Star Trek Beyond

cover star trek beyond deluxe editionMichael Giacchino
Star Trek Beyond (Id., 2016)
Varese Sarabande VCL 1216 1177  
47 brani – Durata: 125’08”



L’universo cine-musicale di Star Trek si presenta ad oggi incredibilmente complesso, soprattutto perché compositori di diverso talento si sono avvicendati nel corso dei vari episodi (cinematografici e televisivi): da Alexander Courage e Jerry Goldsmith, autori delle più riconoscibili identità tematiche del franchise, al James Horner de L’ira di Kahn; dai Dennis McCarthy e Ron Jones della serie The Next Generation fino, appunto, al Giacchino della serie reboot firmata J.J. Abrams. Il compositore italo-americano si è rivelato il partner ideale per quella revisione insieme moderna e vintage della serie, sfornando un lotto di temi musicali sì nuovi ma pur sempre concepiti nel solco di un sinfonismo un po’ retrò.

Tuttavia quelle partiture (rispettivamente per il reboot del 2009 e per il suo seguito Into Darkness del 2013) non sono davvero i lavori migliori di questo musicista che non deve essersi trovato totalmente a proprio agio con le sfumature politiche e dark (piuttosto blande, in verità) del cinema di Abrams. Per fortuna questa nuova puntata (per la regia di Justin Lin) si abbandona invece senza vergogna al più godurioso senso dell’avventura ed eccelle in quelli che sono da sempre gli elementi vincenti della serie classica: una storia semplice ed emozionante, personaggi riusciti per scrittura e impatto figurativo (l’indimenticabile guerriera aliena Jaylah) e scenografie spettacolose. Lo stesso Giacchino nelle interviste si è detto felice di aver potuto lavorare finalmente su un capitolo che assomiglia di più ad un episodio della vecchia serie televisiva e di aver avuto la possibilità di creare un nuovo paesaggio sonoro che riflette in egual misura esplorazione e speranza. E infatti qui non delude le aspettative: i temi dei capitoli precedenti fanno ovviamente capolino (a partire da “Logo And Prosper”) ma ce ne sono un mucchio di nuovi, tutti riusciti, come quello memorabile per la città di Yorktown (esposto per la prima volta dai violoncelli in “Thank Your Lucky Star Date”), maestosamente reso in “Night On The Yorktown” o quello per Jaylah che si può udire intonato dal contrabbasso in “A Lesson in Vulcan Mineralogy” (per assaporarlo nella sua interezza si vada alla versione da concerto in fondo all’album). In questo lavoro la fluviale inventiva di Giacchino non viene mai meno, men che mai nelle pagine più concitate, dove regnano sovrane un’invenzione melodica e un’abilità contrappuntistica semplicemente straordinarie: gli ostinati di “A Swarm Reception”, gli incisi degli ottoni in sforzando di “Hitting the Saucer a Little Hard”, le trombe acutissime di “MotorCycles of Relief”, la sfolgorante immediatezza ritmico-motivica di “Mocking Jaylah” sono solo alcune dimostrazioni della capacità di questo compositore di sfruttare le risorse più insondate dell’orchestra classica; ne esce fuori un sound di eccitazione fanciullesca e stillante ottimismo nonostante il frequente balenare (soprattutto in questa versione estesa della colonna sonora) del minatorio tema del villain, presentato per la prima volta in “Krall Hell Breaks Loose” e spesso immerso in cupissime atmosfere quasi da horror music, come in “A Hive And Kicking” (con tanto di theremin) o in “The Cost of Abronath”, dove uno spettrale contralto, spesso associato all’antagonista lungo tutto lo score, si esibisce nella sua incursione più terribile per un allucinante crescendo. Una scrittura d’avanguardia permea anche brani come “Jaylah House Rock”, con continui staccati dei contrabbassi, incerti spunti tematici e un crescendo finale in dissonanza o “Krall-y Krall-y Oxen Free”, con i suoi cluster di ottoni al grave. E certo a volte emerge una crudezza estenuata quasi alla Elfman nella scrittura per percussioni e ottoni, come nella scoppiettante “Jaylah Damage”; ma alla lunga domina quel colorismo orchestrale di sapore nostalgico (“Thank Your Lucky Star Date”) che ha decretato il successo di Giacchino nel cinema d’animazione, evidente soprattutto nella feèrica scrittura per legni e arpa, nelle riprese dei temi dei film precedenti (il tema di Vulcano esposto per meravigliose evoluzioni armoniche da archi e piano in “Spock’s Vulcan Grip On Death”, lo stupendo crescendo finale di “Hitting The Saucer A Little Hard”) e nelle suggestive enunciazioni dei corni (i finali di “She’s One Hell Of A Dish” e “Mocking Jaylah”). Giacchino si dimostra così per l’ennesima volta il cantore ideale di un cinema che predilige la nostalgia all’innovazione, servendolo e riverendolo con costruzioni musicali di ingombrante tematismo volte alla sottolineatura precisa di ogni passaggio narrativo; un vero e proprio tema, ad esempio, è dedicato alla missione conclusiva degli eroi del film, enunciato dapprima in “A Lesson in Vulcan Mineralogy” e successivamente in “Crash Decisions”, dove lascia poi il posto al tema di Krall e a uno spettacolare crescendo scandito da coro e percussioni. Non solo, a volte vengono elaborati degli incisi anche solo per connotare singole scene di azione violenta, come nella già citata “Hitting The Saucer A Little Hard” o nella tesissima “The Root of Krall Evil”, esempi di uno stile che nella sua giocosa tensione al parossismo tocca vertici allarmanti di aggressività sonora. Questa lunghissima versione deluxe della colonna sonora (sempre la Varèse aveva pubblicato poco prima un’edizione lunga la metà) permette di gustare maggiormente tale accuratezza timbrica e motivica (“Bright Lights Big Velocity [Part 2]”, “Spock Speaks Hive”, “Eat My Thrusters”) e pone in luce anche un intelligente gusto per la citazione (alcuni irresistibili richiami del lavoro di altri compositori per l’universo di Star Trek e persino una citazione quasi letterale del tema di Morricone per La cosa in “The Evacuation Variations”), fiore all’occhiello di un lavoro ispiratissimo con cui Giacchino sembra voler comporre un manifesto tardivo della sua filosofia compositiva.

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