Baciami ancora

cover_baciami_ancora.jpgPaolo Buonvino/AA.VV.
Baciami ancora (2010)
Fandango/Universal Music Italia 5325271
20 brani (8 di commento + 12 canzoni) - durata: 62’00”



Uno spiccato melodismo espressivo carico di dinamiche armoniche che toccano le corde più sensibili dell’animo umano e creano un universo dolceamaro di storie musicali a noi molto vicine, sempre se non si è distaccati da ciò che ci circonda veramente e non si vive in un mondo astratto e fantastico, al limite della follia. La musica di Paolo Buonvino è tutto questo e molto di più, con quel suo stile frenetico e al contempo colmo di quella lentezza meditativa cara ai poeti del passato.

Il sodalizio del compositore siciliano con il regista Gabriele Muccino dopo quattro film insieme, e subito dopo l’interruzione delle due pellicole Made in USA con Will Smith protagonista, La ricerca della felicità (musica di Andrea Guerra) e Sette Anime (musica di Angelo Milli), torna in essere con il sequel de L’ultimo bacio, Baciami ancora. Fin dal primo pezzo strumentale dell’album (“Ancora baci”) si capisce che Buonvino non ha sterilmente riutilizzato il tema portante del primo film, ma lo ha rimodellato per renderlo più maturo, come lo sono d’altronde i protagonisti della nuova pellicola, articolato e sempre sotteso a quella vena romantica e aspra che contraddistingue le opere filmiche dell’amico Muccino. Gli otto brani dello score composti e diretti dal compositore catanese sono le vere gemme del CD, anche se una nutrita presenza di belle canzoni di oggi e di ieri non disturba affatto la fruizione d’ascolto e si amalgamano bene con la partitura originale, una musica che supera di livello e intensità la colonna sonora de L’ultimo bacio, già di per sé ottima sotto ogni punto di vista.  Le sottigliezze orchestrali del brano “Volteggi” con quell’uso puntillinistico dei legni, dei fiati e degli archi in un crescendo rigoglioso che trasuda disperazione e ironia nel medesimo tempo. La tragica tristezza di una rivalsa solo gridata data dal piano e dagli archi, con quel clarinetto mesto sullo sfondo, in “Contrasti” che si apre ad una corsa dell’orchestra che urla brama di libertà. “L’assenza” dall’arzigogolato intreccio di archi, atmosfere synth percussive e quella sensazione di disagio che sottende una mancanza desiderata ma che impaurisce, un pezzo seppur breve ma ricco di pathos. Gocce di solitudine vengono scandite da un piano supplichevole, archi in salire e il tema portante che si fa epicamente generoso e desideroso di gridare al mondo che una via d’uscita esiste quando si ama per davvero. Una pressante voglia di aiuto risuona nel brano “Preghiera di Adriano” con quell’ascesa orchestrale lirica, molto toccante nella sua florida intensità esecutiva. Un velo disarmante di drammaticità scende su “Follia di Paolo” dove le parti sintetiche si fondono con l’orchestra in un mix di smarrimento e, forse, volontà di combattere: Buonvino in questo genere di pezzi riesce ad essere talmente incisivo da aver creato, a mio avviso, molto probabilmente un nuovo genere di commento alle scene di disperazione.
L’ultimo brano, “La meraviglia di esserci”,  inizia col piano, delicatamente, per scandire successivamente, come era già accaduto nel bel pezzo “Volteggi”, il ritmo di una rinascita spirituale, fisica ed emozionale, perché tutto sommato la vita, con tutti i suoi tanti bassi e pochi alti, va vissuta lo stesso; in fin dei conti è bello “vivere” e soprattutto “amare”. E un vocalizzo tribale e il tema portante che si fa nuovamente epica di un racconto di voglia di vita ne sono la splendida dimostrazione in una chiusura in levare che diviene il miglior brano del CD.
Subito dopo, per il finale dell’album, Paolo Buonvino arrangia la gioiosa canzone scritta ed interpretata da Jovanotti che prende il titolo dal film, e che sicuramente diventerà il tormentone degli innamorati quarantenni di oggi come la canzone di Carmen Consoli da L’ultimo bacio lo era stata per i trentenni di allora.
Le restanti undici canzoni presenti nella OST sono gradevolissime, si segnalano le performance canore di Mina in un vecchio successo del 1963 “Vulcano”, Ornella Vanoni con Toquinho e Vinícius De Moraes nel classico brasiliano del 1976 “Io so che ti amerò”, Jacques Brel con “La chanson des vieux amants”, i sempreverdi The Zombies con “You Make me Feel Good”, Doris Day con “Can’t Help Falling in Love” e Frankie Valli con “Can’t Take My Eyes Off You”, per finire ai giorni nostri con Citizen Cope, Sophia, Silvie Lewis e i The Magic Numbers per armonizzare ancora di più una storia contemporanea.

 

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