1408

cover_1408.jpgGabriel Yared
1408 (id., 2007)
Varèse Sarabande LC 06083
16 brani – Durata: 56’28”



Rappresentante della migliore tradizione epica nella musica da film, il premio Oscar Gabriel Yared si cimenta con il thriller soprannaturale creando per 1408 una colonna sonora tutt’altro che convenzionale.
Il materiale non era facile.
Il film è tratto da un racconto di Stephen King e parla di spiriti e paranormale narrando la storia di Mike Enslin, uno scrittore interessato a fenomeni soprannaturali dal giorno in cui la giovane figlia è prematuramente scomparsa. È una misteriosa cartolina a consigliargli di alloggiare nella stanza 1408 dell'hotel Dolphin a New York. Nella stessa camera sono morte cinquantasei persone, il totale delle cifre del numero è 13 e pare che nessuno sia rimasto vivo per più di un’ora fra quelle mura…
Rifiutando l’effettaccio acerbo dell’horror, Yared mette completamente la musica al servizio della narrazione filmica, sacrificando spesso una melodia che qua e là si azzittisce, si spezza, si sfilaccia per restituire un effetto di straniamento e misteriosa inquietudine.
Lenti, fiati e archi si alternano in brevi impennate nell’iniziale “10 Haunted Hotels”, inframmezzandosi a squarci onomatopeici che riproducono lo smarrimento mentale. In modo simile le componenti dell’orchestra sono sapientemente utilizzate in “The Dolphin Hotel”, mentre a tratti le percussioni sovrastano la melodia in “Out on a Ledge”, in cui suoni tesi e smarriti vedono emergere gli archi solo in alcuni momenti, in un crescendo inquieto. Insinuante è anche l’uso degli archi in “Mike’s Fugue”, che trasuda la minaccia di una cupa promessa, o quello del pianoforte in “Katie’s Theme”, dalla malinconia spesso gotica.
L’elemento mystery, in qualche punto, può far tornare alla mente la venatura gialla della soundtrack de Il talento di Mr. Ripley (grazie alla quale Yared fu nuovamente candidato all’Oscar nel 2000), ma qui l’autore riesce a farsi da parte giocando per sottrazione e sfuggendo alla tentazione di giganteggiare sfruttando la potenza orchestrale. Il risultato, sottile e pregevole, si rivela forse poco adatto ad un ascolto separato dalla visione cinematografica, ma ben riesce nell’intento di supportare e accompagnare la narrazione filmica sfruttando idee anziché il chiasso roboante.


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