Innerspace

cover_innerspace.jpgJerry Goldsmith
Salto nel buio (Innerspace – 1987)
La-La Land Records LLLCD 1114
28 brani – durata: 78’31’’

 

Correva l’anno 1984 quando il produttore Peter Guber entrò in contatto con il regista Joe Dante, che all’epoca si trovava alle prese con la realizzazione del suo storico Gremlins, per parlare di un nuovo progetto che riproponeva ancora una volta una delle tematiche più interessanti per il cinema di fantascienza: la miniaturizzazione di un essere umano. Con la promessa che la nuova idea sarebbe stata ben differente dal leggendario Viaggio Allucinante (Fantastic Voyage) del 1966, trascorse ancora diverso tempo, nel quale Dante girò il suo Explorers, prima di tornare a parlare del progetto, per il quale Guber aveva ingaggiato Jeffrey Boam nella riscrittura della sceneggiatura dopo la dipartita di Chip Proser. L’idea della commedia fu infatti il fattore scatenante, l’elemento indispensabile affinché Innerspace potesse prendere forma e diventare il cult che oggi tutti noi conosciamo, con le indimenticabili interpretazioni di Dennis Quaid, Meg Ryan e Martin Short.

Sono infatti le avventure eroiche e assurde del pilota Tuck Pendleton (Quaid), sfrontato militare attaccabrighe e sicuro di sé, contrapposte alle gag dello sfortunatissimo Jack Putter (Short) a rendere Salto Nel Buio una delle pellicole più importanti nella produzione di Joe Dante, nella quale confluiscono fantascienza, sperimentazione, tecnologia, azione, avventura e l’inevitabile vena comica che ha sempre contraddistinto il cinema di questo celebre cineasta.
Ma se le disavventure dei personaggi, intrappolati nella rete degli equivoci e delle corse contro il tempo per sfuggire ai sicari che tentano di recuperare la navetta miniaturizzata contenente Pendleton e i preziosi chip sviluppati per l’esperimento, rendono indimenticabile la pellicola, altrettanto si può dire delle storiche musiche composte da Jerry Goldsmith, insostituibile collaboratore di Dante, il quale si cimenta nella scrittura di lunghe e interessanti pagine degne della sua produzione più brillante durante gli anni ’80.

