da Paolo Steffan, segue invece la linea tre tra Daria e il padre malato, ma anche dopo alcuni incontri non intimi tra Daria e Alessandro. Si tratta anche del brano che evidenzia l'interiorità tormentata di Daria, che cammina tra la luce e il buio, tra la volontà di redenzione, ormai consapevole del sistema di cui fa parte e dell'impossibilità di uscirne da sola, ma nel contempo la volontà di rimanere legata a questa vita e agli agi che procura, nonostante il presunto amore per Alessandro e la morte del padre che scopre che la figlia è collusa con la malavita. A far da fondale alla delusione di Alessandro (e di tutta la squadra del GICO), quando Daria fugge dalla cappella e si dà alla latitanza dopo aver sottratto tutti i soldi sporchi, c'è la canzone “For Me” interpretata da Marco Schwaiger. In definitiva un lavoro che racconta anche un percorso artistico, con gli echi di passate esperienze del nostro, a cominciare dagli anni Settanta e poi attraverso celebri lavori degli Ottanta (Il caso Moro), fino al noir televisivo dei Novanta nel quale viene sperimentato il linguaggio della programmazione elettronica accostata agli strumenti orchestrali (si pensi a Scoop del 1992 o a Racket del 1997) poi divenuto logo anche negli action di Claudio Fragasso (in particolare il sound de Le ultime 56 ore si abbina a questa linea produttiva). Su tutto vige sempre una indiscutibile indagine sperimentale e una progressiva evoluzione che, pur partendo da una tecnica consolidata e da un marchio sempre ben riconoscibili, si apre verso soluzioni innovative e al passo con gli umori produttivi dell'epoca di attuazione, con un uso aggiornato e moderno delle tecnologie e dei suoni più in sintonia con la produzione televisiva e con le sue ferree esigenze stilistico-narrative che, come allineano la parte drammaturgica e il focus visivo, così condizionano anche il sound generale che non può essere concepito come elemento a sé stante ma che deve conformarsi e dialogare perfettamente con gli attori e le scene, rendendosi in grado di scoprire ciò che appartiene alla loro sfera non verbale e non estetica, riposta nella parte insondabile e necessariamente stanabile attraverso il potenziamento dell'ottava arte e di chi la pratica.
Colonna sonora incisa dalla Sud Ovest Records di Marco Streccioni a Sofia con la Bulgarian National Radio Symphony Orchestra diretta dal M° Gianluca Podio.

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