L’incanto e la Passione di un compositore abruzzese: Carlo Crivelli

locandina_la_passione.jpgL’incanto e la Passione di un compositore abruzzese: intervista esclusiva a Carlo Crivelli

Carlo Crivelli non è nuovo ad incantare con le sonorità ricercate, l’ascolto, quello profondo e quello conscio. In lui la vena creativa va oltre la semplificazione di ridondanze melodiche e fonda proprio nell’uso attento, quasi analitico delle ragioni armoniche che creano accordi e accordi di tanti tipi.  Così è stato anche per La passione il nuovo film di Carlo Mazzacurati, pellicola che non parla all’incontrario ma va a fondo delle cose, scovandole nelle pieghe più remote dell’anima. Crivelli, con la sua musica è riuscito li dove pochi riescono a rievocare il mondo di un passato e di un presente, forse religioso, sicuramente spirituale, come è spirituale il pianoforte che recupera le trame della memoria. La sua bravura arriva li dove inizia il mondo delle comunanze d’atmosfere e la musica può molto. E il tempo non si ferma, non si blocca come a volte si bloccano le vite; in questa partitura c’è tutto quel senso di appartenenza di un iso che è proprio ed è anche collettivo, così come diventa un arcano, punto di riferimento d’un abbraccio della musica che si stringe solo quando c’è la voglia di lasciarsi incantare. Di seguito una lunga intervista traccia un percorso d’appartenenza, utile ad avvicinare anche chi ha poca dimestichezza con la musica applicata.


Colonne Sonore: Lei, fra i compositori italiani, è sempre stato molto attento a creare dei percorsi musicali non finalizzati all’incantamento della linea melodica ma alla ricerca di un significato più interiore; questo nasce da una sua esigenza di comunicare, o da una formazione più propriamente strutturale?

Carlo Crivelli: In realtà quando vedo il film per la prima volta, lo guardo come se non dovessi fare niente, non ho una musica da fare: sono le immagini che devono suggerirmi la musica nel quadro dell’azione della mia creatività che il regista deve riuscire a darmi. La musica ha il potere di rendere esplicito quel che di implicito c’è nell’immagine, si tratta quindi di un’esigenza di rappresentazione (che talvolta diventa “altro piano della rappresentazione”) più che di comunicazione.  In questo ordine di cose la melodia può anche divenire una delle possibili linee armoniche  (o disarmoniche!), dipende dalla complessità di ciò che si rappresenta.

CS: Per La passione (leggi recensione) di Mazzacurati ha creato una partitura molto intensa, dove il senso della passione è vissuto in modo molto laico; sulla scena della crocifissione c’è l’innesto con il classico sacro; il suo lavoro è stato difficile nel dare un senso non religioso ad una tematica che comunque s’ispira alla passione di Cristo?

CC: Nel film di Mazzacurati ho inteso effettivamente creare una partitura che musicalmente fosse conforme ad un’idea di leggerezza ma non di vacuità, così come il film mi suggeriva.  Ho cercato di restituire, nel mondo di segni proprio alla musica, quel che avevo capito di un film il cui senso profondo, se è certamente improntato ad una sicura laicità, non ho mai avvertito come irreligioso.  Ciò che più mi aveva affascinato era la possibilità di rappresentare, per quel che mi competeva,  il percorso di un uomo in crisi creativa che attraverso le vicissitudini imperscrutabili e persino funamboliche del racconto materiale, ritrovava il calore della sua ispirazione.

CS: Lei utilizza il pianoforte in questo film affidandogli una parte dell’anima che è quella della protagonista femminile; questa scelta del pianoforte da dove viene?

CC: Sembrava una scelta di purezza: il pianoforte espone il tema principale che poi viene sviluppato dall’Orchestra specialmente nell’ultima parte del film: è un tema che cerca la sintesi armonica delle asimmetrie.

CS: L’uso della banda è molto particolare nella sua partitura, questo perché è un mondo che è diverso da quello classico o perché è più vicino all’ispirazione popolare?

CC: La prima banda è in presa diretta e suona un motivo popolare che io non ho ripreso ma di cui ho tenuto conto nello svolgersi della colonna cercando di “stilizzarne” l’uso in una chiave più dichiaratamente legata alla interiorità emotiva dei personaggi.

CS: Quando compone, la sua ispirazione (che per Morricone non esiste) parte da un episodio di un film o da una spinta emotiva ?

CC: L’ispirazione per me è la capacità di raggiungere e di mantenere un certo stato emotivo. La parola, alla fin fine, significa l’atto di portare l’aria dentro. Per estensione uno è ispirato quando è in grado di realizzare facilmente dentro di sé gli stati esterni.

cover_la_passione.jpgCS: Quanto di spirituale ha messo nel comporre La passione?

CC: Tutto quello che ho potuto.

CS: Lei crede che nella nostra cultura sia sempre indispensabile rivolgersi ad un mondo religioso o basterebbe mettersi in contatto con la propria parte spirituale, anche attraverso la propria musica?