Innerspace è stata una delle prove più impegnative per il Maestro; non si trattava semplicemente di un action, e neanche di una commedia; non era una normalissima pellicola d’avventura né tantomeno un tipico film di fantascienza. Le numerose sfaccettature del film richiedevano un approccio assai eterogeneo, capace di enfatizzarne le varie tonalità, ed in questo le musiche di Jerry Goldsmith, che aveva già lavorato in passato con Dante per Twilight Zone: The Movie, Gremlins ed Explorers, generarono la giusta chiave di lettura affinché il pubblico potesse fruire delle varie sequenze che compongono la pellicola con il giusto coinvolgimento emotivo.
L’aspetto più impegnativo nello sviluppo delle pagine musicali risiedeva nella scelta tematica; il film doveva infatti godere di musiche che fossero capaci di commentare in modo serio ma mai fuori luogo le vicende che si susseguivano nel film, così come era opportuno sviluppare dei leitmotiv capaci di riflettere le personalità dei rispettivi personaggi. Goldsmith  all’epoca era particolarmente attivo nel campo della musica campionata con Midi e Sintetizzatori (anni, quelli, che videro nascere lavori quali Runaway, Extreme Prejudice, Link ed altro ancora), e di sicuro questo, unito alla natura stessa della pellicola, influì notevolmente nella scelta dell’autore di utilizzare in larga scala i suddetti elementi. Trattandosi però di un action dal retrogusto marziale (il protagonista è egli stesso un militare) la componente sinfonica assume una posizione di primaria importanza, portando elementi quali tromba solista e sezione ritmica, rullanti in particolar modo, davanti alle componenti sintetiche.
Già nel “Main Title” si può assaporare questo incastro, nel quale l’autore lascia spazio al delicato tema eroico dopo la lunga introduzione sintetica, che nella pellicola commenta i titoli di testa, nei quali si passa dalla rappresentazione dei cristalli che compongono gli elementi a immagini riprese al microscopio. Tra l’alto è possibile carpire due degli corpi ritmici più importanti sviluppati da Goldsmith per la partitura, ovvero il profondo battito cardiaco, inserito in un contesto assolutamente adeguato vista la trama del film, nonché il pulsante suono atto ad emulare un sonar, che va ad affiancarsi alla presenza della micro navicella con la quale il tenente Pendleton penetrerà nell’organismo di Jack Putter. Sotto il profilo strettamente umano spicca la relazione tra Lydia e Tuck, per la quale Goldsmith sviluppa un leitmotiv romantico molto delicato, che sfocia in un’amara esecuzione del sassofono, chiaramente ispirata all’interruzione della relazione tra i due.
Decisamente interessante l’approccio dissonante e sintetico che l’autore sviluppa per Jack Putter, a commento dell’inquietante incubo che viene raccontato al dottore dallo sventurato personaggio durante la sua prima apparizione sullo schermo: “Tell Me About It”.
L’eroismo e l’aspetto più celebrativo di “State Of The Art / The Charge” contraddistinguono la natura marziale del tema di Pendleton, nel quale Goldsmith s’impegna nello sviluppo di pagine che guardano molto al suo First Blood, specialmente per la timbrica pulita ed essenziale del solo di tromba, che va ad accompagnarsi ai corni durante i crescendo, supportati da timidi ma possenti timpani, prima di esplodere nella massiccia seconda parte del brano, dove tornano le componenti elettroniche e le decise linee di archi e ottoni, finemente intrecciati in una sequenza frenetica e drammatica che si alterna all’eroismo del protagonista durante le fasi d’avvio dell’esperimento.
“Gas Attack” rappresenta una delle pagine più personali dell’autore per Innerspace, per la quale viene sviluppata una sequenza carica di archi pizzicati, timpani, sintetizzatori e rapidi strappi di trombe atti a commentare la fuga di Ozzie, nel tentativo di salvare la siringa contenente la capsula miniaturizzata prima che cada nelle mani della terribile Dott.ssa Canker. La lunga e frenetica fuga, che vede il compositore alle prese con una delle sequenze più tese ed eterogenee dell’opera (si pensi all’incastro ritmico-sinfonico della corsa per il centro commerciale), si conclude con l’iniezione della capsula contenente Pendleton nei glutei di Putter. L’arrivo di Tuck nell’organismo di Jack, “The Hand – Fat Cells”, viene commentato da una timida esecuzione del flauto, accompagnata da una serie di sintetizzatori (si noti l’incipit iniziale del brano).
Dopo l’emulazione sintetica del sassofono che caratterizza “Woman In Red” o la tensione crescente di “What Is It”, Goldsmith commenta l’arrivo di Pendleton al nervo ottico di Putter con dei fiati pulsanti sopra ad un tappeto d’archi, aumentando sensibilmente d’intensità dal momento in cui la sonda ottica si aggancia all’occhio del protagonista, il quale urla di dolore. L’atmosfera, dipinta con particolare precisione, assume un sapore ben più spensierato e brillante in “Take It Easy / It’s True”, primo dialogo tra Tuck e Jack, prima della fuga dall’appartamento, “No Messenger”, per la quale Goldsmith compone pagine cariche di tensione e accompagnate dalle pulsazioni crescenti dei sintetizzatori, che vanno a sottolineare il carico emotivo di Jack, sfociando in “No Pain”, dove torna a brillare il tema della missione, caratterizzato da una variazione dei fiati e dei sintetizzatori.
In “A Close Look” torna il tema romantico, dapprima sinfonico, e successivamente rafforzato dal synth, durante le sequenze ambientate nell’appartamento di Pendleton, dove Jack viene a conoscenza di Lydia.
Una delle sequenze più particolari della partitura, dal sapore inevitabilmente country e carico di un accento ironico immancabile è “The Cowboy”, brano nel quale Goldsmith si abbandona ai cliché western sviluppando una situazione musicale decisamente comica, che va ad anticipare notevolmente l’approccio leggermente più eroico, seppur ironico, del tema di Ray Peterson in The ‘Burbs, sempre di Joe Dante. Stesso gusto, con un incipit ben più deciso e frenetico, caratterizza “A New Man”, nella quale Goldsmith si cimenta nello sviluppo di un intreccio action sinfo-elettronico di notevole spessore, con elementi ritmici caratteristici della sua produzione e rafforzati dalla sezione d’ottoni particolarmente vigorosa e che vede impegnati corni, trombe e infine corni e tromboni all’unisono.
L’eroismo di “Save It”, che si fonde con le ritmiche caratteristiche del cowboy, per poi tornare nel fitto intreccio di “Transformed” sfocia nell’esecuzione più pulita e tipicamente western del tema dedicato al personaggio nel quale Putter si trasforma grazie alla tecnologia sperimentale utilizzata per prendere le sue sembianze, intervallato da una presenza molto romantica del tema d’amore tra Lydia e Tuck.
Molto interessanti le costruzioni di “Retransformed”, specialmente nella frenetica conclusione che va ad enfatizzare l’aspetto più ironico e brillante delle pagine dedicate al Cowboy.
Una delle più belle applicazioni del tema d’amore risiede in “Where I Am”, dove l’arricchimento delle timbriche sintetiche e la presenza dei corni fanno del brano uno dei momenti musicali più belli dell’album, per sfociare poi nella sequenza che vede un ritorno al clima teso, “The Womb”, che il Maestro enfatizza con delle pulsanti linee sintetiche rafforzate da una presenza degli ottoni adatta a mantenere alto il livello d’eroismo. Nella sequenza Tuck si ritrova all’interno del corpo di Lydia, dove scopre che la donna è in dolce attesa di un figlio suo.
“Fair Exchange” e “Stop The Car” rappresentano il culmine action della partitura, grazie ad una serie d’intrecci sinfo-elettronici e costruzioni ritmiche che vedono l’autore cimentarsi dapprima in una rivisitazione eroica del tema di Jack, che si lancia con sprezzo del pericolo nel mezzo dell’azione, convinto della presenza di Tuck ancora nel suo corpo, e seguito poi da un pezzo altamente propulsivo, molto energico e frenetico. Grandemente interessante è la sequenza che commenta l’innalzamento del tasso di acidità nello stomaco di Jack, per la quale Goldsmith spinge al massimo il tema di Jack dopo la pulsante ritmica sintetica, enfatizzandone notevolmente il carattere con l’impiego massiccio di trombe e tromboni, per poi sfociare nel minimalismo del piano e dello xilofono.
Esplosiva e completamente sinfonica la conclusione dell’avventura, che attraverso “Disengage” esprime il romanticismo eroico di Tuck, brillando nell’esecuzione pulita e limpida della sezione d’archi, supportata dai corni, mentre le trombe intonano il tema eroico durante il primo incontro faccia a faccia tra il pilota e lo sventurato Jack.
L’album si conclude degnamente con l’aspetto più ironico della composizione nonché del film, “No Red Lights”, che riporta ai massimi livelli la tensione e l’avventura grazie all’apparire nuovamente del cowboy; Goldsmith ripropone il tema dal retrogusto western, con ritmica crescente, per poi esplodere nel tema di Jack il quale, accortosi del pericolo, si precipita nell’inseguimento della macchina degli sposi, accompagnato dall’esplosiva conclusione sinfonica della partitura.

