Patrick

cover_patrick.jpgPino Donaggio
Patrick (2013)
Quartet Records QR150  
19 brani - Durata: 62'58''



Più di ogni altro, il linguaggio della musica applicata rappresenta un caso privilegiato e una speciale forma di comunicazione. Esso infatti potrebbe essere definito quale sintesi di tutti i generi musicali, ovvero un grande cantiere che contiene tutta la musica concepibile, indipendentemente dalle epoche e dagli stili di riconosciuta appartenenza. I compositori che si dedicano alla musica per film, a volte molto ostracizzati a livello accademico, devono essere in grado di comporre ogni genere di musica perché il film può richiedere veramente di tutto e la libertà creativa dell'artista (che non è mai preclusa, anche in un contesto applicato) deve esprimersi all'interno di determinate esigenze e commissioni applicative, sia dirette che indirette. Tuttavia, all'interno di una scrittura per certi versi “condizionata”, esiste una reale autonomia di pensiero, un'autonomia descrittiva che non compromette l'esito comunicativo delle immagini.
Le stesse funzioni fàtica e illustrativa trovano nel genere della musica per immagini una manifestazione spontanea perché la musica diventa parte integrante di un'esperienza collettiva quale può definirsi, seppur attraverso il filtro di uno schermo, la proiezione di un film per il cinema o la TV. Il cinema dell'orrore, indipendentemente dai sottogeneri che lo caratterizzano - proprio perché codificato dalla presenza di scene ed eventi atti a suscitare nello spettatore emozioni di orrore, paura e disgusto con la presenza protagonista di una forza malefica soprannaturale oppure (nel caso dei thriller orrorifici) di un attore del male umano che agisce nella vita di tutti i giorni – trova nella musica di commento un potenziamento fondamentale proprio ai fini descrittivi e quindi alla efficacia comunicativa e ai risultati referenziali dello stesso girato. Al di là delle abilità che ogni compositore di musica per film dovrebbe avere nel commentare ogni situazione visiva che gli viene proposta, ci sono dei generi che riconoscono dei “maestri specialisti”, ovvero autori che hanno ottenuto consensi e successo di pubblico e critica proprio confrontandosi con un determinato filone del cinema. L'horror, forse più di ogni altro genere, gode di un fascino e di una capacità seduttiva, anche - se non soprattutto - per la colonna sonora, tanto da diventare oggetto di culto e collezione e da riscontrare un buon successo di vendite, seppur in una politica di limited edtion. Sono sempre stato convinto che il genere nero metta particolarmente in risalto la sensibilità, la poetica, la creatività e l'abilità tecnica di chi compone per il cinema perché la colonna sonora non si può più nemmeno definire tale in quanto diventa un vero e proprio personaggio del film, presente quando nella pellicola ci sono attese interrogative e discretamente attenta ad accompagnare i nodi del film senza rubare la scena ai protagonisti fisici, pur mantenendo una sua libertà espressiva adeguatamente incastrata nel contesto scenico. Ogni autore riconosciuto maestro di genere si distingue poi per particolari architetture, sviluppi o timbriche che finiscono con l'identificarlo a livello stilistico e consacrarlo quale modello di studio e riferimento (è noto come la scena del museo di Dressed To Kill di Donaggio del 1980 venga ancora oggi utilizzata come esempio di applicazione della musica nelle scuole di cinema americane). Pino Donaggio, grazie al suo debutto con l'ottava arte proprio con un film thriller parapsicologico (Don't Look Now del 1973) e alla sua lunga collaborazione con il cinema della tensione di Brian De Palma - nel quale la musica ha un ruolo molto importante da un punto di vista funzionale ed esige una cura pressoché maniacale, squisitamente e delicatamente calibrata – ha acquisito quel carisma di maestro specialista di pellicole “di paura” tanto che, a livello editoriale, le più recenti pubblicazioni discografiche proposte sul mercato in limited edition dalla spagnola Quartet Records riguardano film thriller e horror (ristampe o prime edizioni) del nostro compositore. L'ultimo prodotto di casa Quartet, uscito nel mese di aprile, è l'edizione della OST di Patrick, remake dell'horror australiano realizzato nel 1978 dal regista Richard Franklin (che in Italia uscì con la colonna sonora dei  Goblin) e rivisitato lo scorso anno dal connazionale Mark Hartley, giovane esponente della ozploitation al suo debutto sul grande schermo. In breve, Patrick è un ragazzo che giace in coma presso un ospedale privato di Melbourne; ha ucciso sua madre e il suo amante fulminandoli nella vasca da  bagno. Il giovane è dotato di poteri psicocinetici e si innamora di Kathy, un'infermiera dell'ospedale che lo assiste durante il coma. Comunica con lei attraverso un computer, controllando coi suoi poteri le menti degli uomini presenti nella vita di Kathy e difendendosi dalla spietata capo infermiera Cassidy che medita di