Dust of Time

cover_dust.jpgEleni Karaindrou
Dust of Time (Inedito, 2009)
ECM 2070
19 brani – durata: 46’ 04’’

Dust of Time di Theo Angelopoulos è stato presentato fuori concorso alla Berlinale 2009 e rappresenta la seconda parte del progetto di trilogia che il regista greco dedica al destino storico della Grecia nel xx secolo. La prima parte, lo splendido lavoro intitolato La sorgente del fiume era stato ugualmente presentato alla Berlinale (edizione del 2004)  e distribuito in Italia, anche se per un breve periodo e in modo purtroppo circoscritto.
Dust of Time non è ancora stato distribuito nel nostro paese – molto più interessato ai deprecabili blockbusters di Harry Potter o dei James Bond – come del resto altri bellissimi film visti alla Berlinale 2009, penso soprattutto a Lila Soldat (Piccolo soldato) di Annette Olesen e Das Vaterspiel (Il videogame del padre) di Michael Glawogger, quest’ultimo tra l’altro arricchito dalla suggestiva colonna sonora composta da Olga Neuwirth.

Dust of Time si discosta nella sceneggiatura dei precedenti lavori, pur Angelopoulos avvelendosi sempre del nostro grande poeta e scrittore Tonino Guerra. La storia vista in chiave di sogno-ricordo appare frammentaria – forse volutamente – e il ritmo narrativo privo di pathos e senza il grande respiro del fraseggio cui il regista greco ci aveva abituato nei suoi capolavori.

Pur nel suo altissimo livello e valore intrinseco ed estetico, nel film sembra venire meno l’interiore forza espressiva, l’incedere maestoso e il forte senso di inevitabilità del dramma proprio dei grandi classici greco-antichi che al contrario felicemente percorrevano lo svolgimento de La sorgente del fiume. In questo contesto l’enorme potenziale di un cast eccellente composto da Wlliam Dafoe, Irene Jacob, Cristiane Paul, Bruno Ganz e Michel Piccoli rimane in parte inespresso.

La parabola della relazione affettiva tridimensionale di Heleni con Spiros e Jacob, ebreo tedesco incontrato in un lager siberiano, rivive nel ricordo e nel sogno del figlio - affermato regista cresciuto negli USA - e conduce lo spettatore in un lungo peregrinare dal Kazakhstan all’Italia, dal Canada fino alla Berlino del 1990, liberata dall’angoscia e dall’assurdità di un muro nefasto e tragico, dove trova il suo drammatico epilogo.

Eleni Karaindrou, inseparabile partner musicale di Angelopoulos che con il suo straordinario estro ha saputo dare all’ottava arte del xx secolo alcuni fra i momenti più compiuti e suggestivi, anche in Dust of Time non tradisce le aspettative e sigla a mio avviso una delle sue realizzazioni più belle e toccanti. Il suo stile dal carattere classico-tardo romantico – nostalgico si muove sull’onda di temi popolari greci e  litanie di salmi bizantini che vengono avvolti in una straordinaria atmosfera idilliaca punteggiata da un dolore sommesso volto a una poetica interiorizzazione e trasfigurazione del dramma.

La musica di Eleni Karaindrou diventa attrice determinante nella costruzione del film, una musica capace di parlare allo spettatore e di stabilire un dialogo intimo fra il suo animo e le immagini,  di raccontare ed evocare attraverso i suoi strumenti sogni, ricordi e sensazioni  rimanendo al tempo stesso, nella purezza  essenziale delle sue linee melodiche, lontana da sterili compiacimenti estetici. Una musica che trasporta e tocca nel profondo con la sua interiore carica espressiva e la sua forza narrativa.

Si ascoltino ad esempio le atmosfere rarefatte del brano 6 (“Unravelling Time I”) dove la voce profonda del fagotto e quella sognante dell’oboe si intersecano sul fluire delle suggestive ramificazioni prodotte dagli archi, mentre struggente, nostalgico e fortemente espressivo risuona il canto del violoncello in “Tsiganiko I” (brano 7), nel  suo disegno melodico costruito in dialogo con fisarmonica, arpa e violino.

Altamente evocativo nei suoi toni austeri si presenta il leit-motiv a tempo di valzer enunciato dagli archi che si muove con semplici e fluttuanti variazioni tematiche nel brano 9 (“Seeking”). Il conclusivo “Adieu” (brano 19) con la spirituale essenzialità del suo disegno sonoro sospeso nel tempo ci trasporta in un’atmosfera contemplativa e incantata, dove le lunghe linee melodiche tratteggiate dagli archi sembrano perdersi nell’orizzonte del cosmo, punteggiate dai rintocchi tintinnabuli del piano.

La prova offerta dai  solisti  Eleni Karaindrou e Natalia Michailidou, piano, Spyros Kazianis, fagotto, Vangelis Christopoulos, oboe, Antonis Lagos, corno inglese, Dinos Hadjiordanou, fisarmonica fino al violoncello di Renato Ripo si rivela semplicemente superlativa, cosi come il contributo della String Orchestra e della Hellenic Radio Television Orchestra.

Il valore intrinseco della partitura è tale da conferirle una propria dirompente identità e, con l’accorta supervisione del direttore artistico della ECM Manfred Eicher, la colonna sonora si trasforma in una straordinaria pièce da concerto e in un  momento di grande musica. Un cd assolutamente imperdibile per i fan della grande compositrice greca e in generale per gli amanti dell’ottava arte.

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