CC: Bisogna distinguere i piani: io non seguo nessuna confessione ma non per questo mi definisco ateo! L’atto stesso di comporre può divenire qualcosa di eminentemente spirituale nel momento in cui l’artista (almeno quando è nell’esercizio delle sue funzioni!),  è chiamato non già a “vomitare quello che sente” ma a cercare, a distillare quel che di meglio c’è nell’aspetto luminoso della natura umana.

CS: Lei ha iniziato a lavorare con Marco Bellocchio, sodalizio che continua tuttora, che cosa trova in questa collaborazione e soprattutto cosa le ha insegnato Bellocchio?

CC: L’amicizia con Marco è la storia della stima che diventa affetto. Ogni lavoro è un viaggio che trova in sé la sua ragion d’essere. La disciplina della preparazione e la reattività nell’interazione: la potenza dell’immagine, la forma e lo stile.


CS: Ennio Morricone, nel suo libro intervista, la considera come uno dei migliori compositori italiani che è una particolarità, detta da un compositore solitamente non generoso nei complimenti e più vicino all’affettività melodica del suo comporre per il cinema.

CC: Sono molto felice che Ennio Morricone abbia in più occasioni testimoniato un apprezzamento per la mia opera e che questo  si sia concretizzato nel gesto di consegnarmi di persona il Premio Petrassi. Quello è un riconoscimento che per il nome che lo impronta e per chi me l’ha consegnato invece di inorgoglirmi mi rende più umile.  Persino negli aspetti più semplici della sua musica per il cinema, si ravvisa una maestria nella conduzione dei materiali sonori  nel tempo, concessa solo a chi avendo sperimentato personalmente i linguaggi, ne ha creati di nuovi.  La sua produzione contemporanea “pura” testimonia di una ricerca profonda e vasta in tutti i campi dello scibile musicale,   la cui eco permea tutta la sua produzione  per il cinema senza che per questo sia disconosciuto  il suo talento straordinario.

CS: Mi racconta come è nata l’Orchestra Città aperta e soprattutto come riesce a tenerla su senza finanziamenti pubblici?

CC: L’Orchestra Città Aperta è nata alla fine del 2001 in occasione della registrazione del film Ginostra di Manuel  Pradal. Insieme a Jonathan Williams e poi a Diego Conti decidemmo che c’erano sul territorio le forze per produrre al meglio la colonna sonora senza bisogno di andare a Sofia o a Praga. Abbiamo convinto l’editore francese che era meglio registrare in un convento  in Abruzzo avendo una fantastica Orchestra di 80 persone: siamo stati fortunati perché era vero!  Da allora abbiamo  registrato più di 25 colonne sonore tra cinema e televisione, oltre agli innumerevoli concerti.   Per l’O.C.A. è motivo di orgoglio essere stata scelta da Roy Export (famiglia Chaplin) tramite il grande Timoty Brock per l’incisione de La donna di Parigi e La febbre dell’oro di Charlie Chaplin.                            Delocalizzare  le produzioni è sempre problematico, ma la delocalizzazione in campo artistico e culturale è un delitto per il fatto che poi si perdono le competenze.  La questione finanziamenti è di quelle pelose che testimoniano la miopia della visione, sia della destra che della sinistra: forse tutta la nostra miserabile classe dirigente ha deciso che è meglio che in Italia non si produca più niente, occupata com’è nelle attività di autoconservazione!  In ogni caso noi procediamo mantenendoci quasi esclusivamente con il lavoro e facendo di necessità virtù: certo, senza alcuna simpatia istituzionale per raggiungere gli obiettivi che comunque perseguiamo ci si impiega più tempo e nel mondo globalizzato il tempo è importante!  Fortunatamente c’è Fossa (Aq) dove registriamo, a cui si è aggiunta di recente Civitella del Tronto (Te), che ci danno una mano.

cover_vincere.jpgCS: Essere omonimo di un pittore veneziano del 400 in qualche modo l’aiuta ad essere più vicino all’arte della bellezza?

CC: Beh! ci si prova sempre e poi Carlo Crivelli è un grande e se mi contamina ci guadagno parecchio.

CS: Quanto ha influito su di lei, abruzzese, il terremoto dell’Aquila? E quanto dissente dalla dinamica del governo di gestire sia l’emergenza che il dopo emergenza?

CC: Il terremoto è un’esperienza sconvolgente che lascia il segno, è un graffio nell’anima; poi è un lutto perché la città in cui avevo scelto di vivere non c’è più. Dell’azione del governo non intendo parlare: sono sdegnato e basta e non me ne frega  di giustificare questa mia affermazione: dicano pure quello che vogliono!

CS: Tornando a La passione, pensa che in questa partitura è riuscito a esprimere la sua personale passione per la musica e per il cinema?

CC: Io ce l’ho messa tutta.

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