ucciderlo. Tarantino omaggia il film nel suo Kill Bill Vol. 1 quando la Sposa, in coma in ospedale, sputa sull'inserviente. In questa pellicola possiamo ascoltare un Donaggio colto e tormentato, che sforna una partitura intensa e  di non facile ascolto (se confrontata per esempio con il precedente Passion) i cui ritorni principali sembrerebbero essere in parte Trauma di Dario Argento (nelle urgenze) e in parte Raising Cain di Brian De Palma (nelle sonorità sospese), ma con una maturazione sia negli aspetti legati al sound, più tecnologico e carico d'effetti (affidati alla creatività dell'abile Paolo Steffan), ma anche da un punto di vista strettamente stenografico, a riprova di una costante ricerca ed evoluzione che tuttavia non tradisce alcuni canoni stilistico-narrativi della poetica dell'autore. Nella tavolozza horror di Donaggio non manca una tendenza a tratti modulare-minimalistica (utilizzata però maggiormente nei colpi a sorpresa oppure nella narrativa action) e a tratti più incaptabilmente atonale e through-composed, con successioni di note destabilizzanti atte a tradurre un costante senso di inquietudine e incompiuto. Come da gimmick donaggiana, la capacità di “far cantare” gli strumenti a corda e di plasmarli al servizio delle azioni attraverso il trattamento sia dell'elemento ritmico, sia di quello timbrico ed episodico-accordale fanno del commento sonoro una vera e propria sinfonia per immagini nel quale gli eventi stessi narrati nel film possono essere immaginati seguendo gli sviluppi spartitici e l'andamento ameboide dell'impianto formale. “Deadly Needle” funge da rarefatta ouverture con l'ostinazione soffusa del Fa / Fa# sulla quale prendono forma fasce sonore  d'archi in acuto e grave sperimentando rapidi ed evitati sviluppi tematici fino all'incontro delle corde in andamento parallelo e in proiezione obliqua con l'esposizione della cellula seriale di quattro note affidata al pianoforte, giocata intorno ai gradi principali. In “Car Scene” ritroviamo questa stessa serie esposta dal flauto traverso in un contesto action con la partecipazione dialogante degli ottoni che condiscono l'incedere incalzante degli archi secondo un'architettura che rievoca De Palma e anche il thriller italiano (si pensi alla scena del ponte in Sotto il vestito niente con la “visione” dell'omicidio della modella da parte del suo fratello gemello). In “First Day” troviamo un ulteriore sviluppo in forma aperta sulla serie stabilita, mentre in “Kathy Meets Patrick” non poteva mancare lo sfogo tristemente melodico e un'apertura verso episodi più riposanti, subito però fugati dalla minaccia dell'abbinamento familiare archi/ottoni, come sempre stilettanti e improvvisi per ricordare che il conto con l'inquietudine deve restare non saldato. In “The Lift” c'è un uso tecnico degli archi con pizzicati. In “Patrick Spits Museum” abbiamo un esempio di traccia through-composed in funzione illustrativa, nella quale vari umori si avvicendano. “Kathy Enters” ci ripropone un incedere inquietante seguito da disturbanti glissando di archi quasi a emulazione di segnali di ambulanza, poi risolti in un più assimilabile e reiterato episodio ritmico. In “Cassidy Dies” troviamo una curiosa pennellata di archi omonota che riecheggia l'herrmanniano utilizzo per la scena della doccia di Psycho e poi un'architettura di tensione con figure ostinate e una breve grammatica mnemonica modulata però immediatamente per evitare quello al quale ogni brano di questa lunga sinfonia sembra tendenzialmente puntare, ovvero scansare un accomodamento psico-distensivo della percezione sensoriale, costringendo l'ascoltatore a un continuo confronto con un ignoto minatorio. La musica riesce dunque a orientare pienamente lo spettatore verso un approccio che all'intrattenimento e al commento esige anche un adattamento razionale utile a un miglior impatto emotivo delle immagini e del messaggio che il film intende trasmettere. Anche in “Telekinesis” troviamo un ulteriore collage di through-composed con azione, attesa, disturbo, conati di inquietudine con figure ritmico-timbriche costantemente in variazione e brevi ritorni della serie. In “Kathy's Imagination” lo sviluppo sulla serie assume connotati più intelligibili e amaramente poetici, ripresi anche nell'immancabile versione pianistica di depalmiana memoria (ma si potrebbero citare anche i thriller italiani) di “Dream Or Reality”. Un lungo affresco di amore e morte, un concentrato di tecnica e poetica e senza dubbio ineguagliabile sensibilità e abilità creativa al servizio delle immagini che in Donaggio diventano insostituibili muse ispiratrici per il processo creativo, magico, insondabile, disarmante e ineffabile nella sua bellezza. Il tutto sotto l'abile direzione del direttore d'orchestra romano Gianluca Podio e degli strumentisti della CNSO di Praga che, come un impeccabile e metafisico strumento, dà voce a tutto questo concentrato di elementi, funzioni e spiritualità.

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