A Single Man

cover_single_man.jpgAbel Korzienowski, Shigeru Umebayashi
A Sigle Man (id. – 2009)
Relativity 85472700203
19 brani (16 di commento + 3 canzoni) – Durata: 51' 52''

Dimostra coraggio lo stilista Tom Ford nell'esordire al cinema con una tragedia intima - tratta dal romanzo omonimo di Isherwood - che diventa poema addolorato sull'impossibile sopportazione della solitudine, della sofferenza di un rapporto d'amore strappato dalla morte.
Sceneggiatura appassionata e sincera, quella di A Single Man, e messa in scena  che tende – a tratti in maniera fin troppo stucchevole – ad una sostante eleganza formale e ad una sottolineata ricercatezza estetica.
A legare slancio emotivo e cura estenuante del dettaglio, una colonna sonora massimalista che si arrampica con vigore sulle strade (non nuove, certamente) del melodramma esistenziale e amoroso; ad affiancare Abel Korzienowski (compositore polacco, ha collaborato in passato con Jerzy Stuhr), accreditato come autore della maggior parte delle tracce, c'è Shigeru Umebayashi, noto non a caso per aver dato voce musicale agli strazi romantici di Wong Kar-Wai in In the Mood for Love e 2046.
La magniloquenza avvolgente dello score è subito evidente nell'”Opening Title”: sono gli archi a primeggiare nell'intera partitura, spesso dolenti e dolci, come in “Stillness of the Mind”, bellissima traccia, costruita su un ritmo ondulatorio, piangente, e dal titolo oltretutto molto significativo: in A Single Man lo sguardo di Ford e dei suoi compositori è certamente più attento agli stati emotivi che non alle azioni.
Archi protagonisti anche in “Snow”, nel quale si articolano due linee sovrapposte, una più libera e melodica, l'altra ritmica e compressa, e nella vivacità triste di “Daydreams”.
Pianoforte in primo piano, invece, in “Becoming George”, uno dei brani più raccolti, che annega in un'angoscia persistente, come fosse una richiesta d'aiuto. Potente, infine, “Clock Tick”, costruita, come da titolo, sullo scorrere carico d'ansia del tempo che ormai si avvia alla sua chiusura.
Il contributo di Umebayashi si concentra su poche tracce, in particolare il “George Waltz”, sviluppato in due parti, che nella sua intensità assorta sembra toccare sonorità sacre, quasi liturgiche, e la breve e impetuosa “Carlos”.
Di compattezza e pertinenza inattaccabili, la colonna sonora è perfetta compagna del delicato e struggente racconto per immagini creato da Tom Ford: eccessiva, mai sobria, ma efficacissima.

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