Empire of the Sun (Expanded Archival Collection)

 

cover_empire_of_the_sun.jpgJohn Williams
L’impero del sole (Empire of the Sun, 1987)
La-La Land Records LLLCD 1300
Disco 1: 21 brani – durata: 76:05
Disco 2: 10 brani – durata: 32:34
Durata totale: 108’29”



Dopo la pubblicazione delle edizioni estese di 1941 e Hook, l'etichetta californiana La-La Land regala agli appassionati una magnifica edizione deluxe di un'altra storica collaborazione tra il regista Steven Spielberg e il compositore John Williams: L'impero del sole, pellicola del 1987 tra le meno note del popolare filmmaker americano, eppure oggi ritenuta da critici ed estimatori uno dei traguardi artistici più belli e riusciti della sua ormai quarantennale carriera. Tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore inglese James G. Ballard, la vicenda è un racconto semi-autobiografico dell'autore sui suoi anni d'infanzia a Shanghai, dove viveva insieme alla famiglia nel Protettorato Britannico sito all'interno della città.

Il piccolo “Jamie” è poco più che un ragazzino quando – nel culmine del secondo conflitto mondiale, a seguito dell'attacco a Pearl Harbor – le forze militari giapponesi invadono definitivamente la metropoli cinese nel Dicembre 1941 e prendono possesso anche del Protettorato, costringendo gli abitanti più fortunati alla fuga e i restanti alla prigionia presso campi di concentramento. Il giovane protagonista si ritrova improvvisamente separato dai genitori, cominciando una vera e propria odissea per la sua stessa sopravvivenza.

Il romanzo di Ballard è un bildungsroman che mescola eventi reali a reminiscenze trascolorate, tentando di rielaborare il doloroso periodo vissuto dall'autore e dimostrare come il potere immaginifico dell'infanzia riesca ad emergere vividamente anche durante i momenti più bui dell'esistenza. Tutto il racconto è visto infatti attraverso gli occhi di un ragazzino e la sua abilità di riuscire a sopravvivere ai traumi più sconvolgenti, funzionando così anche come metafora per la perdita dell'innocenza del mondo intero, vittima del più sanguinoso conflitto globale mai vissuto e della nascita dello sconvolgente potere nucleare. Visti i temi e lo stile, non stupisce che Spielberg se ne sia appassionato (sebbene il progetto doveva inizialmente essere diretto da David Lean, da sempre uno dei modelli dichiarati del regista di E.T.) e ne abbia infine tratto un film. Reduce dall'adattamento cinematografico di un altro romanzo “adulto” come Il colore viola (1985), Spielberg si cimenta nuovamente in territori lontani dal genere fantastique (ma non dalle tematiche che lo hanno sempre ispirato) che gli ha donato celebrità, proseguendo nel solco che qualche anno più tardi lo avrebbe poi portato a dirigere Schindler's List. La storia di Jamie “Jim” Graham (interpretato nel film da un giovane e già bravissimo Christian Bale) diventa così per Spielberg l'occasione per tornare nei territori dell'infanzia e del dolore della crescita, questa volta in un contesto storico realistico. Tuttavia il film, così come il romanzo da cui è tratto, non pretende di fare della storiografia o della cronaca, ma casomai di rappresentare la forza dello spirito puro di un ragazzino, il quale trova l'àncora di salvezza proprio nel potere della sua immaginazione. E Spielberg lo fa con una forza registica vibrante, ricca di virtuosismo eppure al contempo capace di momenti di pura contemplazione, quando non di vera e propria epifania. Il risultato è un film unico nella filmografia del regista, ma comunque profondamente e squisitamente spielberghiano dal primo all'ultimo fotogramma.