Innerspace è senza alcun dubbio un viaggio musicale all’interno del mondo cinematografico di Joe Dante, per il quale Goldsmith scrive alcune tra le sue pagine migliori di fine anni ’80.
Tirando le somme sono davvero molti gli elementi caratterizzanti della composizione, che spaziano tra l’ironia del tema del cowboy, senza dubbio l’elemento più graffiante e particolare della composizione, nonché l’intricata rete sintetica che l’autore traccia a commento delle sequenze ricche di suspense o a descrizione del lato fantascientifico della vicenda. Diversi i punti di contatto con le opere del periodo immediatamente precedente, come le componenti elettroniche di Rambo: First Blood Part II o Runaway, per i quali l’autore ha sviluppato alcune delle sue creazioni più personali al sintetizzatore. Il carattere celebrativo ed eroico dei soli di tromba e dei leitmotiv eroici, in piena tradizione Goldsmith, omaggiano il suo glorioso passato proponendo situazioni musicali d’indubbia bellezza, che quando s’incontrano con le nuove tecnologie sfociano in frenetiche sessioni action ibride che sembrano anticipare notevolmente le interessanti pagine scritte per Total Recall, 3 anni dopo.

Salto nel buio, uscito negli USA nel luglio del 1987 (in un’estate carica di leggendarie pellicole come Predator, Robocop o Beverly Hills Cop 2), venne accolto positivamente dal pubblico del periodo, il quale però, a detta di Dante, lo considerò più come un grande film di fantascienza, d’azione, piuttosto che la commedia che lui aveva diretto. Fortunatamente negli anni a seguire, grazie soprattutto all’uscita in VHS, la pellicola venne apprezzata sempre di più per la sua natura estremamente divertente.
Precedentemente edita in LP e Cd dalla Geffen Records della durata di 46 minuti, la colonna sonora composta da Goldsmith è stata per anni una delle più richieste e desiderate da parte degli appassionati del genere, soprattutto a causa del poco materiale disponibile sul disco in commercio, che non arrivava ai 25 minuti (i restanti erano occupati da canzoni di Rod Stewart, Berlin ecc…). L’annuncio di questa edizione integrale, edita dalla La-La Land Records con tiratura limitata a 3000 copie ha riscosso un successo tale da registrare il tutto esaurito in pochissimi giorni, colmando una grandissima lacuna nella discografia di questo grande compositore. L’opera, presentata nella sua versione integrale e accompagnata da pagine non usate nel montaggio finale della pellicola, è stata masterizzata dalle incisioni originali, le quali hanno permesso una qualità sonora molto elevata, soprattutto laddove il fitto intreccio sinfonico ed elettronico richiede una pulizia del suono ancor maggiore. L’album è accompagnato dalle interessantissime note di Dan Goldwasser, collaboratore di ScoringSessions.com, Soundtrack.net e produttore per la La-La Land Records, nonché dalle interessanti e accurate analisi brano per brano di Jeff Bond.

Il lavoro del Maestro Goldsmith per l’inseparabile collaboratore Joe Dante resta uno dei più interessanti e articolati tra quelli svolti nel periodo immediatamente successivo a Legend. Fortunatamente il positivo sodalizio con il regista di Gremlins ed Explorers ha sempre ben disposto Goldsmith nello sviluppo di pagine fortemente personali e indimenticabili, che grazie all’edizione in analisi trovano finalmente una pubblicazione degna dell’impegno del leggendario compositore.


 

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