Islands in the Stream

cover_islands_in_the_stream.jpgJerry Goldsmith
Isole nella corrente (Islands in the Stream, 1977)
Film Score Monthly FSM Vol. 12 No. 20
13 brani – durata: 53’17”

 

Se qualcuno che non avesse mai sentito nulla del compianto Jerry Goldsmith mi chiedesse di consigliargli da quale CD cominciare, gli suggerirei di iniziare proprio da questo. Perchè?
Non perchè considero Islands in the Stream l'opera in assoluto migliore di Goldsmith (senz'altro è una delle sue migliori, ma - a parer mio - non la sua numero uno).
E nemmeno perchè la considero la più rappresentativa del suo stile musicale. Infatti si tratta di una partitura lirica, spesso intimistica, molto "romantica", basata essenzialmente su un solo tema, con un 10% scarso di brani d'azione, quando in realtà sappiamo tutti che la musica di Goldsmith è prevalentemente aggressiva, movimentata, sperimentale, dinamica. La ragione è più complessa: secondo me Islands in the Stream è la colonna sonora che, più di tante altre, esprime alla perfezione e concentra in sé i due elementi essenziali dell'animo creativo di Goldsmith, i pilastri della sua cifra artistica:
1) la sua costante ricerca dello "spirito" intimo e profondo della storia che viene raccontata nel film, da utilizzare come paradigma e fulcro per ispirarsi e creare la musica;
2) il pessimismo cosmico, la sensazione di predestinazione e di perdita imminente che marchia in modo più o meno evidente tutte le sue produzioni migliori (la più bella musica di Goldsmith è musica che parla di... morte).
Islands in the Stream è un film del 1977 (girato a cavallo tra il 1975 e il 1976) che ha avuto una lavorazione difficile e travagliata, con cui è stato tradotto sullo schermo in modo perfettibile uno splendido, ma anch'esso diseguale romanzo postumo di Ernest Hemingway, un romanzo complesso, dai molti registri (e infatti suddiviso in tre distinte parti, che paiono tre racconti lunghi e molto diversi tra loro, collegati solo dal fatto di raccontare le fasi della vita di una medesima persona). Nel libro il grande romanziere americano ha raccontato più che mai se stesso, e sopratutto i suoi grandi e intimi sensi di colpa.
Franklyn J. Schaffner, il regista di Patton, Il pianeta delle scimmie e Papillon, pur avendo tra le mani una sceneggiatura intelligente e sofferta, tratta con amore e passione dalle pagine del libro, non ha potuto tradurla al meglio in immagini, soprattutto per problemi produttivi, per i costi, per la difficoltà di girare scene di natura selvaggia in un'epoca in cui non si poteva ancora usare il PC per creare uno squalo o un marlin nel mare aperto.
La principale fortuna che ebbe Schaffner in quest'operazione è stata senz'altro quella di poter disporre una volta ancora del suo compositore prediletto, Jerry Goldsmith, che seppe entrare così in profondità nella storia narrata da realizzare una partitura musicale che, a detta di molti, rappresenta l'esito artistico più elevato collegato a quest'opera. Secondo qualcuno la musica è persino migliore dello stesso libro.
Questo perchè Goldsmith fece evidentemente sua lo storia (e soprattutto il tormento) di Thomas Hudson, l'eroe di Hemigway. Proprio come il romanziere, Goldsmith si è riconosciuto in lui, e nel suo penoso pentimento per la vita trascorsa, nei suoi ripensamenti. Il musicista si è sentito toccato dall'idea che un artista, per quanto grande e sublimato dalla sua opera, possa ad un tratto guardarsi alle spalle ed accorgersi con disperazione di non essere stato valido come essere umano.
L'eroe di Isole nella corrente, Hudson, è stato infatti un marito superficiale e frivolo. Ha avuto due mogli, entrambe abbandonate per rincorrere nuove pulsioni, e per dare sfogo ad un estro artistico inestinguibile. Si è rifugiato sulle Isole nella Corrente per rifuggire le sue responsabilità, forse usando la sua arte come una scusa. In questo suo dorato paradiso/prigione, che lo tiene al riparo dai doveri familiare, continua a produrre sculture per i mercati artistici europei e americani, e dove si consuma con metodica lentezza nell'alcool, fingendo di ignorare che in patria ci sono tre figli, un ragazzo più vecchio, nato dal primo matrimonio, Tom junior, e due più giovani, David ed Andrew, nati dal secondo, che vorrebbero tanto ritrovare il padre che lui non ha saputo essere.
Un'estate i tre ragazzi violano il suo sancta sanctorum, e vengono a trascorrere alcuni giorni di vacanza insieme al padre, sulla sua meravigliosa isola. Durante quell'indimenticabile settimana, narrata nella prima parte del film, Hudson scopre con dolore che cosa abbia finora perduto, tenendosi così lontano dai suoi figli, e capisce di aver sbagliato e di voler trascorrere il resto della sua vita con loro.