E così come il regista, anche il compositore Williams – da sempre in costante simbiosi col suo partner artistico prediletto – si trova qui a rielaborare il proprio stile, ma rimanendo fedele alla sua personalità. Da questo punto di vista ci troviamo di fronte ad una delle opere più eterogenee ed eclettiche nella intera carriera del compositore: la colonna sonora è contraddistinta da uno spettro amplissimo di sensazioni, atmosfere e idee, nella quale pare emergere un'estetica impressionista quasi trasognata. Siamo piuttosto lontani dalle celebri narrazioni musicali stile Tondichtung che contraddistinguevano le partiture williamsiane per l'amico Spielberg sino ad allora (da Incontri Ravvicinati a I predatori dell'arca perduta fino a E.T.), così come da qualunque tipo di “esibizionismo” orchestrale tipico dell'autore. Piuttosto, lo score de L'impero del sole sembra una raccolta di tableaux che accompagnano di volta in volta le vicende del giovane protagonista e dell'ambiente (reale ed immaginario) che lo circonda. Come osserva Michael Matessino nelle eccellenti note di copertina che corredano questa nuova lussuosa edizione in doppio CD, la partitura sembra sfuggire qualunque denotazione di genere o stile, seguendo di pari passo il tragitto estetico e stilistico del film. La nuova edizione discografica offerta dall'eroica La-La Land offre l'integrale dello score con una scaletta (supervisionata ed approvata dal compositore) che ripercorre fedelmente il percorso narrativo della pellicola, più una serie di intriganti e nient'affatto superflui bonus tracks raccolti nel secondo disco. Rispetto al pur soddisfacente album originale pubblicato all'epoca dell'uscita del film (che conteneva una selezione di pagine per un totale di una cinquantina di minuti), questa presentazione getta una nuova luce sulla partitura di Williams, arricchendo ulteriormente il ventaglio espressivo e la profondità generale dell'opera. Emerge maggiormente il carattere multiforme con cui l'autore accompagna la storia e le immagini, un vero e proprio caleidoscopio musicale nel quale si trovano differenti anime. A differenza delle loro precedenti collaborazioni, Williams e Spielberg fanno una scelta piuttosto radicale, ovvero evitano di contraddistinguere il film con un tema portante netto e riconoscibile che accompagni il film nel corso della narrazione. Vi è un tema principale associato a Jamie/Jim (“The Plane”), ma lo troviamo sovente frammentato lungo tutto il film, senza una connotazione da vero e proprio leitmotif come da abitudine del compositore. Come si diceva, prevale il carattere impressionista del commento musicale, nel quale Williams traduce ed alimenta le suggestioni visionarie del giovane protagonista al punto da diventare – come suggerisce acutamente Matessino nelle sue liner notes – la colonna sonora che Jim “sente” nella sua mente nel corso delle sue travagliate vicissitudini. E' dunque una partitura che gioca abilmente con elementi diegetici (il corale gallese “Suo Gan” che apre il disco e il film) che si trasformano in commento musicale (la squisita variazione della Mazurka Op.17 di Chopin in “Home and Hearth”), senza tuttavia un vero e proprio intento preordinato, ma piuttosto seguendo suggestioni e sensazioni che scaturiscono dalla vicenda. I risvolti tragici e dolorosi sono accompagnati da Williams ora con atmosfere incerte ed introverse (“Trip Through the Crowd”, “Alone at Home”, “The Empty Swimming Pool”) caratterizzate da armonie sospese degli archi e solitari assolo di pianoforte, ora da improvvise esplosioni di angosciante violenza timbrica (“Lost in the Crowd”, “Streets of Shanghai”). Ma troviamo anche pagine come “Imaginary Air Battle”, “The Plane”, “Bringing Them Back” (uno degli inediti più emozionanti) o la sublime “Cadillac of the Skies”, dominate da un abbagliante lirismo nel quale Williams spicca letteralmente in volo insieme ai sogni “aerei” di Jim, coadiuvato da un etereo coro misto di voci bianche e voci femminili. C'è spazio anche per ardite parentesi avanguardistiche, come il puntillismo percussivo di “Japanese Infantry” e “The Pheasant Hunt” (pagine che possono ricordare alcune analoghe composizioni di Ennio Morricone), nonché addolorate marce funebri (il lento incedere di archi e corno inglese in “The Return to the City”, che accompagna la sequenza quasi dantesca dei profughi del campo di prigionia), fino ad uno dei migliori “scherzi” della carriera di Williams (il giubilante “Jim's New Life”, gioiello in miniatura di orchestrazione). Nonostante l'eclettismo (forse persino il camaleontismo) dell'opera, non vi è mai la sensazione di un percorso musicale senza criterio. Williams, forse come poche altre volte nella sua carriera, sceglie la strada dell'analogia e della suggestione, arrivando persino a concedersi il lusso di chiudere la colonna sonora con una meravigliosa pagina per coro e orchestra (“Exsultate Justi”) solo apparentemente disgiunta dal resto del corpus musicale: un inno su testo latino che diventa il traguardo letteralmente “alleluiante” con cui coronare la vittoria dello spirito umano nei confronti delle più atroci avversità. E' una vera e propria dichiarazione di intenti che, vista con la consapevolezza di oggi, diventa anche una sintesi ideale dell'intera avventura artistica del duo Spielberg/Williams, inseparabili compagni da ormai più di quarant'anni.

Il secondo CD presenta una manciata di bonus tracks che illustrano l'interessante evoluzione di alcune pagine, presentate nelle loro forme originali prima delle successive revisioni operate da Williams su indicazione di Spielberg. Su tutti spicca soprattutto l'alternate di “The Return to the City”, assai diverso dalla sua controparte filmica, un canone per archi ricco di cromatismo che riecheggia il doloroso adagio bartokiano della “Musica per archi, celesta e percussioni”. Un esempio intrigante del processo creativo di regista e compositore.

L'edizione discografica di La-La Land (stampata in tiratura limitata a 4000 copie) è un vero e proprio must per ogni appassionato di John Williams e della migliore musica per film: l'ottimo remastering a cura di Michael Matessino presenta un suono nitido e cristallino che fa risaltare la bella ripresa sonora originale (opera del fonico Shawn Murphy), così come le summenzionate liner notes offrono una interessante lettura sul film e la sua colonna sonora anziché essere una semplice descrizione in prosa dei brani. Una nota di merito anche per l'ottimo packaging ad opera dell'art director Jim Titus.

 

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