Sarà un Paese

cover_sara_un_paese.jpgStefano Lentini
Sarà un Paese (2014)
Trance de Musique Records
10 brani – durata: 33’50”



Stefano Lentini (Classe 1974) (Sfiorando il muro, la serie Braccialetti rossi) apre musicalmente il primo lungometraggio di Nicola Campiotti (Classe 1982), Sarà un Paese, con un tema ostinato e cantilenante, che prende il titolo della pellicola, un crescendo emozionale per archi e percussioni, fiati e tromba solista (Sergio Vitale) dal ritmo circense e minimal-nymaniano al contempo, in un piacevole contrasto sonoro. “Europa rapita” parte sospettoso con interventi della chitarra (lo stesso Lentini) su ritmiche oppressive e l’uso degli archi per delineare un inciso drammatico su effetti sintetici liquescenti e una nenia sconsolata (pregevole la performance della The City of Rome Contemporary Music Ensemble diretta dal compositore).
“Il Paese dell’alfabeto” per chitarra solista e archi pizzicati prima, con tromba solista poi che espone il tema portante farsesco e fanciullesco, è un tragitto onirico e birichino verso un mondo non propriamente distante, anzi Nostro, l’Italia, un viaggio quasi biografico, privato e affettuoso del regista alla “ricerca di un nuovo linguaggio, per la necessità di ridare i nomi alle cose e restituire alle parole un senso” con protagonisti un trentenne, Nicola, e il fratello di dieci anni, Elia. Lentini (leggi nostra intervista) afferma nel libretto del Cd: “C’erano due possibilità di fronte al progetto visionario e multiforme di Nicola: abbracciare il dramma o abbracciare il sogno. Le due possibilità erano però le facce della stessa medaglia, ma penso sempre che una medaglia possiede anche una terza faccia più nascosta che è il suo spessore (…), Ho trovato la terza dimensione in una struttura saltellante ricca di staccati, pizzicati e percussioni sussultorie (…) Punctus contra Punctum. Negativo versus positivo. Dolore contro speranza. Per far vincere ovviamente – e senza pietà – quest’ultima!” Difatti ogni singolo brano è la prova di questa affermazione di ricerca e conflitto non così poi antitetico e destrutturante, vedi la traccia “Il Paese dello stupore” con pizzicati e staccati degli archi in un gioco tra il sogno e la realtà, il popolare e il tradizionale antico, con la tromba a farla da padrone nell’eseguire un temino piccino piccino che ha tanta voglia di volare alto, invero cresce cresce fino a diventare buonvinianamente spensierato e liberatorio con i fiati che si rincorrono e si nascondono, a rimpiattino. “Il Paese dell’intimità” mostra un lato astratto, fatto di suoni sospesi, rumori ancestrali, un leitmotiv quasi nascosto tra le righe del pentagramma, funereo, con pizzicati conclusivi in levare. Ne “Il Paese della fuga” un rumore tellurico sale piano fino a tramutarsi in suono lungo e inquietante, alieno, ma ad un tratto tutto diviene, tra un temporale lontano e altri rumori d’ambiente, effetto sintetico trascinato e malevolo. “Fabbrica (Il paese dei passi)” sperimenta il suono come sintesi sonora percussiva, in aggiunta archi pizzicati e staccati, una tromba lacerata, una chitarra accennata, canticchiano una nenia tra l’addolorato e l’immaginifico: un brano atmosfericamente felliniano! Con “Il Paese di nessuno” torna il tema principale a volo d’uccello, in cui gli archi, la tromba, i fiati, la chitarra e le percussioni predominano quasi a volere tracciare una sorta di tango grottesco, falsamente maturo nel finire. “Il Paese della kora” è traccia per chitarra solista dal tocco lieve e classicamente spagnoleggiante, anche dal sapore bachiano. Il finale “Il Paese dell’universo (Sarà un Paese)” chiude il cerchio di una colonna sonora in sottrazione, in punta di fioretto, dove i suoni sono timidamente esposti per rendere la grazia della Speranza come risoluzione ad ogni Drammatica svolta esistenziale, e questo brano in cui tutto esplode ne è la testimonianza benevola e accorata del compositore romano.             

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