CHiPs – Season Two

Cover ChipsAlan Silvestri
CHiPs – Season Two (CHiPs, 1978-79)
FSM Vol.9 No.10
20 brani - durata: 79’16”

Fatale coincidenza di felici circostanze: la recente legittimazione di Alan Silvestri tra le etichette da collezione e l’interesse mirabile di Film Score Monthly per il tv-scoring americano d’antan. Così le musiche composte dal compositore zemeckisiano per l’indimenticata serie Chips hanno trovato degna pubblicazione in un album che battezza l’entrata di Silvestri nel prestigioso catalogo discografico del magazine di Lukas Kendall.

E la scelta dell’opera amplifica il senso inaugurale dell’evento: le prime note silvestriane a solcare un CD FSM appartengono proprio agli esordi nel commento musicale del musicista newyorkese. Correva il 1978 e Silvestri, indeciso sul continuare una carriera nella musica applicata ai tempi in fase di stallo dopo alcune occasioni di palestra in produzioni low-budget, veniva reclutato dal produttore Cy Chermak per aggiornare il sound della seconda stagione del telefilm incentrato sulla coppia di centauri californiani paladini della legge ai gusti dance della generazione seventy. L’album (a lungo vociferato) propone 17 suite dagli episodi trasmessi nel biennio 1978-79, naturalmente racchiusi tra l’arcinoto tune iniziale e la rispettiva contrazione per i titoli di coda, composti da John Parker ma qui riproposti nell’arrangiamento funky elargito dall’allora newcomer di Teaneck all’inizio del proprio mandato nel format.
In una resa sonora sorprendentemente pulita e soddisfacente, si espleta il duplice progetto artistico-formale impostato dall’allora ventottenne compositore che, ingaggiato molto più sulla scorta dei suoi primissimi risultati come arrangiatore e chitarrista r&b e bebop che per le acerbe partiture cinematografiche offerte al franchise de La gang dei dobermann, si adoperava nel non facile sfruttamento della piattaforma catodica come laboratorio di personale crescita narrativa ancorché rimanendo principalmente fedele agli stringenti diktat della Disco’70. Le ritmiche incalzanti della tempistica rigorosamente in 4/4, lo swing solare della sezione d’archi, l’innescante apporto batteristico devoto ai sedicesimi dell’hi-hat, l’effettistica fuzz e wah-wah di chitarra e moog, il trattamento lanciato dell’orchestra di 19 elementi: tutto il vocabolario tipicamente settantesco origina da quest’ultima, trainante, programmatica funzionalità “da balera”. Impossibilitato ad abbandonare il selciato modaiolo del pop d’epoca senza essere richiamato dalla produzione ai sacrosanti “colpi di grancassa” (come ricorda lo stesso musicista nell’intervista raccolta da Jeff Bond per le note informative del booklet) Silvestri, già direttore e orchestratore delle sue partiture, macina groove a menadito, preme sul pedale del riff e dell’orecchiabilità armonica, della schiettezza melodica (strutturalmente semplicistica e ancora imberbe rispetto alla vena esclusiva destinata a svilupparsi nelle esperienze cinematografiche del decennio successivo). Ad orecchi digiuni dell’apprendistato funk giovanile al fianco di Jimmy Smith, il registro cool di queste pagine potrebbe probabilmente stupire oltre ogni misura; ma paragonato alle strumentazioni della breve storia jazz del compositore il lavoro diventa il climax di un’anima urbana talmente definita da prestarsi facilmente alla disamina di topos di genere personalissimi. Come il fondante utilizzo slappato del basso elettrico, che così ammiccante nel timbro (“The Sheik”) si era già distinto nell’arrangiamento del cult soul di Smith “Give up the booty” (se non nell’intero LP del celebre organista, Sit On It!) e che avrebbe dominato anche nella futura esperienza filmica di The Mack. L’evidente interesse narrativo del compositore lo esorta però a non sedersi sulla facilità di scrittura garantitagli da una simile competenza. Agli esercizi virtuosistici dei prestanti turnisti nei primi episodi (il basso in “Family Crisis”, la chitarra elettrica in “High Flyer”) Silvestri affianca progressivamente costruzioni dall’orientamento maggiormente drammatizzante, ambiziosamente ricavate nell’inevitabile appeal disco. E non poche sono le soluzioni embrionali preconizzanti architetture classiche del futuro vocabolario ritmico (si veda il lungo pedal-point in “Return Of The Turks”, ante litteram dell’ostinato poi approntato in “The Gorge” per All’Inseguimento della Pietra Verde), intuizioni strumentali (il drum & bass marziale di “Mait Team” tornerà a scandire le gag militaresche in Sergente Bilko) e scaltre atmosfere metropolitane (lo spirito schifriniano del groove su rim-shot di rullante in “Down Time” echeggerà nell’apertura di Fermati o Mamma Spara!). Parallelamente guadagnano prominenza, su una tavolozza orchestrale prettamente incline al protagonismo di archi e ottoni, anche i legni, con i flauti impegnati negli intermezzi più raccolti; gli unici, per altro, dove Silvestri cita parcamente il tema parkeriano. Estratti di fattura tipicamente exploitation in netta adesione con poliziesche prove d’annata di Schifrin, Fielding e Grusin, che ai tempi avrebbero giustamente pronosticato simili coinvolgimenti di genere anche per il “disco guy” della M-G-M.
A corredo di una pubblicazione già così esaustiva, FSM inserisce le musiche dell’episodio “Trick Or Trick”, unica defezione silvestriana alla seconda stagione affidata alle cure di un altro talento nascente: Bruce Broughton. Anche se contattato per le sue doti drammatiche, Broughton non può evitare il costume battente del suond in voga: la sua gustosa comparsata nella serie è un’abile omaggio alla scuola fantasmatica di Vic Mizzy e Barry Gray.
Nonostante gli ottanta minuti di musica presentati, la militanza di Silvestri nel telefilm per le seguenti quattro stagioni e la grande longevità d’ascolto del disco non possono che far desiderare altro materiale, e la dicitura “Volume 1” del CD lascia ben sperare in questo senso.
Pur nell’eventualità di un’esaurirsi della collana a quest’unica uscita (limitata a 3000 copie), l’impegno di FSM resta comunque encomiabile nella sua compilazione ragionata di un frangente di tv-scoring americano davvero necessitante di maggior conoscenza e approfondimento. Sul fronte delle pubblicazioni silvestriane, poi, “CHiPs” guadagna immediatamente un posto rilevante, fondamentale, se non addirittura essenziale nello studio delle origini carrieristiche di un autore tra i più influenti nello scenario cine-musicale contemporaneo, qui alle prese con la genesi più pura del suo comporre per le immagini.

Stampa