Durante queste giornate, un episodio particolare sblocca e scioglie la coscienza di quest'uomo apparentemente granitico, e gli fa scoprire una particolare affinità con il carattere di David, il figlio di mezzo, proprio quello che manifesta verso di lui il maggior risentimento. Nel corso di un'avventurosa pesca al marlin, l'uomo assiste ammirato alla determinazione quasi ostinata con cui il ragazzino, per nulla spaventato dalla tormentosa sofferenza fisica, rifiuta di abbandonare il posto di pesca dopo aver "agganciato" un grande esemplare, che cerca di fuggire alla cattura facendosi inseguire per ore e ore sotto un sole micidiale. Thomas ammira il coraggio di David, e capisce che quella caparbia determinazione è un riflesso del carattere del padre.
Alla fine di quell'estate, l'uomo vorrebbe abbandonare l'isola, ma i suoi propositi sono tardivi. Durante la visita della prima moglie apprende con dolore che Tom, il figlio più grande, è stato abbattuto in volo, dopo essersi arruolato come aviatore nella guerra contro Hitler. L'artista decide allora di partire, per raggiungere al più presto gli altri due figli (il libro ha un risvolto ben più drammatico, dal momento che la scoperta della morte in guerra di Tom jr. segue di poco la notizia che anche gli altri due figli sono morti in un incidente stradale, insieme con la loro madre, la sua seconda moglie).
Durante il viaggio Hudson viene costretto a prendere posizione verso il mondo che lo circonda. Smette finalmente di difendere ad oltranza il suo distacco e la neutralità dalla vita. Decide di aiutare un gruppo di profughi ebrei, in fuga dalla Germania nazista, che cercano di raggiungere le coste di Cuba. E paga questa sua scelta con il prezzo più alto.
Come dicevo, Goldsmith si deve essere riconosciuto nel personaggio di questo artista egoista, che ha trascurato i suoi doveri familiari. Anche Goldsmith ha avuto molti matrimoni e sei figli.
Per questo ha diffuso una poetica sottile e struggente nella sua musica, tradotta in primo luogo da un tema evocativo, bello, doloroso e indimenticabile, che si presta alle molte acute variazioni cui l'autore lo sottopone, spesso eseguito dal corno, o dalle trombe.
L'incantevole paesaggio marino, una sorta di trasposizione naturale della vita stessa, mutevole ed inafferrabile, viene illustrato con un motivo ondivago, un florilegio che non può non ricordare l'analogo approccio usato trent'anni prima da Bernard Herrmann per le musiche di Il fantasma e la Signora Muir.
La partitura di Goldsmith è letteralmente uno scrigno di tesori, un'opera potente e ricca. I suoi oltre cinquanta minuti intessono un percorso narrativo coinvolgente, che spesso induce alla malinconia, altre volte colma lo spirito di bellezza e di stupore.
Nel brano "Is Ten Too Hold", ad esempio, si assiste alla strepitosa trasformazione di un pezzo inizialmente spiritoso e scanzonato, dominato da sonorità "carioca" e da ritmi del folclore caraibico, in una dinamica e straordinaria caccia all'uomo, quando uno squalo si avvicina pericolosamente ai ragazzi che stanno nuotando. In contemporanea con Williams (che in quello stesso periodo stava lavorando per il celebre film di Spielberg, per l’appunto Lo squalo), Goldsmith ci rappresenta qui il suo personale attacco di uno squalo, e crea un fenomenale congegno ritmico che fa saltare di emozione all'ascolto.
Il punto di vertice della partitura è pacificamente la lunga suite "The Marlin", 11 minuti in cui viene illustrato con i toni del poema sinfonico la sequenza di pesca che ho raccontato prima. Da ascoltare l'esposizione del tema del mare, nella versione rallentata e verticale che accompagna i balzi del grande pesce dalle acque dell'oceano.
E infine si ha modo di ascoltare per la prima volta la scena dell'inseguimento lungo le coste cubane, un brano d'azione tra i più prodigiosi dell'intera carriera di Goldsmith (anche se lungo pochi minuti). Il tema di Hudson si fa improvvisamente serrato, e melodrammatico.
L'edizione FSM arriva a livelli di qualità sonora assoluti (se si considera quanto sono vecchi i master), grazie anche al contributo elevato di un maestro come Bruce Botnik, che ne cura la rimasterizzazione. L'esecuzione diretta come sempre dal compositore non ha confronti con quella (del tutto spenta e mediocre, al confronto) che Goldsmith potè faticosamente ottenere nel 1987, con l'orchestra Ungherese di Budapest, ingaggiata dall'Intrada in coda alla registrazione delle musiche di Lionheart.
Finalmente, oltre ad essere restituite al loro splendore le sofisticate soluzioni orchestrali di Arthur Morton, si può ammirare in tutto il suo chiarore un'esposizione dei brani energica, vibrante, vitale, che rende ogni singolo minuto del disco un momento passionale e da amare.
Un disco imperdibile, e, come dicevo all'inizio, l'ideale punto di partenza per chiunque si chieda che cos'abbia di tanto importante Jerry Goldsmith da essere sempre così richiesto e considerato da tutti gli appassionati di colonne sonore come uno dei nomi più leggendari della musica da film di tutti i tempi.
L'opera forse più profonda, più accorata di Goldsmith, quella dentro cui l'autore ha lasciato trapelare quantità maggiori del suo spirito grande ed elevato.

 

 

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